La pratica del sovescio rappresenta uno dei temi centrali nel dibattito sull’agricoltura biologica, per i benefici che può offrire, ma anche per i limiti legati ai costi e alle competenze richieste per la sua applicazione. Questo studio si propone di confrontare i punti di forza e le debolezze del sovescio rispetto all’utilizzo del telo di plastica oscurante, con particolare attenzione a fattori difficilmente quantificabili come l’incremento della biodiversità, il miglioramento della fertilità del suolo, il sequestro di anidride carbonica e i valori paesaggistici e culturali. La sperimentazione è stata condotta presso l’azienda agricola “L’orto che non c’è”, situata nella zona preappenninica della provincia di Reggio Emilia. Sono stati messi a confronto un terreno coperto con telo oscurante, una parcella seminata a grano saraceno e una con un mix di sovescio estivo composto da grano saraceno, senape, rafano e trifoglio alessandrino. I dati raccolti si basano su osservazioni di diverso tipo: test della vanga, test della stabilità degli aggregati, rilevazioni fenologiche settimanali, pesature delle orticole autunnali, analisi di tempi e costi, calcolo del sequestro di carbonio e della fissazione dell’azoto, osservazioni visive degli effetti sul paesaggio e sulla biodiversità. Sulla base di questi risultati, lo studio propone alcune riflessioni sul ruolo cruciale dei servizi ecosistemici nella valutazione dell’efficacia e della sostenibilità delle pratiche agricole.
L’utilizzo del sovescio nelle coltivazioni orticole biologiche: un caso di studio nell’ Appennino reggiano
BONACINI, MARIA CARLOTTA
2024/2025
Abstract
La pratica del sovescio rappresenta uno dei temi centrali nel dibattito sull’agricoltura biologica, per i benefici che può offrire, ma anche per i limiti legati ai costi e alle competenze richieste per la sua applicazione. Questo studio si propone di confrontare i punti di forza e le debolezze del sovescio rispetto all’utilizzo del telo di plastica oscurante, con particolare attenzione a fattori difficilmente quantificabili come l’incremento della biodiversità, il miglioramento della fertilità del suolo, il sequestro di anidride carbonica e i valori paesaggistici e culturali. La sperimentazione è stata condotta presso l’azienda agricola “L’orto che non c’è”, situata nella zona preappenninica della provincia di Reggio Emilia. Sono stati messi a confronto un terreno coperto con telo oscurante, una parcella seminata a grano saraceno e una con un mix di sovescio estivo composto da grano saraceno, senape, rafano e trifoglio alessandrino. I dati raccolti si basano su osservazioni di diverso tipo: test della vanga, test della stabilità degli aggregati, rilevazioni fenologiche settimanali, pesature delle orticole autunnali, analisi di tempi e costi, calcolo del sequestro di carbonio e della fissazione dell’azoto, osservazioni visive degli effetti sul paesaggio e sulla biodiversità. Sulla base di questi risultati, lo studio propone alcune riflessioni sul ruolo cruciale dei servizi ecosistemici nella valutazione dell’efficacia e della sostenibilità delle pratiche agricole.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/81974