Il salario minimo è fissato in modo da garantire ai lavoratori di ricevere una compensazione equa per il loro contributo economico e di fornire loro un tenore di vita dignitoso. Verranno toccati diversi punti, tra cui i cenni storici e l’applicazione del salario minimo sia in Europa sia negli Stati Uniti. Sul tema per anni si sono fronteggiate principalmente due correnti di pensiero, che hanno sostenuto ipotesi tra loro diametralmente opposte. Questo l’argomento che troverà spazio nel capitolo II, con l’obiettivo di analizzare l’una e l’altra teoria e sottolineare rispettivamente per l’una e per l’altra i punti di forza e di debolezza, fino ad abbracciare quella che è ritenuta da parte mia la più attendibile. Quella che venne sostenuta dai più fino a non molto tempo fa è la teoria neoclassica, che individua nel salario minimo un elemento scoraggiante rispetto all’occupazione. Questo perché tendenzialmente l’introduzione del salario minimo comporta un incremento del costo della forza lavoro rispetto ai salari come fissati secondo paga oraria. Una buona fetta dei teorici dell’economia, al contrario, crede che il salario minimo possa giocare un ruolo essenziale come strumento di contrasto alla povertà, ammesso che venga introdotto nel rispetto di certi limiti, evitando in questo modo che venga intaccato il tasso di occupazione. Anche grazie all’apporto scientifico di questi studiosi il salario minimo è oggi ampiamente impiegato in ambito economico. È necessario citare in particolare i nomi di David Card e Alan Krueger. Nel 2021 David Card ha vinto il premio Nobel per l’Economia per il "contributo empirico allo studio del mercato del lavoro e per le contribuzioni metodologiche allo studio delle relazioni causali". Card ha analizzato gli effetti del salario minimo, dell’immigrazione e dell’istruzione sul mercato del lavoro, dimostrando in maniera empirica, che l'aumento del salario minimo non comporta necessariamente una diminuzione dei posti di lavoro. I suoi studi, condotti al fianco di Joshua D. Angrist e Guido W. Imbens, si prefiggono lo scopo di valutare l’impatto causale di specifici elementi istituzionali del mercato del lavoro come il salario minimo, i cambi strutturali nelle distribuzioni occupazionali e salariali o ancora gli effetti causali dell’immigrazione sul mercato del lavoro, attraverso l’applicazione di metodi econometrici innovativi. Emergono dunque gli aspetti estremamente benefici dell’introduzione del salario minimo, che a differenza di quanto sostenuto dalla teoria neoclassica, non avrebbe impatto negativo, nemmeno tenendo conto della differenziazione tra diverse categorie sociali. Dunque, è chiaro come il dibattito sul salario minimo concerne sì gli effetti che esso ha sull’occupazione, ma anche e soprattutto le categorie di persone e lavoratori nei confronti delle quali questi effetti si producono. Ci si riferisce in particolar modo a due categorie sociali prese in esame da uno studio condotto da Madeline Zavodny e pubblicato nel dicembre del 2014 dall’IZA World Labor cioè immigrati e nativi. Lo studio si serve del modello della teoria economica neoclassica, la quale per funzionare prevede alcune semplificazioni rispetto al mercato del lavoro. Il fattore immigrazione risulta combinato al livello di competenza dei lavoratori. Lo scopo è quello di osservare gli effetti della retribuzione ed occupazione dei lavoratori poco qualificati, siano essi nativi o immigrati, evidenziando come non vi sia una vera e propria differenza tra queste due categorie. Sia per immigrati che nativi non vi sono evidenze, in seguito all’introduzione o all’aumento del salario minimo, che effettivamente l’occupazione diminuisca, cosa che invece viene sostenuta dalla teoria neoclassica.

