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Il disturbo neurocognitivo rappresenta uno dei maggiori problemi sociosanitari mondiali attuali. L'Organizzazione Mondiale della Sanità lo inserisce al settimo posto delle cause di morte nel mondo, e stima che i tassi di incidenza raddoppieranno ogni 20 anni. La forma grave del disturbo neurocognitivo è caratterizzata da un progressivo deterioramento della cognizione, del comportamento emotivo e sociale e della funzionalità. Data la sua insorgenza subdola e progressiva, risulta cruciale fare luce sui processi fisiopatologici alla base del declino cognitivo e della demenza. Una diagnosi tempestiva e accurata è essenziale per iniziare un trattamento: attualmente i criteri diagnostici per la demenza di Alzheimer (AD) e le altre demenze neurodegenerative includono l'uso di biomarcatori per aumentare la certezza nella diagnosi e rilevarla prima nel continuum patologico. I biomarcatori distintivi dell’AD sono l’accumulo di placche β-amiloide (Aβ) extracellulari e di grovigli neurofibrillari (NFT) intracellulari: includono la tomografia a emissione di positroni (PET) e i biomarcatori basati su fluidi derivati dal liquido cerebrospinale e dal plasma. Tuttavia, il loro uso diffuso è limitato a causa del costo economico, invasività e limitazioni di accesso. Gli studi clinici e le ricerche in corso continuano a sviluppare terapie più efficaci e mirate, basandosi sulla patofisiologia dell’AD. Il trattamento attuale si concentra principalmente sul sollievo sintomatico: gli agenti farmacologici convenzionali trattati comprendono inibitori dell'acetilcolinesterasi e inibitori del recettore N-metil-D-aspartato (NMDA). Ulteriori agenti farmacologici esaminati, o tutt’ora sotto esame, sono farmaci anti neuroinfiammatori e antidiabetici, anticorpi monoclonali mirati a tau e amiloide, agenti multitarget, integratori alimentari e supplementi che migliorano la cognizione. Ad oggi, le strategie disponibili non sono efficaci nel rallentare la progressione della malattia, ed anche quelle biologiche in sviluppo hanno documentato un’efficacia parziale con eventi avversi potenzialmente significativi. L’identificazione precoce e lo sviluppo di terapie mirate a rallentare il declino cognitivo e prevenire la demenza rimane quindi un obiettivo della ricerca clinica nei disturbi neurocognitivi.

"Le basi neurobiologiche del Disturbo Neurocognitivo maggiore e lieve"

RIZVANI, KIARA
2023/2024

Abstract

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2023
"The neurobiological bases of Major and Mild Neurocognitive Disorder"
Il disturbo neurocognitivo rappresenta uno dei maggiori problemi sociosanitari mondiali attuali. L'Organizzazione Mondiale della Sanità lo inserisce al settimo posto delle cause di morte nel mondo, e stima che i tassi di incidenza raddoppieranno ogni 20 anni. La forma grave del disturbo neurocognitivo è caratterizzata da un progressivo deterioramento della cognizione, del comportamento emotivo e sociale e della funzionalità. Data la sua insorgenza subdola e progressiva, risulta cruciale fare luce sui processi fisiopatologici alla base del declino cognitivo e della demenza. Una diagnosi tempestiva e accurata è essenziale per iniziare un trattamento: attualmente i criteri diagnostici per la demenza di Alzheimer (AD) e le altre demenze neurodegenerative includono l'uso di biomarcatori per aumentare la certezza nella diagnosi e rilevarla prima nel continuum patologico. I biomarcatori distintivi dell’AD sono l’accumulo di placche β-amiloide (Aβ) extracellulari e di grovigli neurofibrillari (NFT) intracellulari: includono la tomografia a emissione di positroni (PET) e i biomarcatori basati su fluidi derivati dal liquido cerebrospinale e dal plasma. Tuttavia, il loro uso diffuso è limitato a causa del costo economico, invasività e limitazioni di accesso. Gli studi clinici e le ricerche in corso continuano a sviluppare terapie più efficaci e mirate, basandosi sulla patofisiologia dell’AD. Il trattamento attuale si concentra principalmente sul sollievo sintomatico: gli agenti farmacologici convenzionali trattati comprendono inibitori dell'acetilcolinesterasi e inibitori del recettore N-metil-D-aspartato (NMDA). Ulteriori agenti farmacologici esaminati, o tutt’ora sotto esame, sono farmaci anti neuroinfiammatori e antidiabetici, anticorpi monoclonali mirati a tau e amiloide, agenti multitarget, integratori alimentari e supplementi che migliorano la cognizione. Ad oggi, le strategie disponibili non sono efficaci nel rallentare la progressione della malattia, ed anche quelle biologiche in sviluppo hanno documentato un’efficacia parziale con eventi avversi potenzialmente significativi. L’identificazione precoce e lo sviluppo di terapie mirate a rallentare il declino cognitivo e prevenire la demenza rimane quindi un obiettivo della ricerca clinica nei disturbi neurocognitivi.
Basi neurobiologiche
Declino cognitivo
Riabilitazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/69848