Ho potuto analizzare con il prezioso supporto del Dott. Paolo Fontana, ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (TN), delle colonie ex novo di Apis mellifera situate in arnie ad Isola Vicentina (VI) fondate in marzo/aprile 2023 (TB2) e a marzo/aprile 2024 (A1; A2; A3); inoltre sono state fotografati e analizzati favi situati in arnie a Pergine Valsugana (TN), colonie sperimentali fondate in marzo/aprile 2024 appartenenti alla Fondazione Edmund Mach, gestite completamente a favo naturale, da cui si è potuto analizzare l’efficienza, il buono stato di salute e la fattibilità in termini economici e produttivi dati da questo tipo di allevamento. Queste conclusioni le ho tratte fotografando e analizzando per ogni arnia un numero di favi variabile da 9 a 16; per cui sono stati analizzati l’area totale del favo in cm2, in proporzione alla barra sovrastante dalla lunghezza di 44 cm; la % di covata maschile; la % di covata femminile; la % di covata da miele. Inoltre, l’inclinazione delle celle in relazione alla barra orizzontale con relativa % di presenza in base alla tipologia di celletta (fuco/operaia/miele). In aggiunta, la misura in lunghezza (cm) di 10 cellette per tipologia (fuco/operaia/miele). Infine, la % di completamento del favo in relazione all’area max rilevata di 470 cm2. Con l’aiuto del programma di calcolo SketchAndCalc ho potuto calcolare i dati descritti precedentemente, al fine di rilevare quanto i favi formati naturalmente dalle api in apicoltura naturale, si discostano totalmente dall’uniformità dei fogli cerei imposti nell’apicoltura convenzionale; presentandosi, invece, assai diversificati per dimensione, inclinazione delle cellette, grandezza delle cellette e relativo contenuto. In questa tesi si è cercato di tracciare un quadro dei vari aspetti dell’apicoltura ispirato ai fondamenti su cui si basa il metodo Perone: l’importanza della salvaguardia dell’insetto ape e la sostenibilità economica dell’attività apistica. Nella prima parte della tesi si è voluta evidenziare la rilevanza del servizio ecosistemico di Apis mellifera: essa, infatti, per le sue caratteristiche morfologiche e comportamentali si rivela il miglior insetto pronubo nel meccanismo di impollinazione e, di conseguenza, nel mantenimento della biodiversità. Da anni, inoltre, è utilizzata come bioindicatore per monitorare la qualità dell’ambiente: se le api stanno bene, l’ambiente è sano e, di conseguenza, anche l’uomo sta bene. Da decenni le ricerche hanno messo in luce un declino diffuso di quest’insetto così prezioso per l’uomo e l’ambiente: le cause, sono attribuibili ad una pressione di origine antropica, tra le quali assume particolare rilievo l’utilizzo degli agrofarmaci, impiegati in modo massiccio nelle pratiche agricole. Oltre all’ormai rinomato acaro varroa, che ha cambiato il volto dell’apicoltura, all’interno dell’apicoltura naturale, sono in molti a sostenere che l’indebolimento di Apis mellifera sia legato alle tecniche d’intervento e produzione del sistema di allevamento attuale. L’apicoltura moderna o razionale ha dato spazio ad un allevamento intensivo, col fine di accrescere la produzione dei prodotti dell’alveare, impiegando tecniche standardizzate che non hanno tenuto conto del rapporto delle api con l’ambiente, della complessità del super-organismo e che, quindi, ha portato ad uno stato di salute precario dell’ape, mostrando quindi i suoi limiti, basandomi su diversi studi, tra cui il libro di Fontana (2017). Alla permapicoltura sono dedicati alcuni capitoli, nel quale si mettono in luce gli aspetti più salienti del metodo di Perone, che si basano sul tentativo di creare un habitat il più possibile prossimo a quello naturale, inclusi gli aspetti tecnici inerenti alle modalità di allevamento, e alternative ai metodi tradizionali, fatta salva, come illustrato, la divisione dell’arnia.
