Oxidative stress and consequent physiological adaptations have long covered a vast field of interest and scientific research. In this broad scenario, hypoxic physiology is inserted, in particular that resulting from exposure to high altitude, known to bring perturbations in the homeostasis of the human body in proportion to the hypoxic state. The concept of oxidative stress, formulated in 1956, indicates a pathological condition in which the balance between the production and elimination of oxidizing chemical species is altered, in favor of pro-oxidants. If cellular and bodily antioxidant defenses are insufficient to maintain a balanced redox state and stress conditions are prolonged, an excess of ROS and RNS can produce important changes that become irreversible in the long run. In the sports field, for several decades we have been trying to investigate with increasing precision what may be the possible positive and negative adaptations following training sessions conducted at altitude, where the partial pressure of oxygen is gradually decreasing with increasing altitude. Over the years, various training protocols have been developed and discussed, from those that provide constant exposure to hypoxia to those that suggest a more or less frequent alternation between hypoxia and normoxia. If on the one hand the hypobaric hypoxic condition is the main factor that leads to adjustments in the blood, respiratory, cardiac and muscle, it is also the primary cause that leads to the appearance of altitude sickness. Understanding the relationships that link hypobaric hypoxia (and not) to the physiological adaptations sought and identifying a healthy and athletically relevant relationship between positive and negative effects derived, is the main challenge of those seeking benefits through these training methods. In this highly stressful condition, both the management of the training load and nutrition are of fundamental importance; The latter in particular, if supplemented with foods rich in antioxidants and iron, can mitigate the harmful effects due to intense physical exercise carried out in hypoxic situations.

Lo stress ossidativo e i conseguenti adattamenti fisiologici ricoprono da tempo un vasto campo di interesse e ricerca scientifica. In questo ampio scenario si va ad inserire la fisiologia ipossica, in particolare quella conseguente all’esposizione all’alta quota, nota per portare perturbazioni nell’omeostasi del copro umano in modo proporzionale allo stato ipossico. Il concetto di stress ossidativo, formulato nel 1956, indica una condizione patologica in cui risulta alterato l’equilibrio tra la produzione e l’eliminazione di specie chimiche ossidanti, a favore dei pro-ossidanti. Se le difese antiossidanti cellulari e corporee sono insufficienti per mantenere uno stato redox equilibrato e le condizioni di stress sono prolungate, un eccesso di ROS e RNS può produrre importanti cambiamenti che diventano irreversibili nel lungo periodo. In ambito sportivo, da diversi decenni si cerca di indagare con sempre più precisione quali possano essere gli eventuali adattamenti positivi e negativi in seguito a sessioni di allenamento condotte in altitudine, laddove la pressione parziale dell’ossigeno va via via diminuendo all’aumentare della quota. Negli anni sono stati sviluppati e discussi vari protocolli d’allenamento, da quelli che prevedono un’esposizione costante all’ipossia a quelli che suggeriscono un’alternanza più o meno frequente tra ipossia e normossia. Se da una parte la condizione ipossica ipobarica è il principale fattore che porta ad adattamenti a livello ematico, respiratorio, cardiaco e muscolare, risulta anche essere la causa primaria che porta alla comparsa del mal di montagna. Comprendere le relazioni che legano l’ipossia ipobarica (e non) agli adattamenti fisiologici ricercati e individuare un sano e atleticamente rilevante rapporto tra effetti positivi e negativi derivati, risulta la sfida principale di chi ricerca benefici tramite queste metodiche allenanti. In questa condizione fortemente stressante risulta essere di fondamentale importanza sia la gestione del carico d’allenamento che l’alimentazione; quest’ultima in particolare, se integrata con cibi ricchi di antiossidanti e ferro, può andare a mitigare gli effetti dannosi dovuti ad un intenso esercizio fisico svolto in situazioni ipossiche.

