Che la libertà di espressione sia fondamentale è risaputo da millenni tanto che Diogene di Sinope, interrogato su cosa vi fosse di più bello tra gli uomini, rispose: “La franchezza nel dire”. Risaputo è anche il contributo che la nascita e poi l’evoluzione di internet hanno portato alla libertà di espressione che da oltre mezzo secolo è diventato un diritto che dovrebbe essere garantito ad ogni uomo (art. 19 Dichiarazione universale dei diritti umani). Tuttavia la possibilità di poter raggiungere milioni di persone in pochi secondi ha anche dei lati negativi che la pandemia da Covid-19 ha fatto emergere esponenzialmente dato che per molti mesi il web è stato l’unico “mondo” in cui vivere. Il faro acceso dalla pandemia sui contenuti illegali presenti sul web ha portato il legislatore ad una riflessione sulla normativa vigente. Da oltre vent’anni infatti l’Unione europea ha una normativa che esenta i prestatori di servizi intermediari online per i contenuti caricati dai loro utenti, e quindi per le possibili violazioni che questi comportano: la Direttiva 2000/31/CE. Già a partire dalla sua emanazione e, a maggior ragione, nel passare di questi oltre vent’anni si è discusso se tali previsioni fossero troppo restrittive o se al contrario necessitassero di maggiore severità. Il Regolamento (UE) 2022/2065 cerca di trovare il giusto bilanciamento tra queste due contrapposte posizioni in parte sostituendo ed in parte integrando la normativa vigente, lasciandone però inalterati i principi di fondo. Esaminare le differenze tra i due regimi, chiedendosi se, più che di un aggiornamento, non si possa parlare di una mera trasposizione delle norme in una differente fonte del diritto (da una direttiva ad un regolamento), sarà l’oggetto di questa trattazione.
La responsabilità in capo ai prestatori di servizi intermediari di hosting per i contenuti caricati dagli utenti
FREGUJA, ELIA
2023/2024
Abstract
Che la libertà di espressione sia fondamentale è risaputo da millenni tanto che Diogene di Sinope, interrogato su cosa vi fosse di più bello tra gli uomini, rispose: “La franchezza nel dire”. Risaputo è anche il contributo che la nascita e poi l’evoluzione di internet hanno portato alla libertà di espressione che da oltre mezzo secolo è diventato un diritto che dovrebbe essere garantito ad ogni uomo (art. 19 Dichiarazione universale dei diritti umani). Tuttavia la possibilità di poter raggiungere milioni di persone in pochi secondi ha anche dei lati negativi che la pandemia da Covid-19 ha fatto emergere esponenzialmente dato che per molti mesi il web è stato l’unico “mondo” in cui vivere. Il faro acceso dalla pandemia sui contenuti illegali presenti sul web ha portato il legislatore ad una riflessione sulla normativa vigente. Da oltre vent’anni infatti l’Unione europea ha una normativa che esenta i prestatori di servizi intermediari online per i contenuti caricati dai loro utenti, e quindi per le possibili violazioni che questi comportano: la Direttiva 2000/31/CE. Già a partire dalla sua emanazione e, a maggior ragione, nel passare di questi oltre vent’anni si è discusso se tali previsioni fossero troppo restrittive o se al contrario necessitassero di maggiore severità. Il Regolamento (UE) 2022/2065 cerca di trovare il giusto bilanciamento tra queste due contrapposte posizioni in parte sostituendo ed in parte integrando la normativa vigente, lasciandone però inalterati i principi di fondo. Esaminare le differenze tra i due regimi, chiedendosi se, più che di un aggiornamento, non si possa parlare di una mera trasposizione delle norme in una differente fonte del diritto (da una direttiva ad un regolamento), sarà l’oggetto di questa trattazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/74812