Nel nostro ordinamento, laddove si verifichi un infortunio sul lavoro, si tende ritenere responsabile il datore di lavoro, anche laddove l’evento stesso non sia direttamente imputabile al suo agire, bensì in virtù della posizione di garanzia ricoperta da quest’ultimo in azienda. Considerando però l’attuale impostazione del sistema della sicurezza, ci si chiede se non possa invece esistere lo spazio per il riconoscimento della colpa e della corrispondente responsabilità del lavoratore, e soprattutto se la stessa non possa escludere o quantomeno limitare quella datoriale. A tale scopo si inizia con l’analisi della posizione obbligatoria del dipendente così come delineata nella legge n. 80/1898, fino all’avvento del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro del 2008 (T.U.), osservando come già in passato era possibile riscontare la presenza di una primigenia forma di responsabilità del lavoratore. Si procede poi con lo studio specifico dell’articolo 20 del T.U. citato in qualità di norma su cui si fonda l’intero impianto di riconoscimento della colpa del lavoratore, in particolare attraverso la lettura de “Il nuovo testo unico della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" a cura di M. Tiraboschi e L. Fantini (Giuffrè editore). Avvalendosi poi del supporto offerto dall’opera “Sicurezza e obblighi del lavoratore” di M. Corrias (Giappichelli Editore, 2008) nonché delle sentenze pronunciate negli anni dalla Corte di Cassazione civile e penale, si osserva come l’articolo 20 T.U. non solo si propone come fonte dell’obbligo di sicurezza del lavoratore e delle relative condizioni di operatività, ma risulta anche essere la base da cui derivano tanto la responsabilità civile, quanto quella penale del lavoratore. In tal senso, si procede all’analisi due teorie dottrinali predominanti in materia proprio di responsabilità civile, individuando poi le forme che la stessa può assumere (quali l’inadempimento contrattuale e la responsabilità disciplinare) e i relativi rimedi che il datore di lavoro può attuare. Infine, si conclude con l’esame della responsabilità penale, partendo anche qui prima dall’analisi della sua ratio e proseguendo poi con lo studio specifico delle due fattispecie principali quali il rischio elettivo e il concorso di colpa.
Ridefinizione della responsabilità del dipendente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
BAROCELLI, ELENA
2023/2024
Abstract
Nel nostro ordinamento, laddove si verifichi un infortunio sul lavoro, si tende ritenere responsabile il datore di lavoro, anche laddove l’evento stesso non sia direttamente imputabile al suo agire, bensì in virtù della posizione di garanzia ricoperta da quest’ultimo in azienda. Considerando però l’attuale impostazione del sistema della sicurezza, ci si chiede se non possa invece esistere lo spazio per il riconoscimento della colpa e della corrispondente responsabilità del lavoratore, e soprattutto se la stessa non possa escludere o quantomeno limitare quella datoriale. A tale scopo si inizia con l’analisi della posizione obbligatoria del dipendente così come delineata nella legge n. 80/1898, fino all’avvento del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro del 2008 (T.U.), osservando come già in passato era possibile riscontare la presenza di una primigenia forma di responsabilità del lavoratore. Si procede poi con lo studio specifico dell’articolo 20 del T.U. citato in qualità di norma su cui si fonda l’intero impianto di riconoscimento della colpa del lavoratore, in particolare attraverso la lettura de “Il nuovo testo unico della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" a cura di M. Tiraboschi e L. Fantini (Giuffrè editore). Avvalendosi poi del supporto offerto dall’opera “Sicurezza e obblighi del lavoratore” di M. Corrias (Giappichelli Editore, 2008) nonché delle sentenze pronunciate negli anni dalla Corte di Cassazione civile e penale, si osserva come l’articolo 20 T.U. non solo si propone come fonte dell’obbligo di sicurezza del lavoratore e delle relative condizioni di operatività, ma risulta anche essere la base da cui derivano tanto la responsabilità civile, quanto quella penale del lavoratore. In tal senso, si procede all’analisi due teorie dottrinali predominanti in materia proprio di responsabilità civile, individuando poi le forme che la stessa può assumere (quali l’inadempimento contrattuale e la responsabilità disciplinare) e i relativi rimedi che il datore di lavoro può attuare. Infine, si conclude con l’esame della responsabilità penale, partendo anche qui prima dall’analisi della sua ratio e proseguendo poi con lo studio specifico delle due fattispecie principali quali il rischio elettivo e il concorso di colpa.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/79921