Salario minimo: confronto tra le teorie economiche ed effetti della sua introduzione su immigrati e su nativi

GALEAZZO, LORENZO
2023/2024

Abstract

Il salario minimo è fissato in modo da garantire ai lavoratori di ricevere una compensazione equa per il loro contributo economico e di fornire loro un tenore di vita dignitoso. Verranno toccati diversi punti, tra cui i cenni storici e l’applicazione del salario minimo sia in Europa sia negli Stati Uniti. Sul tema per anni si sono fronteggiate principalmente due correnti di pensiero, che hanno sostenuto ipotesi tra loro diametralmente opposte. Questo l’argomento che troverà spazio nel capitolo II, con l’obiettivo di analizzare l’una e l’altra teoria e sottolineare rispettivamente per l’una e per l’altra i punti di forza e di debolezza, fino ad abbracciare quella che è ritenuta da parte mia la più attendibile. Quella che venne sostenuta dai più fino a non molto tempo fa è la teoria neoclassica, che individua nel salario minimo un elemento scoraggiante rispetto all’occupazione. Questo perché tendenzialmente l’introduzione del salario minimo comporta un incremento del costo della forza lavoro rispetto ai salari come fissati secondo paga oraria. Una buona fetta dei teorici dell’economia, al contrario, crede che il salario minimo possa giocare un ruolo essenziale come strumento di contrasto alla povertà, ammesso che venga introdotto nel rispetto di certi limiti, evitando in questo modo che venga intaccato il tasso di occupazione. Anche grazie all’apporto scientifico di questi studiosi il salario minimo è oggi ampiamente impiegato in ambito economico. È necessario citare in particolare i nomi di David Card e Alan Krueger. Nel 2021 David Card ha vinto il premio Nobel per l’Economia per il "contributo empirico allo studio del mercato del lavoro e per le contribuzioni metodologiche allo studio delle relazioni causali". Card ha analizzato gli effetti del salario minimo, dell’immigrazione e dell’istruzione sul mercato del lavoro, dimostrando in maniera empirica, che l'aumento del salario minimo non comporta necessariamente una diminuzione dei posti di lavoro. I suoi studi, condotti al fianco di Joshua D. Angrist e Guido W. Imbens, si prefiggono lo scopo di valutare l’impatto causale di specifici elementi istituzionali del mercato del lavoro come il salario minimo, i cambi strutturali nelle distribuzioni occupazionali e salariali o ancora gli effetti causali dell’immigrazione sul mercato del lavoro, attraverso l’applicazione di metodi econometrici innovativi. Emergono dunque gli aspetti estremamente benefici dell’introduzione del salario minimo, che a differenza di quanto sostenuto dalla teoria neoclassica, non avrebbe impatto negativo, nemmeno tenendo conto della differenziazione tra diverse categorie sociali. Dunque, è chiaro come il dibattito sul salario minimo concerne sì gli effetti che esso ha sull’occupazione, ma anche e soprattutto le categorie di persone e lavoratori nei confronti delle quali questi effetti si producono. Ci si riferisce in particolar modo a due categorie sociali prese in esame da uno studio condotto da Madeline Zavodny e pubblicato nel dicembre del 2014 dall’IZA World Labor cioè immigrati e nativi. Lo studio si serve del modello della teoria economica neoclassica, la quale per funzionare prevede alcune semplificazioni rispetto al mercato del lavoro. Il fattore immigrazione risulta combinato al livello di competenza dei lavoratori. Lo scopo è quello di osservare gli effetti della retribuzione ed occupazione dei lavoratori poco qualificati, siano essi nativi o immigrati, evidenziando come non vi sia una vera e propria differenza tra queste due categorie. Sia per immigrati che nativi non vi sono evidenze, in seguito all’introduzione o all’aumento del salario minimo, che effettivamente l’occupazione diminuisca, cosa che invece viene sostenuta dalla teoria neoclassica.
2023
Minimum wage: comparison between economic theories and effects of its introduction on immigrants and natives
Salario minimo
Teoria neoclassica
Nativi
Immigrati
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/63317