Struttura del nido di colonie di Apis mellifera fondate ex novo e gestite completamente a favo naturale
PETRAGLIA, ARIANNA
2023/2024
Abstract
Ho potuto analizzare con il prezioso supporto del Dott. Paolo Fontana, ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (TN), delle colonie ex novo di Apis mellifera situate in arnie ad Isola Vicentina (VI) fondate in marzo/aprile 2023 (TB2) e a marzo/aprile 2024 (A1; A2; A3); inoltre sono state fotografati e analizzati favi situati in arnie a Pergine Valsugana (TN), colonie sperimentali fondate in marzo/aprile 2024 appartenenti alla Fondazione Edmund Mach, gestite completamente a favo naturale, da cui si è potuto analizzare l’efficienza, il buono stato di salute e la fattibilità in termini economici e produttivi dati da questo tipo di allevamento. Queste conclusioni le ho tratte fotografando e analizzando per ogni arnia un numero di favi variabile da 9 a 16; per cui sono stati analizzati l’area totale del favo in cm2, in proporzione alla barra sovrastante dalla lunghezza di 44 cm; la % di covata maschile; la % di covata femminile; la % di covata da miele. Inoltre, l’inclinazione delle celle in relazione alla barra orizzontale con relativa % di presenza in base alla tipologia di celletta (fuco/operaia/miele). In aggiunta, la misura in lunghezza (cm) di 10 cellette per tipologia (fuco/operaia/miele). Infine, la % di completamento del favo in relazione all’area max rilevata di 470 cm2. Con l’aiuto del programma di calcolo SketchAndCalc ho potuto calcolare i dati descritti precedentemente, al fine di rilevare quanto i favi formati naturalmente dalle api in apicoltura naturale, si discostano totalmente dall’uniformità dei fogli cerei imposti nell’apicoltura convenzionale; presentandosi, invece, assai diversificati per dimensione, inclinazione delle cellette, grandezza delle cellette e relativo contenuto. In questa tesi si è cercato di tracciare un quadro dei vari aspetti dell’apicoltura ispirato ai fondamenti su cui si basa il metodo Perone: l’importanza della salvaguardia dell’insetto ape e la sostenibilità economica dell’attività apistica. Nella prima parte della tesi si è voluta evidenziare la rilevanza del servizio ecosistemico di Apis mellifera: essa, infatti, per le sue caratteristiche morfologiche e comportamentali si rivela il miglior insetto pronubo nel meccanismo di impollinazione e, di conseguenza, nel mantenimento della biodiversità. Da anni, inoltre, è utilizzata come bioindicatore per monitorare la qualità dell’ambiente: se le api stanno bene, l’ambiente è sano e, di conseguenza, anche l’uomo sta bene. Da decenni le ricerche hanno messo in luce un declino diffuso di quest’insetto così prezioso per l’uomo e l’ambiente: le cause, sono attribuibili ad una pressione di origine antropica, tra le quali assume particolare rilievo l’utilizzo degli agrofarmaci, impiegati in modo massiccio nelle pratiche agricole. Oltre all’ormai rinomato acaro varroa, che ha cambiato il volto dell’apicoltura, all’interno dell’apicoltura naturale, sono in molti a sostenere che l’indebolimento di Apis mellifera sia legato alle tecniche d’intervento e produzione del sistema di allevamento attuale. L’apicoltura moderna o razionale ha dato spazio ad un allevamento intensivo, col fine di accrescere la produzione dei prodotti dell’alveare, impiegando tecniche standardizzate che non hanno tenuto conto del rapporto delle api con l’ambiente, della complessità del super-organismo e che, quindi, ha portato ad uno stato di salute precario dell’ape, mostrando quindi i suoi limiti, basandomi su diversi studi, tra cui il libro di Fontana (2017). Alla permapicoltura sono dedicati alcuni capitoli, nel quale si mettono in luce gli aspetti più salienti del metodo di Perone, che si basano sul tentativo di creare un habitat il più possibile prossimo a quello naturale, inclusi gli aspetti tecnici inerenti alle modalità di allevamento, e alternative ai metodi tradizionali, fatta salva, come illustrato, la divisione dell’arnia.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/73323