La possibilità di comprendere, monitorare e interagire con il cervello umano, resa possibile dai progressi nelle neuroscienze e nella neuroingegneria, apre prospettive straordinarie, ma al contempo pone anche questioni etiche e giuridiche di grande complessità. Negli ultimi decenni, le neurotecnologie hanno conosciuto uno sviluppo incessante, imponendo una riflessione sulla portata del loro impatto e sulla necessità di circoscriverne gli utilizzi per prevenire possibili abusi e garantire la salvaguardia della mente umana, soprattutto nelle loro applicazioni in contesti extra-clinici. Nel 2017, Roberto Adorno e Marcello Ienca hanno introdotto il concetto di "neurodiritti", definendoli come una nuova categoria di diritti umani legati alla sfera mentale e neurocognitiva. Tra questi, si distinguono: la libertà cognitiva, la privacy mentale, l’integrità mentale e la continuità psicologica. Successivamente, nel 2019, la Neurorights Foundation guidata da Rafael Yuste ha aggiunto un quinto diritto: la protezione dai pregiudizi algoritmici. Il dibattito su questi temi si è sviluppato su più livelli – etico, filosofico e giuridico – e si articola principalmente attorno a due posizioni: da un lato, chi considera i neurodiritti un’estensione di diritti umani già esistenti, dall’altro chi li vede come diritti completamente nuovi. Una visione pragmatica cerca invece di mediare tra queste posizioni, valutando se e in quale misura sia necessario introdurre nuovi diritti per rispondere alle sfide poste dalle neurotecnologie. Un ruolo cruciale deve essere rivestito dagli Stati, chiamati a regolamentare queste tecnologie, al fine di garantire una protezione efficace della sfera neurologica dell’essere umano e preservare la centralità della persona. In questo contesto, la sfida principale è trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica e salvaguardia dei diritti fondamentali, garantendo che il progresso rimanga un mezzo per promuovere il benessere e l’autodeterminazione dell’uomo. L’obiettivo ultimo deve essere quello di assicurare che il progresso tecnologico sia al servizio dell’umanità e non viceversa, in linea con i principi sanciti dalle Carte fondamentali, che pongono la persona umana al centro dell’ordinamento giuridico.
Proteggere la mente umana: i neurodiritti come frontiera giuridica nell’era delle neurotecnologie
BELLON, LUCIA
2024/2025
Abstract
La possibilità di comprendere, monitorare e interagire con il cervello umano, resa possibile dai progressi nelle neuroscienze e nella neuroingegneria, apre prospettive straordinarie, ma al contempo pone anche questioni etiche e giuridiche di grande complessità. Negli ultimi decenni, le neurotecnologie hanno conosciuto uno sviluppo incessante, imponendo una riflessione sulla portata del loro impatto e sulla necessità di circoscriverne gli utilizzi per prevenire possibili abusi e garantire la salvaguardia della mente umana, soprattutto nelle loro applicazioni in contesti extra-clinici. Nel 2017, Roberto Adorno e Marcello Ienca hanno introdotto il concetto di "neurodiritti", definendoli come una nuova categoria di diritti umani legati alla sfera mentale e neurocognitiva. Tra questi, si distinguono: la libertà cognitiva, la privacy mentale, l’integrità mentale e la continuità psicologica. Successivamente, nel 2019, la Neurorights Foundation guidata da Rafael Yuste ha aggiunto un quinto diritto: la protezione dai pregiudizi algoritmici. Il dibattito su questi temi si è sviluppato su più livelli – etico, filosofico e giuridico – e si articola principalmente attorno a due posizioni: da un lato, chi considera i neurodiritti un’estensione di diritti umani già esistenti, dall’altro chi li vede come diritti completamente nuovi. Una visione pragmatica cerca invece di mediare tra queste posizioni, valutando se e in quale misura sia necessario introdurre nuovi diritti per rispondere alle sfide poste dalle neurotecnologie. Un ruolo cruciale deve essere rivestito dagli Stati, chiamati a regolamentare queste tecnologie, al fine di garantire una protezione efficace della sfera neurologica dell’essere umano e preservare la centralità della persona. In questo contesto, la sfida principale è trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica e salvaguardia dei diritti fondamentali, garantendo che il progresso rimanga un mezzo per promuovere il benessere e l’autodeterminazione dell’uomo. L’obiettivo ultimo deve essere quello di assicurare che il progresso tecnologico sia al servizio dell’umanità e non viceversa, in linea con i principi sanciti dalle Carte fondamentali, che pongono la persona umana al centro dell’ordinamento giuridico.File | Dimensione | Formato | |
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