La capacità di innovazione costituisce, al giorno d’oggi, requisito essenziale per la sopravvivenza nel mercato delle moderne organizzazioni. Se inizialmente i processi di innovazione seguivano un approccio chiuso, di tipo top-down, dagli anni Novanta ci si avvicina sempre di più alla logica bottom-up, coinvolgendo gli utenti finali e i cittadini. Da qui iniziano progressivamente a crearsi alleanze e collaborazioni tra aziende che culminano nell’era della c.d. Open Innovation, un modello per le innovazioni del ventunesimo secolo, teorizzato da Chesbrough, caratterizzato da un processo innovativo non lineare, ma addirittura ciclico, e da un elevato livello di cooperazione tra il dipartimento ricerca e sviluppo interno all’azienda e il mondo esterno. Gli Innovation Lab, di cui il presente elaborato tratta, costituiscono al giorno d’oggi i principali intermediari in questo campo, ossia gli attori che lavorano specificamente per consentire l’innovazione secondo questo paradigma. Si tratta di spazi di ricerca e innovazione collaborativa e aperta in cui si progettano e si sviluppano, insieme agli utenti finali, nuovi servizi, nuovi prodotti e nuove infrastrutture sociali, si diffonde la cultura degli Open Data e si promuove l’alfabetizzazione digitale, con l’obiettivo di ridurre il c.d. digital divide. L’Innovation Lab Dolomiti, nella provincia di Belluno, ne è un esempio. Esso insiste su una zona montana e per questo motivo deve affrontare le sfide e i problemi tipici che una zona svantaggiata come questa si trova a fronteggiare: spopolamento, invecchiamento della popolazione, fuga dei cervelli e dei giovani, scarsa alfabetizzazione digitale, limitata accessibilità dei servizi e basso potenziale di innovazione.

Innovazione aperta e coinvolgimento dei cittadini: il caso dell'Innovation Lab Dolomiti

URBANETTO, MARIALAURA
2021/2022

Abstract

La capacità di innovazione costituisce, al giorno d’oggi, requisito essenziale per la sopravvivenza nel mercato delle moderne organizzazioni. Se inizialmente i processi di innovazione seguivano un approccio chiuso, di tipo top-down, dagli anni Novanta ci si avvicina sempre di più alla logica bottom-up, coinvolgendo gli utenti finali e i cittadini. Da qui iniziano progressivamente a crearsi alleanze e collaborazioni tra aziende che culminano nell’era della c.d. Open Innovation, un modello per le innovazioni del ventunesimo secolo, teorizzato da Chesbrough, caratterizzato da un processo innovativo non lineare, ma addirittura ciclico, e da un elevato livello di cooperazione tra il dipartimento ricerca e sviluppo interno all’azienda e il mondo esterno. Gli Innovation Lab, di cui il presente elaborato tratta, costituiscono al giorno d’oggi i principali intermediari in questo campo, ossia gli attori che lavorano specificamente per consentire l’innovazione secondo questo paradigma. Si tratta di spazi di ricerca e innovazione collaborativa e aperta in cui si progettano e si sviluppano, insieme agli utenti finali, nuovi servizi, nuovi prodotti e nuove infrastrutture sociali, si diffonde la cultura degli Open Data e si promuove l’alfabetizzazione digitale, con l’obiettivo di ridurre il c.d. digital divide. L’Innovation Lab Dolomiti, nella provincia di Belluno, ne è un esempio. Esso insiste su una zona montana e per questo motivo deve affrontare le sfide e i problemi tipici che una zona svantaggiata come questa si trova a fronteggiare: spopolamento, invecchiamento della popolazione, fuga dei cervelli e dei giovani, scarsa alfabetizzazione digitale, limitata accessibilità dei servizi e basso potenziale di innovazione.
2021
Open Innovation and citizen involvement: the case of Innovation Lab Dolomiti
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