Il presente elaborato analizza la complessa relazione tra i Traumatic Brain Injuries (TBI) negli sport di contatto e le loro conseguenze sulla salute mentale e cognitiva degli atleti. Viene esaminato il contributo della letteratura scientifica sul tema, ma anche le sue limitazioni e punti critici. Malgrado l’ormai assodato effetto benefico della pratica sportiva e la popolarità globale di alcuni degli sport di contatto più intensi, i TBI rappresentano ancora un rischio non trascurabile. In letteratura viene esaminata la loro correlazione con lo sviluppo a lungo termine di condizioni patologiche, tra cui l’Encefalopatia Traumatica Cronica (CTE), i disturbi d’ansia, la depressione, il PTSD e i deficit cognitivi. Sono state prese in considerazione la natura dei TBI e la loro epidemiologia nei contesti sportivi, in diversi sport e a diverse condizioni. È stato poi affrontato il tema delle condizioni cliniche sopracitate e sono state fatte ipotesi di trattamenti con differenti forme di terapia (farmacologiche, cognitive e assistite con animali). Segue una panoramica delle strategie ad oggi attuate nei confronti dei TBI, sia in termini di gestione, come lo Sport Concussion Assessment Tool (SCAT5), che di prevenzione, come il programma “Heads Up Football”. A partire dalla vicenda della famiglia Locksley, si propone una riflessione riguardo al valore umano, sociale ed economico di molti sport, suggerendo un approccio equilibrato che tenga in considerazione questi aspetti insieme a quelli riguardanti i rischi associati a certe discipline. Questo approccio passerebbe in primo luogo attraverso un cambiamento culturale nello sport, che promuova sicurezza e benessere degli atleti. Per fare ciò, viene proposta l’applicazione su larga scala del Developmental Model of Sport Participation (DMSP), con l’idea di aggiungere alle “Tre 3 P” che descrivono l’outcome di una buona pratica sportiva (Performance, Participation, Personal Development) anche la quarta P di “Protection”.
Head in the game - review sulle conseguenze psicopatologiche delle commozioni cerebrali negli atleti di sport ad alto contatto
ZEDURI, MATILDE
2023/2024
Abstract
Il presente elaborato analizza la complessa relazione tra i Traumatic Brain Injuries (TBI) negli sport di contatto e le loro conseguenze sulla salute mentale e cognitiva degli atleti. Viene esaminato il contributo della letteratura scientifica sul tema, ma anche le sue limitazioni e punti critici. Malgrado l’ormai assodato effetto benefico della pratica sportiva e la popolarità globale di alcuni degli sport di contatto più intensi, i TBI rappresentano ancora un rischio non trascurabile. In letteratura viene esaminata la loro correlazione con lo sviluppo a lungo termine di condizioni patologiche, tra cui l’Encefalopatia Traumatica Cronica (CTE), i disturbi d’ansia, la depressione, il PTSD e i deficit cognitivi. Sono state prese in considerazione la natura dei TBI e la loro epidemiologia nei contesti sportivi, in diversi sport e a diverse condizioni. È stato poi affrontato il tema delle condizioni cliniche sopracitate e sono state fatte ipotesi di trattamenti con differenti forme di terapia (farmacologiche, cognitive e assistite con animali). Segue una panoramica delle strategie ad oggi attuate nei confronti dei TBI, sia in termini di gestione, come lo Sport Concussion Assessment Tool (SCAT5), che di prevenzione, come il programma “Heads Up Football”. A partire dalla vicenda della famiglia Locksley, si propone una riflessione riguardo al valore umano, sociale ed economico di molti sport, suggerendo un approccio equilibrato che tenga in considerazione questi aspetti insieme a quelli riguardanti i rischi associati a certe discipline. Questo approccio passerebbe in primo luogo attraverso un cambiamento culturale nello sport, che promuova sicurezza e benessere degli atleti. Per fare ciò, viene proposta l’applicazione su larga scala del Developmental Model of Sport Participation (DMSP), con l’idea di aggiungere alle “Tre 3 P” che descrivono l’outcome di una buona pratica sportiva (Performance, Participation, Personal Development) anche la quarta P di “Protection”.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/69866