Il presente lavoro intende esaminare i nuovi limiti al potere di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori da parte del datore di lavoro, alla luce delle innovazioni tecnologiche che interessano il contesto lavorativo e della normativa europea in materia di privacy, nonché il rapporto tra siffatto potere datoriale e il diritto alla riservatezza del lavoratore. L’avvento delle nuove tecnologie ha ampliato il potere di controllo del datore di lavoro sui dipendenti, ponendo nuove questioni in tema di tutela della libertà e della riservatezza dei lavoratori, e rendendo sempre più attuale il dibattito sui limiti all’esercizio del potere di controllo di cui il datore di lavoro è titolare, al fine di evitare che il progresso tecnologico si traduca in un monitoraggio costante e pervasivo. L’oggetto dell’indagine fonda – come di consueto, in ambito giuslavoristico - sul delicato bilanciamento tra interessi contrapposti: da un lato, il diritto del datore di lavoro all’accertamento dell’esatto adempimento dell’obbligazione lavorativa, e dall’altro lato, la tutela della libertà, dignità e riservatezza del lavoratore. L’obiettivo del presente lavoro è quello di verificare se l’attuale normativa nazionale garantisca un’effettiva tutela dei diritti fondamentali del lavoratore, assistiti da precise guarentigie anche di matrice euro-unitaria. L’elaborato si concentra inizialmente sull’analisi della figura del datore di lavoro e dei poteri di cui quest’ultimo è dotato nei confronti dei lavoratori dipendenti, soffermandosi in particolare sul potere di controllo a distanza di cui all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Come si vedrà nel secondo capitolo, l’articolo 4 St. Lav. è stato integralmente riscritto ad opera del Jobs Act, D. Lgs. n. 151/2015. Tale azione di riforma rivela la propria portata innovativa in modo più evidente nei commi 2 e 3. Il comma 2 sancisce l’inapplicabilità del comma 1 agli strumenti di lavoro e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. Infine, il comma 3 stabilisce l’utilizzabilità delle informazioni raccolte “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”. Tale quadro normativo è strettamente collegato alle disposizioni contenute nel Codice della privacy, a cui lo stesso art. 4 rinvia, il quale è stato recentemente novellato dal D. Lgs. n. 101/2018 al fine di armonizzarne le disposizioni con il Regolamento UE 2016/679 (c.d. GDPR), che saranno esaminate nell’ambito del successivo terzo capitolo, evidenziando l’impatto giuslavoristico della disciplina da esso dettata. Infine, nel quarto capitolo l’analisi si spinge oltre il Jobs Act e si riflette – in una prospettiva de jure condendo – sulla possibilità che le tutele ivi individuate siano già deboli rispetto ad una realtà in continuo divenire. È – segnatamente – dall’Unione europea che sembra giungere l’impulso ad esplorare nuove frontiere regolative in materia di potere di controllo tecnologico sui lavoratori. Al riguardo, assume articolare importanza la proposta di direttiva elaborata dalla Commissione sul diritto alla disconnessione, allegata all risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021. Infine, ci si propone l’obiettivo di verificare se la legislazione vigente effettivamente tutela i diritti fondamentali del lavoratore e se l’innovazione tecnologica ha contribuito a migliorare l’efficienza aziendale senza pregiudicare la posizione del lavoratore ovvero se, all’opposto, quest’ultima possa aver esposto il lavoratore ad una costante ed invadente sorveglianza da parte del datore di lavoro, comprimendone indebitamente la riservatezza.
I nuovi limiti al potere di controllo a distanza del datore di lavoro nell’era digitale alla luce della normativa euro-unitaria
FACCHINELLI, ANITA
2023/2024
Abstract
Il presente lavoro intende esaminare i nuovi limiti al potere di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori da parte del datore di lavoro, alla luce delle innovazioni tecnologiche che interessano il contesto lavorativo e della normativa europea in materia di privacy, nonché il rapporto tra siffatto potere datoriale e il diritto alla riservatezza del lavoratore. L’avvento delle nuove tecnologie ha ampliato il potere di controllo del datore di lavoro sui dipendenti, ponendo nuove questioni in tema di tutela della libertà e della riservatezza dei lavoratori, e rendendo sempre più attuale il dibattito sui limiti all’esercizio del potere di controllo di cui il datore di lavoro è titolare, al fine di evitare che il progresso tecnologico si traduca in un monitoraggio costante e pervasivo. L’oggetto dell’indagine fonda – come di consueto, in ambito giuslavoristico - sul delicato bilanciamento tra interessi contrapposti: da un lato, il diritto del datore di lavoro all’accertamento dell’esatto adempimento dell’obbligazione lavorativa, e dall’altro lato, la tutela della libertà, dignità e riservatezza del lavoratore. L’obiettivo del presente lavoro è quello di verificare se l’attuale normativa nazionale garantisca un’effettiva tutela dei diritti fondamentali del lavoratore, assistiti da precise guarentigie anche di matrice euro-unitaria. L’elaborato si concentra inizialmente sull’analisi della figura del datore di lavoro e dei poteri di cui quest’ultimo è dotato nei confronti dei lavoratori dipendenti, soffermandosi in particolare sul potere di controllo a distanza di cui all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Come si vedrà nel secondo capitolo, l’articolo 4 St. Lav. è stato integralmente riscritto ad opera del Jobs Act, D. Lgs. n. 151/2015. Tale azione di riforma rivela la propria portata innovativa in modo più evidente nei commi 2 e 3. Il comma 2 sancisce l’inapplicabilità del comma 1 agli strumenti di lavoro e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. Infine, il comma 3 stabilisce l’utilizzabilità delle informazioni raccolte “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”. Tale quadro normativo è strettamente collegato alle disposizioni contenute nel Codice della privacy, a cui lo stesso art. 4 rinvia, il quale è stato recentemente novellato dal D. Lgs. n. 101/2018 al fine di armonizzarne le disposizioni con il Regolamento UE 2016/679 (c.d. GDPR), che saranno esaminate nell’ambito del successivo terzo capitolo, evidenziando l’impatto giuslavoristico della disciplina da esso dettata. Infine, nel quarto capitolo l’analisi si spinge oltre il Jobs Act e si riflette – in una prospettiva de jure condendo – sulla possibilità che le tutele ivi individuate siano già deboli rispetto ad una realtà in continuo divenire. È – segnatamente – dall’Unione europea che sembra giungere l’impulso ad esplorare nuove frontiere regolative in materia di potere di controllo tecnologico sui lavoratori. Al riguardo, assume articolare importanza la proposta di direttiva elaborata dalla Commissione sul diritto alla disconnessione, allegata all risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021. Infine, ci si propone l’obiettivo di verificare se la legislazione vigente effettivamente tutela i diritti fondamentali del lavoratore e se l’innovazione tecnologica ha contribuito a migliorare l’efficienza aziendale senza pregiudicare la posizione del lavoratore ovvero se, all’opposto, quest’ultima possa aver esposto il lavoratore ad una costante ed invadente sorveglianza da parte del datore di lavoro, comprimendone indebitamente la riservatezza.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/64012