Il presente elaborato analizza il diritto premiale in diversi ambiti del diritto penale. L’adozione di strumenti premiali ha progressivamente modificato la struttura classica del diritto penale, tradizionalmente basata sul binomio reato – pena, ampliando i confini della non punibilità e ridefinendo il rapporto tra prevenzione e repressione. La risposta dell’ordinamento dinanzi alla commissione di reati si allontana sempre di più da una logica strettamente punitiva qualora il soggetto: desista dalla commissione di atti illeciti, receda tramite l’impedimento dell’evento, si adoperi per elidere o attenuare le conseguenze dannose del reato, ovvero si ravveda susseguentemente alla commissione del fatto mediante condotte riparatorie o collaborative. Le misure premiali fondano le loro radici nell’esperienza giuridica romana, nonostante in quest’epoca il “premio” fosse utilizzato in una diversa accezione. Solo in un secondo momento la premialità venne regolamentata e vennero attribuite delle ricompense agli indices che collaborassero con la giustizia. Durante l’evoluzione dello Stato moderno, importanti filosofi, quali Thomas Hobbes e Robert Cumberland posero le basi per la comprensione della premialità moderna, trattando nei loro scritti le diverse forme di ricompensa. Il tema venne trattato anche da Cesare Beccaria, nella sua celebre opera “Dei delitti e delle pene” al capitolo XLIV intitolato “Ricompense”. Con l’evoluzione del codice penale, il diritto premiale si è consolidato in istituti specifici come la desistenza volontaria e il recesso attivo (art. 56 co. 3 e 4 c.p.); la riparazione del danno mediante risarcimento e, ove possibile, restituzioni, l’adoperarsi per l’elisione o l’attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero la partecipazione a un programma di giustizia riparativa (ai sensi dell’articolo 62. n.6 c.p. e mediante la previsione dell’estinzione del reato per condotte riparatorie di cui all’art. 162 ter). Inoltre, ad avere assunto un ruolo di centrale importanza è il ravvedimento processuale, oggetto di istituti quali la dissociazione e la collaborazione con la giustizia. Il terzo capitolo esamina la diffusione dei meccanismi premiali. Le misure premiali hanno avuto un ruolo cruciale nella legislazione emergenziale adottata per contrastare fenomeni di elevato allarme sociale, come i sequestri di persona, il terrorismo e la criminalità organizzata, estendendosi poi ai reati tributari, economici, ambientali e corruttivi. Il quarto capitolo pone degli interrogativi. Ci si chiede: la previsione di un premio è in contrasto con i principi fondamentali del diritto penale? Qual è la giustificazione che legittima la scelta del legislatore di prevedere meccanismi premiali anche per fatti di particolare gravità, astrattamente puniti con pene severe? Quale impatto ha, sulla consapevolezza del consociato, la possibilità di beneficiare di una riduzione della pena o persino dell’esclusione della stessa? E ancora, una sanzione mitigabile o persino elidibile in virtù di condotte virtuose post factum è effettivamente idonea a dissuadere il reo dal commettere nuovi illeciti in futuro? Successivamente si analizza l'impatto degli istituti premiali sulla dinamica processuale, evidenziando come abbiano modificato il tradizionale modello di accertamento della responsabilità penale. In conclusione, l’elaborato offre una prospettiva comparata, esaminando il trattamento del ravvedimento post factum nel diritto penale tedesco, l’uso degli strumenti di compliance negli ordinamenti statunitense e britannico e il modello brasiliano di contrasto alla corruzione, ispirato all’esperienza italiana.
Il volto premiale del diritto penale. Dalla criminalità organizzata ai reati economici, fiscali e ambientali.
BULGARINI NOMI, ELEONORA
2024/2025
Abstract
Il presente elaborato analizza il diritto premiale in diversi ambiti del diritto penale. L’adozione di strumenti premiali ha progressivamente modificato la struttura classica del diritto penale, tradizionalmente basata sul binomio reato – pena, ampliando i confini della non punibilità e ridefinendo il rapporto tra prevenzione e repressione. La risposta dell’ordinamento dinanzi alla commissione di reati si allontana sempre di più da una logica strettamente punitiva qualora il soggetto: desista dalla commissione di atti illeciti, receda tramite l’impedimento dell’evento, si adoperi per elidere o attenuare le conseguenze dannose del reato, ovvero si ravveda susseguentemente alla commissione del fatto mediante condotte riparatorie o collaborative. Le misure premiali fondano le loro radici nell’esperienza giuridica romana, nonostante in quest’epoca il “premio” fosse utilizzato in una diversa accezione. Solo in un secondo momento la premialità venne regolamentata e vennero attribuite delle ricompense agli indices che collaborassero con la giustizia. Durante l’evoluzione dello Stato moderno, importanti filosofi, quali Thomas Hobbes e Robert Cumberland posero le basi per la comprensione della premialità moderna, trattando nei loro scritti le diverse forme di ricompensa. Il tema venne trattato anche da Cesare Beccaria, nella sua celebre opera “Dei delitti e delle pene” al capitolo XLIV intitolato “Ricompense”. Con l’evoluzione del codice penale, il diritto premiale si è consolidato in istituti specifici come la desistenza volontaria e il recesso attivo (art. 56 co. 3 e 4 c.p.); la riparazione del danno mediante risarcimento e, ove possibile, restituzioni, l’adoperarsi per l’elisione o l’attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero la partecipazione a un programma di giustizia riparativa (ai sensi dell’articolo 62. n.6 c.p. e mediante la previsione dell’estinzione del reato per condotte riparatorie di cui all’art. 162 ter). Inoltre, ad avere assunto un ruolo di centrale importanza è il ravvedimento processuale, oggetto di istituti quali la dissociazione e la collaborazione con la giustizia. Il terzo capitolo esamina la diffusione dei meccanismi premiali. Le misure premiali hanno avuto un ruolo cruciale nella legislazione emergenziale adottata per contrastare fenomeni di elevato allarme sociale, come i sequestri di persona, il terrorismo e la criminalità organizzata, estendendosi poi ai reati tributari, economici, ambientali e corruttivi. Il quarto capitolo pone degli interrogativi. Ci si chiede: la previsione di un premio è in contrasto con i principi fondamentali del diritto penale? Qual è la giustificazione che legittima la scelta del legislatore di prevedere meccanismi premiali anche per fatti di particolare gravità, astrattamente puniti con pene severe? Quale impatto ha, sulla consapevolezza del consociato, la possibilità di beneficiare di una riduzione della pena o persino dell’esclusione della stessa? E ancora, una sanzione mitigabile o persino elidibile in virtù di condotte virtuose post factum è effettivamente idonea a dissuadere il reo dal commettere nuovi illeciti in futuro? Successivamente si analizza l'impatto degli istituti premiali sulla dinamica processuale, evidenziando come abbiano modificato il tradizionale modello di accertamento della responsabilità penale. In conclusione, l’elaborato offre una prospettiva comparata, esaminando il trattamento del ravvedimento post factum nel diritto penale tedesco, l’uso degli strumenti di compliance negli ordinamenti statunitense e britannico e il modello brasiliano di contrasto alla corruzione, ispirato all’esperienza italiana.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/83014