Background. Diversi studi scientifici presenti in letteratura hanno dimostrato i benefici associati all’utilizzo dell’immersione in acqua durante il travaglio di parto (1-2-3-4). Tra questi benefici figurano, rispetto al parto “tradizionale”: minori interventi medici, minore richiesta di analgesia farmacologica, un tasso più basso di episiotomia; maggiore rilassamento materno e una soddisfazione complessiva più elevata rispetto all’esperienza del parto (4). Tuttavia, organizzazioni come L’American College of Obstetricians and Gynacologists (ACOG) e l’American Academy of Pediatrics (AAP) sostengono che i potenziali rischi per il neonato possano superare i benefici per la madre e raccomandano dunque che il parto avvenga “on land” (5). Ricerche scientifiche recenti non hanno tuttavia rilevato rischi maggiori nei neonati nati in acqua (6-7), lasciando aperto il dibattito sull’effettiva sicurezza e sui vantaggi di questa pratica. Scopo dello studio. Lo scopo dello studio è quello di valutare e confrontare gli esiti materni e neonatali tra il parto in acqua e il parto a terra, al fine di valutare e, nel caso confermare, la sicurezza del parto in acqua per madre e neonato. Materiali e metodi. Lo studio, di tipo osservazionale caso-controllo, è stato condotto presso un punto nascita della regione Veneto nel periodo tra marzo e luglio 2024. I dati di ciascun gruppo (parto in acqua e parto tradizionale) relativi a madre e neonato sono stati raccolti tramite un file Excel presente nel computer della sala parto e compilato dopo ogni parto dal personale ostetrico. Il gruppo di confronto è stato creato “ad hoc” selezionando il primo parto spontaneo successivo a quello in acqua con le stesse settimane gestazionali, la stessa parità e la stessa modalità del travaglio. Sono stati dunque analizzati e confrontati tra i due gruppi gli esiti materni (quantità di perdite ematiche ed esiti perineali) e gli esiti neonatali (esecuzione del contatto pelle a pelle, valori di pH e BE da arteria ombelicale, ammissione in terapia intensiva neonatale, necessità di rianimazione, tipologia di allattamento alla dimissione e valori della bilirubina transcutanea in seconda giornata). Successivamente, per alcuni esiti, è stato calcolato il p-value per verificare se era presente una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. Risultati. Il campione analizzato si compone di 90 donne e 90 neonati, di cui 45 donne e rispettivi 45 neonati per ognuno dei due gruppi. I risultati non hanno mostrato differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Per quanto riguarda la quantità di perdite ematiche nel gruppo “on land” ci sono stati 2 casi di emorragia post-partum maggiore (perdite oltre 1000 cc), mentre nel gruppo delle donne che hanno partorito in acqua non c’è stato nessun caso. Inoltre, nel gruppo del parto in acqua si è verificata una minore incidenza di episiotomie ed è stato oltretutto riscontrato un singolo caso di lacerazione perineale di terzo grado nel gruppo del parto in acqua, verosimilmente attribuibile al peso neonatale elevato (maggiore di 5 kg). Dei 45 neonati nati in acqua, nessuno ha avuto bisogno di essere rianimato o trasferito in TIN, mentre nel gruppo di confronto, 2 neonati sono stati rianimati alla nascita e uno di questi è stato trasferito in TIN (parto in acqua 0% vs 6.67% “land birth”). Per quanto concerne l’allattamento, nel gruppo dei parti in acqua si è registrato un tasso più elevato di allattamento esclusivo alla dimissione, senza alcun caso di allattamento artificiale. Conclusioni. Il parto in acqua si è dimostrato essere una modalità di parto sicura, con esiti materni e neonatali simili a quelli del parto “on land”. Tuttavia, ulteriori studi con campioni più ampi sono necessari per confermarne la sicurezza e per valutare ulteriormente i potenziali benefici e rischi per madre e neonato.
