I pazienti con diagnosi di linfoma di Hodgkin, seguendo consolidati protocolli terapeutici, ottengono risultati ottimali in termini di responsività al trattamento e di aumento dell’aspettativa di vita. Ciononostante, in una percentuale di pazienti che si attesta attorno al 10-15%, si sperimenta la recidiva patologica, generalmente associata ad esiti infausti. Le recenti scoperte scientifiche, relative ai meccanismi di patogenesi che concorrono all’instaurarsi delle condizioni adatte alla proliferazione neoplastica, hanno permesso di ottenere risultati utili alla scoperta di nuovi target farmacologici e, dunque, allo sviluppo di nuove terapie per il trattamento di questa popolazione di pazienti. Alcuni studi hanno valutato, in termini di efficacia e di sicurezza, i risultati ottenuti con l’impiego di nuovi approcci terapeutici, che comprendono, per la maggiore, trattamenti immunoterapici. Quest’ultimi, in particolar modo, dovrebbero permettere nel prossimo futuro di aderire in maniera via via decrescente ai protocolli radio-chemioterapici standard, che vengono utilizzati ad oggi come terapia di prima linea. È da considerare, infatti, che, nonostante il consolidato impiego e la buona responsività, i trattamenti classici, non solo nel contesto patologico in questione ma nel panorama più ampio delle terapie anticancro, espongono il paziente all’insorgenza di complicanze a lungo termine, quali tossicità multiorgano e neoplasie secondarie. Gli approcci più recenti, pertanto, valutano possibili coniugazioni tra farmaci immunoterapici innovativi a farmaci chemioterapici standard per indurre in una quota sempre più elevata di pazienti la remissione patologica ma anche per tentare di ridurre significativamente, al contempo, la tossicità indotta dai trattamenti. L’associazione terapeutica, peraltro, come messo in evidenza da alcuni studi, di cui si approfondirà nel corso della trattazione, sembrerebbe condurre i malati con patologia recidivata o refrattaria ad esiti migliori in termini prognostici. In relazione al profilo di sicurezza, i nuovi progressi consentirebbero di evitare la tossicità polmonare, associata generalmente ai protocolli chemioterapici standard ed imputabile alla presenza in essi di bleomicina, ma consentirebbero anche di evitare, in alcuni casi, il ricorso alla radioterapia concomitante. Tuttavia, è necessario valutare attentamente il profilo di sicurezza dei nuovi approcci terapeutici, soppesando concretamente il rapporto rischio-beneficio. Per l’importante innovazione che questi farmaci sembrerebbero apportare nella gestione di pazienti difficili da trattare, nell’esposizione che segue si delineeranno le conoscenze consolidate fino ad oggi nel contesto dell’immunoterapia per il linfoma di Hodgkin recidivato o refrattario. Questo elaborato si pone, dunque, come obiettivo di offrire una panoramica sugli attuali progressi, subentrati nella pratica clinica: ci si soffermerà sugli anticorpi monoclonali inibitori dei checkpoint immunitari e, in modo particolare, verranno valutati l'efficacia e la sicurezza di pembrolizumab, principio attivo anti-PD-1. Inoltre, verranno descritti il meccanismo d’azione e i relativi target biologici. Ai fini della completezza della trattazione, si procederà preliminarmente alla definizione della patologia, fornendo uno sguardo d’insieme sui trattamenti standard di consolidato impiego terapeutico. Nonostante gli anti-PD-1 siano stati già approvati per la terapia anticancro, è necessario occuparsi continuamente di valutare i risultati più recenti per poterne ottimizzare l’impiego in terapia, per migliorare la sopravvivenza dei malati e per trovare nuovi contesti patologici di applicazione.
Efficacia e sicurezza di pembrolizumab per la terapia del linfoma di Hodgkin classico recidivato o refrattario
MICHELOTTO, MELANIA MARIA
2022/2023
Abstract
I pazienti con diagnosi di linfoma di Hodgkin, seguendo consolidati protocolli terapeutici, ottengono risultati ottimali in termini di responsività al trattamento e di aumento dell’aspettativa di vita. Ciononostante, in una percentuale di pazienti che si attesta attorno al 10-15%, si sperimenta la recidiva patologica, generalmente associata ad esiti infausti. Le recenti scoperte scientifiche, relative ai meccanismi di patogenesi che concorrono all’instaurarsi delle condizioni adatte alla proliferazione neoplastica, hanno permesso di ottenere risultati utili alla scoperta di nuovi target farmacologici e, dunque, allo sviluppo di nuove terapie per il trattamento di questa popolazione di pazienti. Alcuni studi hanno valutato, in termini di efficacia e di sicurezza, i risultati ottenuti con l’impiego di nuovi approcci terapeutici, che comprendono, per la maggiore, trattamenti immunoterapici. Quest’ultimi, in particolar modo, dovrebbero permettere nel prossimo futuro di aderire in maniera via via decrescente ai protocolli radio-chemioterapici standard, che vengono utilizzati ad oggi come terapia di prima linea. È da considerare, infatti, che, nonostante il consolidato impiego e la buona responsività, i trattamenti classici, non solo nel contesto patologico in questione ma nel panorama più ampio delle terapie anticancro, espongono il paziente all’insorgenza di complicanze a lungo termine, quali tossicità multiorgano e neoplasie secondarie. Gli approcci più recenti, pertanto, valutano possibili coniugazioni tra farmaci immunoterapici innovativi a farmaci chemioterapici standard per indurre in una quota sempre più elevata di pazienti la remissione patologica ma anche per tentare di ridurre significativamente, al contempo, la tossicità indotta dai trattamenti. L’associazione terapeutica, peraltro, come messo in evidenza da alcuni studi, di cui si approfondirà nel corso della trattazione, sembrerebbe condurre i malati con patologia recidivata o refrattaria ad esiti migliori in termini prognostici. In relazione al profilo di sicurezza, i nuovi progressi consentirebbero di evitare la tossicità polmonare, associata generalmente ai protocolli chemioterapici standard ed imputabile alla presenza in essi di bleomicina, ma consentirebbero anche di evitare, in alcuni casi, il ricorso alla radioterapia concomitante. Tuttavia, è necessario valutare attentamente il profilo di sicurezza dei nuovi approcci terapeutici, soppesando concretamente il rapporto rischio-beneficio. Per l’importante innovazione che questi farmaci sembrerebbero apportare nella gestione di pazienti difficili da trattare, nell’esposizione che segue si delineeranno le conoscenze consolidate fino ad oggi nel contesto dell’immunoterapia per il linfoma di Hodgkin recidivato o refrattario. Questo elaborato si pone, dunque, come obiettivo di offrire una panoramica sugli attuali progressi, subentrati nella pratica clinica: ci si soffermerà sugli anticorpi monoclonali inibitori dei checkpoint immunitari e, in modo particolare, verranno valutati l'efficacia e la sicurezza di pembrolizumab, principio attivo anti-PD-1. Inoltre, verranno descritti il meccanismo d’azione e i relativi target biologici. Ai fini della completezza della trattazione, si procederà preliminarmente alla definizione della patologia, fornendo uno sguardo d’insieme sui trattamenti standard di consolidato impiego terapeutico. Nonostante gli anti-PD-1 siano stati già approvati per la terapia anticancro, è necessario occuparsi continuamente di valutare i risultati più recenti per poterne ottimizzare l’impiego in terapia, per migliorare la sopravvivenza dei malati e per trovare nuovi contesti patologici di applicazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/55959