La legge urbanistica fondamentale disciplina il procedimento di formazione dei piani regolatori generali, scomponendolo in due fasi, una di formazione ed adozione e una di approvazione, le quali è previsto si svolgano, rispettivamente, dinnanzi all’amministrazione comunale e dinnanzi a quella regionale o provinciale. L’assetto che nasce con la suddetta L. 17 agosto 1942, n. 1150, prevede, dunque, come principio fondamentale della materia, la necessaria compartecipazione di due livelli amministrativi diversi nel complessivo procedimento di formazione dello strumento urbanistico comunale. È proprio in virtù di quest’ultima considerazione, che dal punto di vista procedimentale il piano regolatore comunale assume, tradizionalmente, la natura giuridica di atto amministrativo complesso, considerato che nasce dall’attivazione di due poteri amministrativi costituiti in capo a due soggetti pubblici diversi. Negli ultimi trent’anni, però, la legislazione regionale ha modificato la disciplina procedimentale del piano regolatore generale, introducendo elementi di discontinuità nel modello delineato dal legislatore statale e poc’anzi richiamato. Uno di questi riguarda proprio la natura giuridica del piano: si parla, a tal proposito, di destrutturazione del modello dell’atto complesso. È quindi effettuato un esame complessivo delle leggi regionali in materia urbanistica, al fine di fornire un quadro delle scelte compiute dai diversi legislatori regionali in relazione al procedimento di formazione dei piani urbanistici comunali, così da poterne valutare la distanza rispetto al modello statale. Da questo punto di vista, risulta poi particolarmente significativa l’esperienza legislativa della regione Emilia-Romagna, soprattutto in ragione della riforma intervenuta nel 2017, cui punti salienti vengono per tal motivo analizzati e maggiormente approfonditi.
Il procedimento di formazione del piano urbanistico comunale, tra modello statale ed esperienze legislative regionali
DI LEO, ROSALBA
2021/2022
Abstract
La legge urbanistica fondamentale disciplina il procedimento di formazione dei piani regolatori generali, scomponendolo in due fasi, una di formazione ed adozione e una di approvazione, le quali è previsto si svolgano, rispettivamente, dinnanzi all’amministrazione comunale e dinnanzi a quella regionale o provinciale. L’assetto che nasce con la suddetta L. 17 agosto 1942, n. 1150, prevede, dunque, come principio fondamentale della materia, la necessaria compartecipazione di due livelli amministrativi diversi nel complessivo procedimento di formazione dello strumento urbanistico comunale. È proprio in virtù di quest’ultima considerazione, che dal punto di vista procedimentale il piano regolatore comunale assume, tradizionalmente, la natura giuridica di atto amministrativo complesso, considerato che nasce dall’attivazione di due poteri amministrativi costituiti in capo a due soggetti pubblici diversi. Negli ultimi trent’anni, però, la legislazione regionale ha modificato la disciplina procedimentale del piano regolatore generale, introducendo elementi di discontinuità nel modello delineato dal legislatore statale e poc’anzi richiamato. Uno di questi riguarda proprio la natura giuridica del piano: si parla, a tal proposito, di destrutturazione del modello dell’atto complesso. È quindi effettuato un esame complessivo delle leggi regionali in materia urbanistica, al fine di fornire un quadro delle scelte compiute dai diversi legislatori regionali in relazione al procedimento di formazione dei piani urbanistici comunali, così da poterne valutare la distanza rispetto al modello statale. Da questo punto di vista, risulta poi particolarmente significativa l’esperienza legislativa della regione Emilia-Romagna, soprattutto in ragione della riforma intervenuta nel 2017, cui punti salienti vengono per tal motivo analizzati e maggiormente approfonditi.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/40130