La presente tesi si propone di esplorare il dibattito proto-seicentesco sul Diritto divino dei re analizzando l’opera di due scozzesi illustri, Giacomo VI e I Stuart e William Barclay. L’obiettivo è duplice: da un lato, rendere conto delle specificità nell’approccio di ciascuno di questi due autori al tema; dall’altro, evidenziare come la dottrina del Diritto divino sia da essi formulata in una logica di esplicita contrapposizione alle teorie calviniste tardo-cinquecentesche del diritto di resistenza. A questo scopo, una parte a sé della trattazione verrà dedicata all’analisi delle dottrine di un terzo autore scozzese, legato a doppio filo ai primi due: l’umanista George Buchanan, teorista “monarcomaco” tra i più radicali. In sede di conclusione, si dedicheranno alcune pagine a un altro illustre teorico seicentesco del Diritto divino, Paolo Sarpi, per evidenziare come egli si collochi in questo dibattito, e si passerà infine a mostrare come lo stesso Thomas Hobbes, nella III parte del Leviatano, attinga a piene mani dai temi e dai tropi argomentativi di questi autori, seppur per costruirvi una concezione di “diritto divino dei re” del tutto irriducibile alle teorizzazioni precedenti, in quanto pienamente organica a un concetto di sovranità fondato su basi completamente secolari.
The supremest thing upon earth. Il dibattito sul Diritto divino dei re da Buchanan a Hobbes
FERRARI, MICHELE
2023/2024
Abstract
La presente tesi si propone di esplorare il dibattito proto-seicentesco sul Diritto divino dei re analizzando l’opera di due scozzesi illustri, Giacomo VI e I Stuart e William Barclay. L’obiettivo è duplice: da un lato, rendere conto delle specificità nell’approccio di ciascuno di questi due autori al tema; dall’altro, evidenziare come la dottrina del Diritto divino sia da essi formulata in una logica di esplicita contrapposizione alle teorie calviniste tardo-cinquecentesche del diritto di resistenza. A questo scopo, una parte a sé della trattazione verrà dedicata all’analisi delle dottrine di un terzo autore scozzese, legato a doppio filo ai primi due: l’umanista George Buchanan, teorista “monarcomaco” tra i più radicali. In sede di conclusione, si dedicheranno alcune pagine a un altro illustre teorico seicentesco del Diritto divino, Paolo Sarpi, per evidenziare come egli si collochi in questo dibattito, e si passerà infine a mostrare come lo stesso Thomas Hobbes, nella III parte del Leviatano, attinga a piene mani dai temi e dai tropi argomentativi di questi autori, seppur per costruirvi una concezione di “diritto divino dei re” del tutto irriducibile alle teorizzazioni precedenti, in quanto pienamente organica a un concetto di sovranità fondato su basi completamente secolari.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/70331