Il presente elaborato costituisce un tentativo di ricostruzione sistematica in riferimento alla controversa tematica della circolazione di attività processuale fra giudizi differenti, instaurati, sovente, in giurisdizioni diverse e fra parti non identiche. Preliminarmente, occorre porre in luce la premessa fondativa dell’indagine proposta. Nell’ambito processualcivilistico, la trasmigrazione di elementi istruttori e decisori fra processi differenti viene considerata quale un «mero fenomeno inarrestabile» estremamente diffuso nella pratica, nonostante la pressoché totale assenza di norme di riferimento. Precisamente, la scarsa attenzione dedicata dal legislatore al tema in esame ha dato adito a differenti interpretazioni dottrinali ed orientamenti giurisprudenziali relativi all’utilizzo di materiale formato in un processo diverso rispetto a quello in corso, determinando, inevitabilmente, una situazione di non certezza del diritto per le parti coinvolte nei procedimenti. In considerazione di tale scenario e delle conseguenze problematiche da esso derivanti, si palesa l’interesse per la presente indagine, volta a valutare le condizioni di trasmigrabilità di elementi istruttori fra giudizi differenti. A tal fine, sono stati esaminati separatamente due quesiti cardine, concernenti la legittimità di tale utilizzo e l’efficacia che il materiale formato altrove può esplicare nel processo civile in corso. Nell’ambito di tale indagine, il riferimento al contesto processualpenalistico è risultato di peculiare interesse, principalmente, per due ordini di ragioni: anzitutto, poiché in tale contesto si forma la maggior parte del materiale processuale che viene riutilizzato dalla giurisprudenza civile; inoltre, in quanto risulta imprescindibile esaminare la disciplina che il legislatore processualpenalistico, a differenza di quello processualcivilistico, ha precisamente predisposto in riferimento a tale ostica questione. Dunque, in primo luogo, l’esame di norme e principi del «giusto processo» civile connessi al tema in esame; in secondo luogo, l’analisi delle differenti posizioni dottrinali aventi ad oggetto, prevalentemente, riflessioni sul valore attribuibile agli elementi istruttori formati aliunde e, in terzo luogo, l’esame dell’utilizzo che la giurisprudenza effettivamente fa degli stessi, hanno condotto all’elaborazione di considerazioni conclusive in cui si riflette, anzitutto, attorno ai due quesiti cardine da una prospettiva de iure condito, e, inoltre, si prospettano alcune ipotesi de iure condendo. Si precisa che l’esame della c.d. circolazione di materiale decisorio è stato svolto in una sede separata rispetto a quella dedicata alle riflessioni sulle prove formate aliunde, al fine di evidenziare la diversità di tali questioni e, in particolare, l’infondatezza della prassi diffusa prevalentemente in giurisprudenza, in forza della quale si assume, a torto, di poter attribuire efficacia probatoria ai «giudizi di verità» contenuti nelle sentenze.
Giudizio civile e prove formate aliunde
CANDOSIN, VANESSA
2022/2023
Abstract
Il presente elaborato costituisce un tentativo di ricostruzione sistematica in riferimento alla controversa tematica della circolazione di attività processuale fra giudizi differenti, instaurati, sovente, in giurisdizioni diverse e fra parti non identiche. Preliminarmente, occorre porre in luce la premessa fondativa dell’indagine proposta. Nell’ambito processualcivilistico, la trasmigrazione di elementi istruttori e decisori fra processi differenti viene considerata quale un «mero fenomeno inarrestabile» estremamente diffuso nella pratica, nonostante la pressoché totale assenza di norme di riferimento. Precisamente, la scarsa attenzione dedicata dal legislatore al tema in esame ha dato adito a differenti interpretazioni dottrinali ed orientamenti giurisprudenziali relativi all’utilizzo di materiale formato in un processo diverso rispetto a quello in corso, determinando, inevitabilmente, una situazione di non certezza del diritto per le parti coinvolte nei procedimenti. In considerazione di tale scenario e delle conseguenze problematiche da esso derivanti, si palesa l’interesse per la presente indagine, volta a valutare le condizioni di trasmigrabilità di elementi istruttori fra giudizi differenti. A tal fine, sono stati esaminati separatamente due quesiti cardine, concernenti la legittimità di tale utilizzo e l’efficacia che il materiale formato altrove può esplicare nel processo civile in corso. Nell’ambito di tale indagine, il riferimento al contesto processualpenalistico è risultato di peculiare interesse, principalmente, per due ordini di ragioni: anzitutto, poiché in tale contesto si forma la maggior parte del materiale processuale che viene riutilizzato dalla giurisprudenza civile; inoltre, in quanto risulta imprescindibile esaminare la disciplina che il legislatore processualpenalistico, a differenza di quello processualcivilistico, ha precisamente predisposto in riferimento a tale ostica questione. Dunque, in primo luogo, l’esame di norme e principi del «giusto processo» civile connessi al tema in esame; in secondo luogo, l’analisi delle differenti posizioni dottrinali aventi ad oggetto, prevalentemente, riflessioni sul valore attribuibile agli elementi istruttori formati aliunde e, in terzo luogo, l’esame dell’utilizzo che la giurisprudenza effettivamente fa degli stessi, hanno condotto all’elaborazione di considerazioni conclusive in cui si riflette, anzitutto, attorno ai due quesiti cardine da una prospettiva de iure condito, e, inoltre, si prospettano alcune ipotesi de iure condendo. Si precisa che l’esame della c.d. circolazione di materiale decisorio è stato svolto in una sede separata rispetto a quella dedicata alle riflessioni sulle prove formate aliunde, al fine di evidenziare la diversità di tali questioni e, in particolare, l’infondatezza della prassi diffusa prevalentemente in giurisprudenza, in forza della quale si assume, a torto, di poter attribuire efficacia probatoria ai «giudizi di verità» contenuti nelle sentenze.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/48985