L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la violenza come: “l'uso intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o effettivo, contro se stessi, un'altra persona o contro un gruppo o una comunità e che provoca o ha un'alta probabilità di provocare lesioni, morte, danni psicologici, mal sviluppo o privazione” (Krug, Dahlberg & Mercy, 2002, pag 1084). La scelta di includere anche la parola “potere”, oltre al più semplice “uso della forza fisica”, permette di estendere la natura di un atto violento, implicando nella comprensione convenzionale della violenza anche quegli atti che desumono da un rapporto di forza. La violenza di genere si distingue da questa definizione per due ulteriori aspetti principali. In primo luogo, il genere, in quanto essa viene motivata da una volontà di annullare l’altro unicamente poiché appartenente ad una determinata classe, maschile o femminile. Nonostante alcune ricerche mostrino come sia donne che uomini possano divenire vittime o perpetratori di violenza (Tjaden & Thoennes, 2000), la letteratura ci mostra anche con tangibile evidenza come siano le donne i soggetti maggiormente colpiti (OMS, 2010). È poi necessario porre in evidenza come la violenza di genere eserciti la propria azione in un contesto sociale che vede una diversa valorizzazione dell’uomo e della donna e che concepisce inconsciamente la violenza, giustificandola in quanto latente parte di un più vasto sistema culturale e valoriale. Per questo, analizzando il fenomeno della violenza di genere, non si può parlare di singoli incidenti, di “raptus d’amore”. Sarebbe piuttosto più corretto considerarli comportamenti compresi in un modello culturale di condotta. Ed è proprio la percezione delle donne come entità pure e non indipendenti, unita alla perpetuazione della violenza nel nostro modello valoriale e alla rete di strategie di controllo utilizzate dai perpetratori, che intrappolano le donne nelle loro relazioni abusive (Kirkwood, 1993; Pence & Paymar, 1993). La sedimentazione del trauma della violenza, ed i fattori di problematicità ad esso legati come l’aumento del rischio di subire nuovamente violenza, contribuiscono poi alla costruzione di false credenze e di un pattern comportamentale che si mostra funzionale ai fini della sopravvivenza all’interno della relazione violenta, ma si rivela disfunzionale nel momento in cui tali pensieri e comportamenti vengono applicati ad un contesto esterno e più sano (Norwood, 1985). Sarà poi reso evidente, nel corso dell’analisi, come aver subito violenza sia associato a gravi conseguenze sia sul piano fisico che psicologico (Cesari, Vallefuoco, Agrimi, Gemignani, Paolocci & Menicucci, 2022), sottolineando come la violenza psicologica possa avere un impatto sulla salute delle vittime maggiore rispetto alla violenza fisica (Gloor & Meier 2012).

Dinamiche di potere: la matrice della violenza di genere

NOCCO, SONIA
2022/2023

Abstract

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la violenza come: “l'uso intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o effettivo, contro se stessi, un'altra persona o contro un gruppo o una comunità e che provoca o ha un'alta probabilità di provocare lesioni, morte, danni psicologici, mal sviluppo o privazione” (Krug, Dahlberg & Mercy, 2002, pag 1084). La scelta di includere anche la parola “potere”, oltre al più semplice “uso della forza fisica”, permette di estendere la natura di un atto violento, implicando nella comprensione convenzionale della violenza anche quegli atti che desumono da un rapporto di forza. La violenza di genere si distingue da questa definizione per due ulteriori aspetti principali. In primo luogo, il genere, in quanto essa viene motivata da una volontà di annullare l’altro unicamente poiché appartenente ad una determinata classe, maschile o femminile. Nonostante alcune ricerche mostrino come sia donne che uomini possano divenire vittime o perpetratori di violenza (Tjaden & Thoennes, 2000), la letteratura ci mostra anche con tangibile evidenza come siano le donne i soggetti maggiormente colpiti (OMS, 2010). È poi necessario porre in evidenza come la violenza di genere eserciti la propria azione in un contesto sociale che vede una diversa valorizzazione dell’uomo e della donna e che concepisce inconsciamente la violenza, giustificandola in quanto latente parte di un più vasto sistema culturale e valoriale. Per questo, analizzando il fenomeno della violenza di genere, non si può parlare di singoli incidenti, di “raptus d’amore”. Sarebbe piuttosto più corretto considerarli comportamenti compresi in un modello culturale di condotta. Ed è proprio la percezione delle donne come entità pure e non indipendenti, unita alla perpetuazione della violenza nel nostro modello valoriale e alla rete di strategie di controllo utilizzate dai perpetratori, che intrappolano le donne nelle loro relazioni abusive (Kirkwood, 1993; Pence & Paymar, 1993). La sedimentazione del trauma della violenza, ed i fattori di problematicità ad esso legati come l’aumento del rischio di subire nuovamente violenza, contribuiscono poi alla costruzione di false credenze e di un pattern comportamentale che si mostra funzionale ai fini della sopravvivenza all’interno della relazione violenta, ma si rivela disfunzionale nel momento in cui tali pensieri e comportamenti vengono applicati ad un contesto esterno e più sano (Norwood, 1985). Sarà poi reso evidente, nel corso dell’analisi, come aver subito violenza sia associato a gravi conseguenze sia sul piano fisico che psicologico (Cesari, Vallefuoco, Agrimi, Gemignani, Paolocci & Menicucci, 2022), sottolineando come la violenza psicologica possa avere un impatto sulla salute delle vittime maggiore rispetto alla violenza fisica (Gloor & Meier 2012).
2022
Power dynamics: the matrix of gender-based violence
violenza domestica
potere
abuso
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/47138