IL DISASTRO DEL VAJONT - Una vicenda inevitabilmente politica

In a country poor in fossil fuels like Italy, hydroelectric energy was the solution proposed by a project that was more political than technical and which laid the foundations for a territorial hierarchy at the service of well-being. On 9 October 1963 at 10.39pm a landslide of 270 million cubic meters broke away from Monte Toc and ended up in the Vajont basin (Longarone). Almost 2000 people died as they were overwhelmed by the wave generated by the landslide. The disaster was predicted, but no one did anything to avert it. The research carried out by various geologists in the years before the catastrophe, regarding the stability of Mount Toc, indicated a clear need to deepen the study on the risks of the landslide, but this was not done. In addition to being one of the most serious environmental catastrophes caused by man, the Vajont affair becomes equally political as it is the consequence of impactful choices imposed from above on a community of "ignorant mountaineers". For this reason the question that accompanies the research in question is the following: "How much and how did political choices impact the Vajont disaster?". The title of the thesis "The Vajont disaster - An inevitably political affair" was born from this reflection. Science and power are two related terms in this story. Politicizing the issue helps to address it more effectively, also with the construction of a consequent collective memory. Today the challenge that arises is to rethink the relationship between territory and politics. In fact, just as the territory shapes and influences political processes, politics can also affect and shape territorial spaces. For decades the link between territory and politics has been neglected, but there is a great need to "return to the territory" as a place of community roots and heritage to be valorised.

In un Paese povero di combustibili fossili come l’Italia, l’energia idroelettrica era la soluzione proposta da un progetto più politico che tecnico e che poneva le basi per una gerarchia territoriale al servizio del benessere. Il 9 ottobre del 1963 alle 22:39 una frana di 270 milioni di metri cubi si staccò dal Monte Toc e finì nel bacino del Vajont (Longarone). Quasi 2000 persone morirono poiché vennero travolte dall’onda generata dalla frana. Il disastro era preannunciato, ma nessuno fece niente per scongiurarlo. Le ricerche fatte dai vari geologi, negli anni precedenti alla catastrofe, riguardanti la stabilità del Monte Toc, indicavano una chiara necessità di approfondire lo studio sui rischi connessi alla frana, ma questo non venne fatto. Oltre ad essere una delle più gravi catastrofi ambientali causate dall’uomo, la vicenda del Vajont diventa altrettanto politica in quanto conseguenza di scelte impattanti imposte dall’alto ad una comunità di “montanari ignoranti”. Per questo la domanda che accompagna la ricerca in oggetto è la seguente: “Quanto e come le scelte politiche hanno impattato nel disastro del Vajont?”. Da questa riflessione nasce il titolo della tesi “Il disastro del Vajont – Una vicenda inevitabilmente politica”. Scienza e potere sono due termini correlati in questa storia. Politicizzare la questione aiuta ad affrontarla in maniera più efficace, anche con la costruzione di una conseguente memoria collettiva. Oggi la sfida che si pone è quella di ripensare il rapporto fra territorio e politica. Infatti, come il territorio modella ed influenza i processi politici, così anche la politica può intaccare e plasmare gli spazi territoriali. Per decenni il legame fra territorio e politica è stato trascurato, ma c’è una grande necessità di “ritornare al territorio” in quanto luogo di radici comunitarie e patrimoni da valorizzare.