Fisiologia d'alta quota: stress ossidativo e adattamenti fisiologici

MATTIELLO, CARLO
2022/2023

Abstract

Oxidative stress and consequent physiological adaptations have long covered a vast field of interest and scientific research. In this broad scenario, hypoxic physiology is inserted, in particular that resulting from exposure to high altitude, known to bring perturbations in the homeostasis of the human body in proportion to the hypoxic state. The concept of oxidative stress, formulated in 1956, indicates a pathological condition in which the balance between the production and elimination of oxidizing chemical species is altered, in favor of pro-oxidants. If cellular and bodily antioxidant defenses are insufficient to maintain a balanced redox state and stress conditions are prolonged, an excess of ROS and RNS can produce important changes that become irreversible in the long run. In the sports field, for several decades we have been trying to investigate with increasing precision what may be the possible positive and negative adaptations following training sessions conducted at altitude, where the partial pressure of oxygen is gradually decreasing with increasing altitude. Over the years, various training protocols have been developed and discussed, from those that provide constant exposure to hypoxia to those that suggest a more or less frequent alternation between hypoxia and normoxia. If on the one hand the hypobaric hypoxic condition is the main factor that leads to adjustments in the blood, respiratory, cardiac and muscle, it is also the primary cause that leads to the appearance of altitude sickness. Understanding the relationships that link hypobaric hypoxia (and not) to the physiological adaptations sought and identifying a healthy and athletically relevant relationship between positive and negative effects derived, is the main challenge of those seeking benefits through these training methods. In this highly stressful condition, both the management of the training load and nutrition are of fundamental importance; The latter in particular, if supplemented with foods rich in antioxidants and iron, can mitigate the harmful effects due to intense physical exercise carried out in hypoxic situations.
2022
High altitude physiology: oxidative stress and physiological adaptations
Lo stress ossidativo e i conseguenti adattamenti fisiologici ricoprono da tempo un vasto campo di interesse e ricerca scientifica. In questo ampio scenario si va ad inserire la fisiologia ipossica, in particolare quella conseguente all’esposizione all’alta quota, nota per portare perturbazioni nell’omeostasi del copro umano in modo proporzionale allo stato ipossico. Il concetto di stress ossidativo, formulato nel 1956, indica una condizione patologica in cui risulta alterato l’equilibrio tra la produzione e l’eliminazione di specie chimiche ossidanti, a favore dei pro-ossidanti. Se le difese antiossidanti cellulari e corporee sono insufficienti per mantenere uno stato redox equilibrato e le condizioni di stress sono prolungate, un eccesso di ROS e RNS può produrre importanti cambiamenti che diventano irreversibili nel lungo periodo. In ambito sportivo, da diversi decenni si cerca di indagare con sempre più precisione quali possano essere gli eventuali adattamenti positivi e negativi in seguito a sessioni di allenamento condotte in altitudine, laddove la pressione parziale dell’ossigeno va via via diminuendo all’aumentare della quota. Negli anni sono stati sviluppati e discussi vari protocolli d’allenamento, da quelli che prevedono un’esposizione costante all’ipossia a quelli che suggeriscono un’alternanza più o meno frequente tra ipossia e normossia. Se da una parte la condizione ipossica ipobarica è il principale fattore che porta ad adattamenti a livello ematico, respiratorio, cardiaco e muscolare, risulta anche essere la causa primaria che porta alla comparsa del mal di montagna. Comprendere le relazioni che legano l’ipossia ipobarica (e non) agli adattamenti fisiologici ricercati e individuare un sano e atleticamente rilevante rapporto tra effetti positivi e negativi derivati, risulta la sfida principale di chi ricerca benefici tramite queste metodiche allenanti. In questa condizione fortemente stressante risulta essere di fondamentale importanza sia la gestione del carico d’allenamento che l’alimentazione; quest’ultima in particolare, se integrata con cibi ricchi di antiossidanti e ferro, può andare a mitigare gli effetti dannosi dovuti ad un intenso esercizio fisico svolto in situazioni ipossiche.
montagna
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malattia
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sangue
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/44076