L’io esprime il proprio esserci nel mondo «Fra le più enigmatiche e affascinanti realtà che la scienza tenta di indagare c'è quell'oggetto sui generis che coincide con il soggetto stesso della ricerca: l'essere umano. L'uomo rappresenta quel livello della natura capace di avvertire la presenza del mondo e di sé stesso, ed è in grado di esprimere il proprio esserci con la più misteriosa delle parole: io.» Quegli esseri che sono «io», «tu» ed «egli» istituiscono dei rapporti fra i soggetti del reale che si possono individuare anche in linguistica. Un «io» incarnato che si posiziona come unità rispetto ad un «tu» polare, formanti una diade unica che si stanzia dirimpetto alla «non-persona» (Benveniste 1966). Le persone sono ogni volta esclusive, variabili nella denotazione ma costanti nella loro significazione: qualunque essere x dica “io” formerà una proposizione che avrà sempre valore di verità V1. Seguendo David Kaplan (1978), assieme alle persone, i dimostrativi tutti hanno carattere di analiticità ma non di necessità. Data questa qualità, si ipotizza che sia complesso, durante la comunicazione, rappresentare i dimostrativi e, più in generale, gli elementi deittici, ovvero i contatti con il mondo: «IO», «TU», etc.; i determinanti come identificazione; elementi locativi e temporali. Questa complessità ontologica avrebbe come correlato una struttura sintattica interna degli elementi composta da proiezioni funzionali articolate. Partendo da tale visione e dalla riflessione sul rapporto linguaggio-uomo-mondo, in questa analisi si propone uno studio sul morfema locativo “g(-)”, esprimente un valore stativo di hic et nunc. Il ci-essere visto come lo stare spazialmente ne-il mondo, si estende alla riflessione sull’essere copulare, che collega due elementi, andando perdendo il riferimento del confine di esistenza sul vero. Seguendo la proposta di Cinque (2010: 3), secondo cui le relazioni spaziali sono espresse da differenti porzioni (e.g. «spatial preposizione, adverbs, particles and DP’s»), della stessa configurazione articolata, il morfema locativo che accompagna essere è visto come vettoriale. Il ragionamento si amplia accennando una possibile correlazione dell’espressione della configurazione spaziale con il verb tense, ed in genere la temporalità, tramite grammaticalizzazione dell’elemento. È nel discrimine fra ciò che è possibile e ciò che è probabile che lavora il giudizio soggettivo; la proposta qui riportata è dunque solo una possibile ipotesi esplicativa di alcuni fatti linguistici.
Dal particolare al generale. Una proposta fra essere e dimostrativi.
MARCHESELLI, ALESSIA
2022/2023
Abstract
L’io esprime il proprio esserci nel mondo «Fra le più enigmatiche e affascinanti realtà che la scienza tenta di indagare c'è quell'oggetto sui generis che coincide con il soggetto stesso della ricerca: l'essere umano. L'uomo rappresenta quel livello della natura capace di avvertire la presenza del mondo e di sé stesso, ed è in grado di esprimere il proprio esserci con la più misteriosa delle parole: io.» Quegli esseri che sono «io», «tu» ed «egli» istituiscono dei rapporti fra i soggetti del reale che si possono individuare anche in linguistica. Un «io» incarnato che si posiziona come unità rispetto ad un «tu» polare, formanti una diade unica che si stanzia dirimpetto alla «non-persona» (Benveniste 1966). Le persone sono ogni volta esclusive, variabili nella denotazione ma costanti nella loro significazione: qualunque essere x dica “io” formerà una proposizione che avrà sempre valore di verità V1. Seguendo David Kaplan (1978), assieme alle persone, i dimostrativi tutti hanno carattere di analiticità ma non di necessità. Data questa qualità, si ipotizza che sia complesso, durante la comunicazione, rappresentare i dimostrativi e, più in generale, gli elementi deittici, ovvero i contatti con il mondo: «IO», «TU», etc.; i determinanti come identificazione; elementi locativi e temporali. Questa complessità ontologica avrebbe come correlato una struttura sintattica interna degli elementi composta da proiezioni funzionali articolate. Partendo da tale visione e dalla riflessione sul rapporto linguaggio-uomo-mondo, in questa analisi si propone uno studio sul morfema locativo “g(-)”, esprimente un valore stativo di hic et nunc. Il ci-essere visto come lo stare spazialmente ne-il mondo, si estende alla riflessione sull’essere copulare, che collega due elementi, andando perdendo il riferimento del confine di esistenza sul vero. Seguendo la proposta di Cinque (2010: 3), secondo cui le relazioni spaziali sono espresse da differenti porzioni (e.g. «spatial preposizione, adverbs, particles and DP’s»), della stessa configurazione articolata, il morfema locativo che accompagna essere è visto come vettoriale. Il ragionamento si amplia accennando una possibile correlazione dell’espressione della configurazione spaziale con il verb tense, ed in genere la temporalità, tramite grammaticalizzazione dell’elemento. È nel discrimine fra ciò che è possibile e ciò che è probabile che lavora il giudizio soggettivo; la proposta qui riportata è dunque solo una possibile ipotesi esplicativa di alcuni fatti linguistici.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/49367