Parto in acqua versus parto tradizionale: confronto tra esiti materni e neonatali
LONGO, ALLEGRA
2023/2024
Abstract
Background. Diversi studi scientifici presenti in letteratura hanno dimostrato i benefici associati all’utilizzo dell’immersione in acqua durante il travaglio di parto (1-2-3-4). Tra questi benefici figurano, rispetto al parto “tradizionale”: minori interventi medici, minore richiesta di analgesia farmacologica, un tasso più basso di episiotomia; maggiore rilassamento materno e una soddisfazione complessiva più elevata rispetto all’esperienza del parto (4). Tuttavia, organizzazioni come L’American College of Obstetricians and Gynacologists (ACOG) e l’American Academy of Pediatrics (AAP) sostengono che i potenziali rischi per il neonato possano superare i benefici per la madre e raccomandano dunque che il parto avvenga “on land” (5). Ricerche scientifiche recenti non hanno tuttavia rilevato rischi maggiori nei neonati nati in acqua (6-7), lasciando aperto il dibattito sull’effettiva sicurezza e sui vantaggi di questa pratica. Scopo dello studio. Lo scopo dello studio è quello di valutare e confrontare gli esiti materni e neonatali tra il parto in acqua e il parto a terra, al fine di valutare e, nel caso confermare, la sicurezza del parto in acqua per madre e neonato. Materiali e metodi. Lo studio, di tipo osservazionale caso-controllo, è stato condotto presso un punto nascita della regione Veneto nel periodo tra marzo e luglio 2024. I dati di ciascun gruppo (parto in acqua e parto tradizionale) relativi a madre e neonato sono stati raccolti tramite un file Excel presente nel computer della sala parto e compilato dopo ogni parto dal personale ostetrico. Il gruppo di confronto è stato creato “ad hoc” selezionando il primo parto spontaneo successivo a quello in acqua con le stesse settimane gestazionali, la stessa parità e la stessa modalità del travaglio. Sono stati dunque analizzati e confrontati tra i due gruppi gli esiti materni (quantità di perdite ematiche ed esiti perineali) e gli esiti neonatali (esecuzione del contatto pelle a pelle, valori di pH e BE da arteria ombelicale, ammissione in terapia intensiva neonatale, necessità di rianimazione, tipologia di allattamento alla dimissione e valori della bilirubina transcutanea in seconda giornata). Successivamente, per alcuni esiti, è stato calcolato il p-value per verificare se era presente una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. Risultati. Il campione analizzato si compone di 90 donne e 90 neonati, di cui 45 donne e rispettivi 45 neonati per ognuno dei due gruppi. I risultati non hanno mostrato differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Per quanto riguarda la quantità di perdite ematiche nel gruppo “on land” ci sono stati 2 casi di emorragia post-partum maggiore (perdite oltre 1000 cc), mentre nel gruppo delle donne che hanno partorito in acqua non c’è stato nessun caso. Inoltre, nel gruppo del parto in acqua si è verificata una minore incidenza di episiotomie ed è stato oltretutto riscontrato un singolo caso di lacerazione perineale di terzo grado nel gruppo del parto in acqua, verosimilmente attribuibile al peso neonatale elevato (maggiore di 5 kg). Dei 45 neonati nati in acqua, nessuno ha avuto bisogno di essere rianimato o trasferito in TIN, mentre nel gruppo di confronto, 2 neonati sono stati rianimati alla nascita e uno di questi è stato trasferito in TIN (parto in acqua 0% vs 6.67% “land birth”). Per quanto concerne l’allattamento, nel gruppo dei parti in acqua si è registrato un tasso più elevato di allattamento esclusivo alla dimissione, senza alcun caso di allattamento artificiale. Conclusioni. Il parto in acqua si è dimostrato essere una modalità di parto sicura, con esiti materni e neonatali simili a quelli del parto “on land”. Tuttavia, ulteriori studi con campioni più ampi sono necessari per confermarne la sicurezza e per valutare ulteriormente i potenziali benefici e rischi per madre e neonato.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/77599