Il lavoro di tesi affronta le varie fasi che l’ordinamento italiano ha percorso prima di introdurre con la Riforma Cartabia un rimedio impugnatorio avverso le perquisizioni non seguite da sequestro, le c.d. “perquisizioni negative”, cercando di rimediare a quel vulnus convenzionale denunciato dalla Corte europea con la sentenza Brazzi c. Italia. L’ordinamento italiano, infatti, consentiva in materia di perquisizioni l’utilizzo dello strumento del riesame ex art. 257 c.p.p. solo nel caso in cui l’attività perquirente fosse esitata in un sequestro (c. d. “perquisizioni positive”). Nel caso opposto, invece, come denuncia la Corte di Strasburgo, l’interessato rimaneva privo di qualsivoglia tutela. Nel primo capitolo l’intenzione è quella di ricordare la disciplina prevista dal codice di rito nel Libro III Capo II, ante Riforma Cartabia, in tema di perquisizione (personale, locale, domiciliare, informatica). A seguire, viene brevemente illustrato il rapporto tra perquisizione e sequestro, nonché la distinzione tra perquisizione “positiva” e “negativa”. Fin dal primo capitolo si può riscontrare una mancanza di tutela nel caso in cui l’attività di ricerca invasiva non sia esitata in sequestro. La norma che disciplina il riesame ex art. 257 c.p.p. non può, infatti, essere applicata in questo caso, in virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Dopo aver constatato che il sistema processuale penale italiano manca di un rimedio impugnatorio contro la perquisizione non seguita da sequestro, il secondo capitolo si concentra sulla condanna dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo con la sentenza Brazzi c. Italia. In particolare, viene riconosciuta la violazione dell’art. 8 della CEDU (diritto al rispetto della vita privata) in un caso di perquisizione domiciliare disposta dal pubblico ministero e non seguita da sequestro, ritenendo che il ricorrente Brazzi non avesse a disposizione né di un controllo giurisdizionale ex ante della misura né di un sindacato ex post sulla legittimità della stessa. La pronuncia de qua non è stata la prima sentenza attraverso la quale la Corte europea aveva fatto notare all’Italia questo vulnus convenzionale. Nella causa L.M c. Italia, infatti, i Giudici di Strasburgo erano arrivati a conclusioni simili. L’unico tentativo di colmare tale lacuna normativa si è raggiunto con il “progetto Dalia”, nel quale veniva proposto il ricorso al riesame contro il decreto di perquisizione a prescindere dall’esito della perquisizione. Tale progetto non ha, però, avuto seguito. Il lavoro di tesi procede con l’analisi degli sviluppi, interni ed europei, successivi alla pronuncia Brazzi c. Italia. In particolare, per quanto riguarda i tentativi di intervento da parte dell’ordinamento italiano, ante Riforma Cartabia, è rilevante approfondire il contenuto del “D. d. l. Bonafede” e la proposta formulata dalla Commissione Lattanzi. Per quanto riguarda, invece, gli interventi europei viene presa in considerazione la sentenza Gavanozov II della Corte di Giustizia. Quest’ultima, in tale pronuncia, ha sostenuto che ogni atto di indagine – adottato attraverso lo strumento dell’ordine europeo di indagine penale - deve essere impugnabile. L’ultimo capitolo, fulcro del lavoro di tesi, è dedicato alla Riforma Cartabia, in particolare l’introduzione dell’istituto di opposizione contro il decreto di emissione o di convalida della perquisizione al g.i.p. (artt. 252-bis e 352 co. 4-bis c.p.p.). Con l’introduzione degli artt. 252-bis e 352 comma 4-bis c.p.p. viene introdotta una nuova rilevante garanzia per il perquisito: l’“accuratezza della motivazione”. La novella, però, presenta anche delle criticità che non sono passate inosservate ai commentatori, i quali non hanno mancato di sottolineare che, con ogni probabilità, l’inedito istituto dell’opposizione agisce più su un piano astratto che concreto.

