L’idea di poter curare il corpo umano utilizzando farmaci in combinazione con la luce risale a più di cinquemila anni fa, con testimonianze di applicazioni dalle civiltà egizie e indiane. L’approccio moderno della terapia fotodinamica si basa sulla fotochimica e usa la luce per attivare uno specifico agente chimico, chiamato fotosensibilizzatore che in presenza di ossigeno molecolare porta alla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS); in particolare l’ossigeno di singoletto, provocando citotossicità e morte delle cellule tumorali per apoptosi o necrosi. Risulta fondamentale al conseguimento della tecnica la sinergia tra i tre elementi che compongono il trattamento: la sorgente luminosa, il fotosensibilizzatore e l’ossigeno molecolare presente nei tessuti. Fino ad oggi, i farmaci approvati dall’EMA sono limitati a pochi esempi e sono tutti basati su sistemi porfirinici e porfirinoidi. L’ultima generazione di fotosensibilizzatori si basa su approcci che mirano a veicolare selettivamente il farmaco alle cellule tumorali. Attualmente, non ci sono farmaci di terza generazione approvati dall’EMA. In questo contesto è utile capire cosa ha portato al successo i farmaci delle generazioni precedenti, quali la temoporfina (Foscan) e l’acido 5-aminolevulinico (Gliolan) e di quali parametri fotochimici deve tenere conto la ricerca del fotosensibilizzatore ideale.
Molecole fotosensibilizzanti di interesse nella terapia fotodinamica. Funzioni ed efficacia
D'ANGELO, MICHELE
2023/2024
Abstract
L’idea di poter curare il corpo umano utilizzando farmaci in combinazione con la luce risale a più di cinquemila anni fa, con testimonianze di applicazioni dalle civiltà egizie e indiane. L’approccio moderno della terapia fotodinamica si basa sulla fotochimica e usa la luce per attivare uno specifico agente chimico, chiamato fotosensibilizzatore che in presenza di ossigeno molecolare porta alla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS); in particolare l’ossigeno di singoletto, provocando citotossicità e morte delle cellule tumorali per apoptosi o necrosi. Risulta fondamentale al conseguimento della tecnica la sinergia tra i tre elementi che compongono il trattamento: la sorgente luminosa, il fotosensibilizzatore e l’ossigeno molecolare presente nei tessuti. Fino ad oggi, i farmaci approvati dall’EMA sono limitati a pochi esempi e sono tutti basati su sistemi porfirinici e porfirinoidi. L’ultima generazione di fotosensibilizzatori si basa su approcci che mirano a veicolare selettivamente il farmaco alle cellule tumorali. Attualmente, non ci sono farmaci di terza generazione approvati dall’EMA. In questo contesto è utile capire cosa ha portato al successo i farmaci delle generazioni precedenti, quali la temoporfina (Foscan) e l’acido 5-aminolevulinico (Gliolan) e di quali parametri fotochimici deve tenere conto la ricerca del fotosensibilizzatore ideale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/78343