Il sé è pensato come costrutto intrinsecamente legato alla persona stessa soprattutto nelle culture individualistiche, e l’essere umano è caratterizzato dalla generale tendenza a concedere una via d’accesso preferenziale all’elaborazione di stimoli relativi al sé. Questa inclinazione è favorevole soprattutto dal punto di vista cognitivo: ogni singolo istante riceviamo una quantità massiccia di informazioni, che rappresentano un problema di sovraccarico computazionale per i nostri meccanismi mentali. Il processo di prioritizzazione del sé si traduce quindi in una maggior velocità di elaborazione e consolidazione mnestica di input che riguardano il sé, conferendogli più rilevanza rispetto a stimoli ad esso non affini. In realtà, vari studi hanno dimostrato come questo sia estendibile: le persone sono in grado di associare sé stessi a varie tipologie di stimoli arbitrari e l’identificazione concede a questi ultimi lo stesso beneficio di prioritizzazione, come se diventassero un nostro prolungamento. I primi esperimenti a riguardo sono stati condotti attraverso la richiesta di identificare il sé con figure geometriche, fino ad arrivare ad avatar e volti reali di persone estranee. Questo effetto ha influenze anche sociali: è stato osservato come sia possibile associare il sé ad un gruppo, e dare priorità agli stimoli relativi ad esso. In questa ricerca, si indaga l’identificazione con l’appartenenza al gruppo etnico dei caucasici, chiedendo a 20 partecipanti (tutte donne, di etnia bianca e destrimani) di associare etichette verbali, sé o altra, ad una persona rispettivamente bianca e nera. Questo apprendimento era seguito dalla presentazione di stimoli di volti bianchi/neri e delle etichette in maniera casuale. Si misurano mancate risposte, accuratezze e tempi di reazione, indagando la sussistenza di prioritizzazione del sé (minor numero di mancate risposte, minori tempi di reazione e maggior accuratezza) se la denominazione "sé" era presentata insieme ad un volto bianco (stimolo dell’ingroup e congruenza con l’apprendimento). Si eseguono anche due IAT per valutare se l’esperimento sopra citato porta ad un incremento di bias verso l’ingroup.
Il processo di prioritizzazione del sé e l'identificazione nelle appartenenze di gruppo: uno studio empirico.
FILIPPI, GIOIA
2023/2024
Abstract
Il sé è pensato come costrutto intrinsecamente legato alla persona stessa soprattutto nelle culture individualistiche, e l’essere umano è caratterizzato dalla generale tendenza a concedere una via d’accesso preferenziale all’elaborazione di stimoli relativi al sé. Questa inclinazione è favorevole soprattutto dal punto di vista cognitivo: ogni singolo istante riceviamo una quantità massiccia di informazioni, che rappresentano un problema di sovraccarico computazionale per i nostri meccanismi mentali. Il processo di prioritizzazione del sé si traduce quindi in una maggior velocità di elaborazione e consolidazione mnestica di input che riguardano il sé, conferendogli più rilevanza rispetto a stimoli ad esso non affini. In realtà, vari studi hanno dimostrato come questo sia estendibile: le persone sono in grado di associare sé stessi a varie tipologie di stimoli arbitrari e l’identificazione concede a questi ultimi lo stesso beneficio di prioritizzazione, come se diventassero un nostro prolungamento. I primi esperimenti a riguardo sono stati condotti attraverso la richiesta di identificare il sé con figure geometriche, fino ad arrivare ad avatar e volti reali di persone estranee. Questo effetto ha influenze anche sociali: è stato osservato come sia possibile associare il sé ad un gruppo, e dare priorità agli stimoli relativi ad esso. In questa ricerca, si indaga l’identificazione con l’appartenenza al gruppo etnico dei caucasici, chiedendo a 20 partecipanti (tutte donne, di etnia bianca e destrimani) di associare etichette verbali, sé o altra, ad una persona rispettivamente bianca e nera. Questo apprendimento era seguito dalla presentazione di stimoli di volti bianchi/neri e delle etichette in maniera casuale. Si misurano mancate risposte, accuratezze e tempi di reazione, indagando la sussistenza di prioritizzazione del sé (minor numero di mancate risposte, minori tempi di reazione e maggior accuratezza) se la denominazione "sé" era presentata insieme ad un volto bianco (stimolo dell’ingroup e congruenza con l’apprendimento). Si eseguono anche due IAT per valutare se l’esperimento sopra citato porta ad un incremento di bias verso l’ingroup.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/69764