Il controllo giurisdizionale delle perquisizioni, fra Corte europea e riforma Cartabia

BERGO, JESSICA
2023/2024

Abstract

Il lavoro di tesi affronta le varie fasi che l’ordinamento italiano ha percorso prima di introdurre con la Riforma Cartabia un rimedio impugnatorio avverso le perquisizioni non seguite da sequestro, le c.d. “perquisizioni negative”, cercando di rimediare a quel vulnus convenzionale denunciato dalla Corte europea con la sentenza Brazzi c. Italia. L’ordinamento italiano, infatti, consentiva in materia di perquisizioni l’utilizzo dello strumento del riesame ex art. 257 c.p.p. solo nel caso in cui l’attività perquirente fosse esitata in un sequestro (c. d. “perquisizioni positive”). Nel caso opposto, invece, come denuncia la Corte di Strasburgo, l’interessato rimaneva privo di qualsivoglia tutela. Nel primo capitolo l’intenzione è quella di ricordare la disciplina prevista dal codice di rito nel Libro III Capo II, ante Riforma Cartabia, in tema di perquisizione (personale, locale, domiciliare, informatica). A seguire, viene brevemente illustrato il rapporto tra perquisizione e sequestro, nonché la distinzione tra perquisizione “positiva” e “negativa”. Fin dal primo capitolo si può riscontrare una mancanza di tutela nel caso in cui l’attività di ricerca invasiva non sia esitata in sequestro. La norma che disciplina il riesame ex art. 257 c.p.p. non può, infatti, essere applicata in questo caso, in virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Dopo aver constatato che il sistema processuale penale italiano manca di un rimedio impugnatorio contro la perquisizione non seguita da sequestro, il secondo capitolo si concentra sulla condanna dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo con la sentenza Brazzi c. Italia. In particolare, viene riconosciuta la violazione dell’art. 8 della CEDU (diritto al rispetto della vita privata) in un caso di perquisizione domiciliare disposta dal pubblico ministero e non seguita da sequestro, ritenendo che il ricorrente Brazzi non avesse a disposizione né di un controllo giurisdizionale ex ante della misura né di un sindacato ex post sulla legittimità della stessa. La pronuncia de qua non è stata la prima sentenza attraverso la quale la Corte europea aveva fatto notare all’Italia questo vulnus convenzionale. Nella causa L.M c. Italia, infatti, i Giudici di Strasburgo erano arrivati a conclusioni simili. L’unico tentativo di colmare tale lacuna normativa si è raggiunto con il “progetto Dalia”, nel quale veniva proposto il ricorso al riesame contro il decreto di perquisizione a prescindere dall’esito della perquisizione. Tale progetto non ha, però, avuto seguito. Il lavoro di tesi procede con l’analisi degli sviluppi, interni ed europei, successivi alla pronuncia Brazzi c. Italia. In particolare, per quanto riguarda i tentativi di intervento da parte dell’ordinamento italiano, ante Riforma Cartabia, è rilevante approfondire il contenuto del “D. d. l. Bonafede” e la proposta formulata dalla Commissione Lattanzi. Per quanto riguarda, invece, gli interventi europei viene presa in considerazione la sentenza Gavanozov II della Corte di Giustizia. Quest’ultima, in tale pronuncia, ha sostenuto che ogni atto di indagine – adottato attraverso lo strumento dell’ordine europeo di indagine penale - deve essere impugnabile. L’ultimo capitolo, fulcro del lavoro di tesi, è dedicato alla Riforma Cartabia, in particolare l’introduzione dell’istituto di opposizione contro il decreto di emissione o di convalida della perquisizione al g.i.p. (artt. 252-bis e 352 co. 4-bis c.p.p.). Con l’introduzione degli artt. 252-bis e 352 comma 4-bis c.p.p. viene introdotta una nuova rilevante garanzia per il perquisito: l’“accuratezza della motivazione”. La novella, però, presenta anche delle criticità che non sono passate inosservate ai commentatori, i quali non hanno mancato di sottolineare che, con ogni probabilità, l’inedito istituto dell’opposizione agisce più su un piano astratto che concreto.
2023
Judicial review of searches, between the European Court and “Cartabia reform”
perquisizione
sequestro
riforma Cartabia
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
TESI.pdf

accesso aperto

Dimensione 827.42 kB
Formato Adobe PDF
827.42 kB Adobe PDF Visualizza/Apri

The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/68471