Le tecnologie di manifattura additiva (Additive Manufacturing - AM) sono una delle tecnologie di produzione più innovative che si sono sviluppate negli ultimi anni, in quanto permette di realizzare oggetti tridimensionali, a partire da una loro rappresentazione digitale, aggiungendo materiale per strati successivi. Questa tecnologia produttiva consente di minimizzare la quantità di materiale utilizzato, poiché viene fuso solo quello strettamente necessario per la realizzazione del componente e, grazie alla possibilità di riutilizzare il materiale in eccesso, ne riduce gli sprechi. Inoltre, dato che queste tecnologie consolidano il materiale solamente nelle zone di interesse, si ha una maggiore flessibilità di progettazione, potendo così realizzare componenti di geometria complessa, la possibilità di una elevata personalizzazione dei componenti e la capacità di realizzare strutture complesse, come le strutture lattice, ottenendo così pezzi leggeri ma resistenti. Questi vantaggi hanno permesso a queste tecnologie di trovare applicazione in una vasta gamma di settori, tra cui l’aerospaziale, l’automobilistico e il biomedicale. Sebbene l’Additive Manufacturing offra numerosi vantaggi essa presenta anche una serie di svantaggi e limitazioni legate sia alle attrezzature sia al processo produttivo. Per quanto riguarda il processo additivo, esso porta ad una rugosità superficiale superiore rispetto a quella ottenibile con le tecniche tradizionali, ad elevate tensioni residue dovute ai rilevanti gradienti termici a cui è soggetto il prodotto durante la fabbricazione e alla presenza di difetti interni, quali porosità dovute a gas intrappolati e difetti legati alla non corretta fusione del materiale. La presenza di difetti, dovuti al processo di produzione per strati e la complessità geometrica ottenibile con queste tecnologie causano nel componente stati di tensione multiassiali anche nel caso in cui esso sia soggetto ad una sollecitazione esterna monoassiale. Bisogna inoltre considerare che la maggior parte dei componenti meccanici, realizzati con tecniche sia tradizionali sia additive, sono sottoposti a complessi carichi multiassiali. Dalle premesse appena fatte è facilmente intuibile l’importanza dello studio della fatica di componenti meccanici sottoposti a sollecitazioni multiassiali, poiché essi permettono di prevedere la resistenza a fatica ad alto numero di cicli e la durata delle strutture in condizioni di carico realistiche permettendo così una progettazione affidabile e sicura. In questo contesto l’obiettivo del lavoro di tesi è la validazione sperimentale di un approccio locale basato sulla densità di energia di deformazione mediata (noto come averaged Strain Energy Density - SED) in un volume strutturale per la stima del limite di fatica in condizioni di carico multiassiali (modo I + III) di provini indeboliti da intagli acuti prodotti mediante AM. Più in dettaglio, i provini in esame sono stati trattati termicamente per rimuovere le tensione residue dovute al processo di produzione e, durante la campagna sperimentale, sono state analizzate due geometrie di provini, con angolo di apertura di 90° e 135° rispettivamente, sollecitati a trazione pura, torsione pura e sollecitazione multiassiale con carichi remoti in fase e fuori fase in condizioni superficiali as-built.
Validazione di un approccio locale basato sull’energia di deformazione per la stima del limite a fatica in condizioni di carico multiassiali di provini in Ti6Al4V indeboliti da intagli acuti prodotti mediante manifattura additiva
SEVERIN, GIACOMO
2023/2024
Abstract
Le tecnologie di manifattura additiva (Additive Manufacturing - AM) sono una delle tecnologie di produzione più innovative che si sono sviluppate negli ultimi anni, in quanto permette di realizzare oggetti tridimensionali, a partire da una loro rappresentazione digitale, aggiungendo materiale per strati successivi. Questa tecnologia produttiva consente di minimizzare la quantità di materiale utilizzato, poiché viene fuso solo quello strettamente necessario per la realizzazione del componente e, grazie alla possibilità di riutilizzare il materiale in eccesso, ne riduce gli sprechi. Inoltre, dato che queste tecnologie consolidano il materiale solamente nelle zone di interesse, si ha una maggiore flessibilità di progettazione, potendo così realizzare componenti di geometria complessa, la possibilità di una elevata personalizzazione dei componenti e la capacità di realizzare strutture complesse, come le strutture lattice, ottenendo così pezzi leggeri ma resistenti. Questi vantaggi hanno permesso a queste tecnologie di trovare applicazione in una vasta gamma di settori, tra cui l’aerospaziale, l’automobilistico e il biomedicale. Sebbene l’Additive Manufacturing offra numerosi vantaggi essa presenta anche una serie di svantaggi e limitazioni legate sia alle attrezzature sia al processo produttivo. Per quanto riguarda il processo additivo, esso porta ad una rugosità superficiale superiore rispetto a quella ottenibile con le tecniche tradizionali, ad elevate tensioni residue dovute ai rilevanti gradienti termici a cui è soggetto il prodotto durante la fabbricazione e alla presenza di difetti interni, quali porosità dovute a gas intrappolati e difetti legati alla non corretta fusione del materiale. La presenza di difetti, dovuti al processo di produzione per strati e la complessità geometrica ottenibile con queste tecnologie causano nel componente stati di tensione multiassiali anche nel caso in cui esso sia soggetto ad una sollecitazione esterna monoassiale. Bisogna inoltre considerare che la maggior parte dei componenti meccanici, realizzati con tecniche sia tradizionali sia additive, sono sottoposti a complessi carichi multiassiali. Dalle premesse appena fatte è facilmente intuibile l’importanza dello studio della fatica di componenti meccanici sottoposti a sollecitazioni multiassiali, poiché essi permettono di prevedere la resistenza a fatica ad alto numero di cicli e la durata delle strutture in condizioni di carico realistiche permettendo così una progettazione affidabile e sicura. In questo contesto l’obiettivo del lavoro di tesi è la validazione sperimentale di un approccio locale basato sulla densità di energia di deformazione mediata (noto come averaged Strain Energy Density - SED) in un volume strutturale per la stima del limite di fatica in condizioni di carico multiassiali (modo I + III) di provini indeboliti da intagli acuti prodotti mediante AM. Più in dettaglio, i provini in esame sono stati trattati termicamente per rimuovere le tensione residue dovute al processo di produzione e, durante la campagna sperimentale, sono state analizzate due geometrie di provini, con angolo di apertura di 90° e 135° rispettivamente, sollecitati a trazione pura, torsione pura e sollecitazione multiassiale con carichi remoti in fase e fuori fase in condizioni superficiali as-built.File | Dimensione | Formato | |
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