-

Abbiamo studiato un'ampia coorte di pazienti (pz) con eritrocitosi idiopatica (EI), valutando lo stato mutazionale, i parametri biochimici e clinici, in particolare gli eventi trombo-emorragici e i relativi fattori di rischio, e l'approccio terapeutico con l'obiettivo di definire il ruolo di un'accurata stratificazione del rischio cardiovascolare e fornire indicazioni terapeutiche. Abbiamo selezionato 126 pazienti adulti affetti da eritrocitosi sottoposti ad analisi molecolari, con pannello NGS o con sequenziamento di Sanger. Per la maggior parte dei pazienti erano disponibili dati clinico anamnestici completi relativi al follow-up e agli eventi cardiovascolari. Caratteristiche pz: in prevalenza maschi (85.7%) di età mediana 56.7 anni, con Ht >48% ed Hb >160 g/L alla diagnosi con restanti parametri emocromocitometrici nella norma. Abbiamo osservato 17 trombosi in 15 pazienti risultati mediamente più vecchi al momento della diagnosi (p= 0.004) e con conta leucocitaria (p= 0.009), Hb (p= 0.003) ed Ht (p= 0.002) più elevati rispetto a coloro che non hanno avuto trombosi. Tra i 15 pazienti con trombosi: 10 non erano in terapia al momento dell’evento, 5 hanno presentato la trombosi pur essendo in terapia. Stratificando i pazienti in base alle terapie utilizzate, la sopravvivenza libera da trombosi è risultata significativamente migliore per i pazienti avviati a terapia antiaggregante in prevenzione primaria (p= 0.04) indipendentemente dalla combinazione con la salassoterapia.In analisi multivariata, una maggiore età alla diagnosi/primo contatto (p= 0.013) e il mancato avvio di terapia antiaggregante in prevenzione primaria (p= 0.03) si sono confermati fattori di rischio indipendenti per trombosi. Nella sotto analisi dedicata allo stato mutazionale solo sui pazienti (n=62) con almeno una variante dimostrata tra i geni studiati è emerso che tra i 15 pazienti che hanno avuto un evento trombotico 10 presentavano almeno una variante genica (9 su 10 presentavano almeno una variante di HFE). Suddividendo i pazienti mutati in portatori e non di almeno una variante di HFE risulta una sopravvivenza libera da trombosi significativamente peggiore per i pazienti portatori di almeno una variante di HFE (p= 0.019). I nostri risultati confermano quanto osservato precedentemente: in più della metà dei pazienti con EI è possibile identificare un’alterazione a carico di geni potenzialmente coinvolti nei meccanismi dell’eritropoiesi e nel metabolismo de ferro. Nel nostro studio emerge una possibile correlazione tra rischio trombotico e presenza di mutazioni a carico di HFE. Nei nostri pz la presenza di fattori di rischio cardiovascolare sembra non essere determinante nell’aumentato rischio trombotico. La profilassi antiaggregante sembra avere un effetto protettivo a fronte di un ematocrito mantenuto <50% eventualmente con salassoterapia. Nonostante ciò, l’avvio della terapia con aspirina a basse dosi necessita di un’attenta valutazione della presenza fattori di rischio cardiovascolare e l’eventuale compresenza di fattori di rischio emorragico e perciò quanto osservato nel nostro studio non può rappresentare una solida indicazione ad avviare un trattamento antiaggregante in tutti i pazienti con EI al momento della diagnosi, ma pone le basi per studi su casistiche più ampie, necessari per definire meglio iter diagnostico e gestione terapeutica dei pazienti con EI.

Valutazione del rischio cardiovascolare nell'eritrocitosi idiopatica: studio di un'ampia casistica monocentrica

GAMBA, VANESSA
2022/2023

Abstract

-
2022
Evaluation of cardiovascular risk in idiopathic erythrocytosis: study of a large single-center cohort
Abbiamo studiato un'ampia coorte di pazienti (pz) con eritrocitosi idiopatica (EI), valutando lo stato mutazionale, i parametri biochimici e clinici, in particolare gli eventi trombo-emorragici e i relativi fattori di rischio, e l'approccio terapeutico con l'obiettivo di definire il ruolo di un'accurata stratificazione del rischio cardiovascolare e fornire indicazioni terapeutiche. Abbiamo selezionato 126 pazienti adulti affetti da eritrocitosi sottoposti ad analisi molecolari, con pannello NGS o con sequenziamento di Sanger. Per la maggior parte dei pazienti erano disponibili dati clinico anamnestici completi relativi al follow-up e agli eventi cardiovascolari. Caratteristiche pz: in prevalenza maschi (85.7%) di età mediana 56.7 anni, con Ht >48% ed Hb >160 g/L alla diagnosi con restanti parametri emocromocitometrici nella norma. Abbiamo osservato 17 trombosi in 15 pazienti risultati mediamente più vecchi al momento della diagnosi (p= 0.004) e con conta leucocitaria (p= 0.009), Hb (p= 0.003) ed Ht (p= 0.002) più elevati rispetto a coloro che non hanno avuto trombosi. Tra i 15 pazienti con trombosi: 10 non erano in terapia al momento dell’evento, 5 hanno presentato la trombosi pur essendo in terapia. Stratificando i pazienti in base alle terapie utilizzate, la sopravvivenza libera da trombosi è risultata significativamente migliore per i pazienti avviati a terapia antiaggregante in prevenzione primaria (p= 0.04) indipendentemente dalla combinazione con la salassoterapia.In analisi multivariata, una maggiore età alla diagnosi/primo contatto (p= 0.013) e il mancato avvio di terapia antiaggregante in prevenzione primaria (p= 0.03) si sono confermati fattori di rischio indipendenti per trombosi. Nella sotto analisi dedicata allo stato mutazionale solo sui pazienti (n=62) con almeno una variante dimostrata tra i geni studiati è emerso che tra i 15 pazienti che hanno avuto un evento trombotico 10 presentavano almeno una variante genica (9 su 10 presentavano almeno una variante di HFE). Suddividendo i pazienti mutati in portatori e non di almeno una variante di HFE risulta una sopravvivenza libera da trombosi significativamente peggiore per i pazienti portatori di almeno una variante di HFE (p= 0.019). I nostri risultati confermano quanto osservato precedentemente: in più della metà dei pazienti con EI è possibile identificare un’alterazione a carico di geni potenzialmente coinvolti nei meccanismi dell’eritropoiesi e nel metabolismo de ferro. Nel nostro studio emerge una possibile correlazione tra rischio trombotico e presenza di mutazioni a carico di HFE. Nei nostri pz la presenza di fattori di rischio cardiovascolare sembra non essere determinante nell’aumentato rischio trombotico. La profilassi antiaggregante sembra avere un effetto protettivo a fronte di un ematocrito mantenuto <50% eventualmente con salassoterapia. Nonostante ciò, l’avvio della terapia con aspirina a basse dosi necessita di un’attenta valutazione della presenza fattori di rischio cardiovascolare e l’eventuale compresenza di fattori di rischio emorragico e perciò quanto osservato nel nostro studio non può rappresentare una solida indicazione ad avviare un trattamento antiaggregante in tutti i pazienti con EI al momento della diagnosi, ma pone le basi per studi su casistiche più ampie, necessari per definire meglio iter diagnostico e gestione terapeutica dei pazienti con EI.
eritrocitosi
idiopatica
rischio
cardiovascolare
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Gamba_Vanessa.pdf

accesso aperto

Dimensione 1.24 MB
Formato Adobe PDF
1.24 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/47019