The interest in the narration of the Piazza Fontana massacre, carried out through the filter of an in-depth analysis of the contemporary press, stems from the realisation of a void. A void not only related to the trial results, which to date do not exist and are perhaps unattainable, but inherent in the method of reporting the events carried out by the information systems of the time. In fact, to date there is a lack of works, studies and research that, in depth, can shed light on the Italian information apparatus of the time. A system that, born from the ashes of a totalitarian state, does not seem to have abandoned its distortions and divergences from what should be a 'healthy' information system fully embedded within a democratic state. I am certainly not referring to the lack of material on the Italian press in the post-World War II period, but rather to the lack of an in-depth study of its use in the dynamics of the strategy of tension and psychological warfare. It is important, in fact, to be able to better understand the course of events in the convulsive 1960s, to analyse in depth the work of the media, the language they used, the type of editorial line held by the various newspapers and the links they had with political, institutional or openly subversive environments. This operation fits, as we have said, within the typical dynamics of psychological warfare, i.e. within that planned and skilful use of a hybrid form of propaganda mixed with demonstrative actions of various kinds, aimed at influencing public opinion in a more or less profound manner. The objective pursued in this case by right-wing newspapers linked to subversive circles, for example, is to build a broad consensus pool that is willing to accept a transition to a more authoritarian regime, and to do this it is necessary to create ad hoc a feeling of threat that can be shared, using a deliberately alarmist narration of certain events.

L’interesse per la narrazione della strage di Piazza Fontana, realizzata attraverso il filtro di una approfondita analisi della carta stampata coeva, nasce dalla constatazione di un vuoto. Un vuoto non solo relativo agli esiti processuali, ad oggi inesistenti, e forse irraggiungibili, ma inerente al metodo di esposizione degli avvenimenti effettuato dai sistemi di informazione dell’epoca. Ad oggi mancano infatti opere, studi e ricerche che, in maniera approfondita, possano fare luce sull’apparato di informazione italiano dell’epoca. Un sistema che, nato dalle ceneri di uno Stato totalitario, non sembra averne abbandonato le storture e le divergenze rispetto a quello che dovrebbe essere un “sano” sistema di informazione calato a pieno all’interno di uno Stato democratico. Non mi riferisco certo alla mancanza di materiale a proposito della stampa italiana nel periodo del secondo dopoguerra, ma piuttosto alla mancanza di uno studio approfondito sull’utilizzo della stessa nelle dinamiche della strategia della tensione e della guerra psicologica. È importante, infatti, per riuscire a comprendere meglio lo svolgimento degli eventi occorsi nei convulsi anni Sessanta, analizzare in maniera approfondita l’operato dei media, il linguaggio da loro utilizzato, il tipo di linea editoriale tenuto dalle varie testate e i legami intrattenuti da queste con ambienti politici, istituzionali o apertamente sovversivi. Questo operato si inserisce, come detto, all’interno delle dinamiche tipiche della guerra psicologica, ovvero all’interno di quel pianificato e sapiente utilizzo di una forma ibrida di propaganda mista ad azioni dimostrative di vario tipo, volto ad influenzare in maniera più o meno profonda l’opinione pubblica . L’obiettivo perseguito in questo caso dalle testate di destra legate ad ambienti sovversivi, ad esempio, è quello di costruire un ampio bacino consensuale che sia disposto ad accettare una transizione verso un regime più autoritario, e per farlo è necessario creare ad hoc un sentimento di minaccia che possa essere condiviso, utilizzando una narrazione volutamente allarmistica di determinati avvenimenti.

“La genesi della strategia della tensione nella stampa italiana (1967-1971)”

SIMONE, LUCA
2022/2023

Abstract

The interest in the narration of the Piazza Fontana massacre, carried out through the filter of an in-depth analysis of the contemporary press, stems from the realisation of a void. A void not only related to the trial results, which to date do not exist and are perhaps unattainable, but inherent in the method of reporting the events carried out by the information systems of the time. In fact, to date there is a lack of works, studies and research that, in depth, can shed light on the Italian information apparatus of the time. A system that, born from the ashes of a totalitarian state, does not seem to have abandoned its distortions and divergences from what should be a 'healthy' information system fully embedded within a democratic state. I am certainly not referring to the lack of material on the Italian press in the post-World War II period, but rather to the lack of an in-depth study of its use in the dynamics of the strategy of tension and psychological warfare. It is important, in fact, to be able to better understand the course of events in the convulsive 1960s, to analyse in depth the work of the media, the language they used, the type of editorial line held by the various newspapers and the links they had with political, institutional or openly subversive environments. This operation fits, as we have said, within the typical dynamics of psychological warfare, i.e. within that planned and skilful use of a hybrid form of propaganda mixed with demonstrative actions of various kinds, aimed at influencing public opinion in a more or less profound manner. The objective pursued in this case by right-wing newspapers linked to subversive circles, for example, is to build a broad consensus pool that is willing to accept a transition to a more authoritarian regime, and to do this it is necessary to create ad hoc a feeling of threat that can be shared, using a deliberately alarmist narration of certain events.
2022
"The genesis of the strategy of tension in the Italian press (1967-1971)"
L’interesse per la narrazione della strage di Piazza Fontana, realizzata attraverso il filtro di una approfondita analisi della carta stampata coeva, nasce dalla constatazione di un vuoto. Un vuoto non solo relativo agli esiti processuali, ad oggi inesistenti, e forse irraggiungibili, ma inerente al metodo di esposizione degli avvenimenti effettuato dai sistemi di informazione dell’epoca. Ad oggi mancano infatti opere, studi e ricerche che, in maniera approfondita, possano fare luce sull’apparato di informazione italiano dell’epoca. Un sistema che, nato dalle ceneri di uno Stato totalitario, non sembra averne abbandonato le storture e le divergenze rispetto a quello che dovrebbe essere un “sano” sistema di informazione calato a pieno all’interno di uno Stato democratico. Non mi riferisco certo alla mancanza di materiale a proposito della stampa italiana nel periodo del secondo dopoguerra, ma piuttosto alla mancanza di uno studio approfondito sull’utilizzo della stessa nelle dinamiche della strategia della tensione e della guerra psicologica. È importante, infatti, per riuscire a comprendere meglio lo svolgimento degli eventi occorsi nei convulsi anni Sessanta, analizzare in maniera approfondita l’operato dei media, il linguaggio da loro utilizzato, il tipo di linea editoriale tenuto dalle varie testate e i legami intrattenuti da queste con ambienti politici, istituzionali o apertamente sovversivi. Questo operato si inserisce, come detto, all’interno delle dinamiche tipiche della guerra psicologica, ovvero all’interno di quel pianificato e sapiente utilizzo di una forma ibrida di propaganda mista ad azioni dimostrative di vario tipo, volto ad influenzare in maniera più o meno profonda l’opinione pubblica . L’obiettivo perseguito in questo caso dalle testate di destra legate ad ambienti sovversivi, ad esempio, è quello di costruire un ampio bacino consensuale che sia disposto ad accettare una transizione verso un regime più autoritario, e per farlo è necessario creare ad hoc un sentimento di minaccia che possa essere condiviso, utilizzando una narrazione volutamente allarmistica di determinati avvenimenti.
Strategia tensione
terrorismo
neofascismo
servizi segreti
guerra psicologica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/51121