Il presente lavoro di tesi si propone di indagare il rapporto tra esilio e identità nel pensiero di Hannah Arendt, una delle figure più significative della corrente filosofico-politica del Novecento. Al centro dell’analisi si colloca la stretta correlazione tra l’esperienza biografica della perdita della patria e la riflessione sulla condizione politica dell’esistenza, che determina e mette in discussione l’identità del singolo individuo. L’identità, infatti, non è per Arendt un dato statico, bensì un processo dinamico che si costruisce tramite il linguaggio e il dialogo con l’altro. L’esilio diventa il punto di partenza fondamentale per interrogare alcuni concetti chiave della filosofia politica moderna quali esclusione e cosmopolitismo, sradicamento ed appartenenza, apolidia e cittadinanza, diritti politici e diritti umani. La fuga dalla Germania nazista, la condizione di rifugiata e l’esperienza di una vita trascorsa tra diverse patrie rappresentano la chiave interpretativa privilegiata per comprendere molte delle riflessioni e delle opere di Arendt. La scelta di affrontare questo tema nasce da una duplice motivazione. Da un lato, un profondo interesse per il pensiero arendtiano, maturato durante il mio percorso di studi, in quanto si intreccia con diverse aree disciplinari: le Scienze Politiche per l’analisi di istituzioni e leggi che regolano i fenomeni migratori e la cittadinanza; le Relazioni Internazionali per il confronto con conflitti e crisi derivanti dalla mobilità forzata e dal dislocamento umano; e infine i Diritti Umani per la tutela degli individui in quanto titolari di diritti universali per loro natura. Dall’altro lato, un’esigenza personale: quella di esplorare il contesto attuale fortemente fratturato da nuove forme di identità, di esistenza e di appartenenza. Scegliere questo tema ha rappresentato per me un tentativo di trovare uno spazio di comprensione tra teoria e vissuto, tra riflessione filosofica e testimonianza biografica, per comprendere con sguardo critico ma consapevole le tensioni e le trasformazioni dell’identità nell’epoca contemporanea. Obiettivo di questa ricerca è dimostrare come l’esperienza dell’esilio non debba esser interpretata esclusivamente come una condizione di marginalità, perdita o esclusione sociale e politica, bensì come possa offrire una prospettiva di rielaborazione del concetto di identità in un senso più ampio. Attraverso l’analisi del pensiero di Arendt, la tesi intende evidenziare il passaggio da un esilio stazionario e radicato a livello nazionale ed etnico, ad un esilio dinamico, aperto, relazionale e dialogico in quanto si costruisce nell’incontro e nella pluralità. L’intento è quello di restituire all’esilio il suo potenziale critico per ripensare, in termini più inclusivi ma universali, le strutture della cittadinanza, dei diritti umani e della condizione umana stessa.
Esilio e ricostruzione dell'identità in Hannah Arendt: tra alienazione, appartenenza e diritto ad avere diritti
LORENZATO, ANNACHIARA
2024/2025
Abstract
Il presente lavoro di tesi si propone di indagare il rapporto tra esilio e identità nel pensiero di Hannah Arendt, una delle figure più significative della corrente filosofico-politica del Novecento. Al centro dell’analisi si colloca la stretta correlazione tra l’esperienza biografica della perdita della patria e la riflessione sulla condizione politica dell’esistenza, che determina e mette in discussione l’identità del singolo individuo. L’identità, infatti, non è per Arendt un dato statico, bensì un processo dinamico che si costruisce tramite il linguaggio e il dialogo con l’altro. L’esilio diventa il punto di partenza fondamentale per interrogare alcuni concetti chiave della filosofia politica moderna quali esclusione e cosmopolitismo, sradicamento ed appartenenza, apolidia e cittadinanza, diritti politici e diritti umani. La fuga dalla Germania nazista, la condizione di rifugiata e l’esperienza di una vita trascorsa tra diverse patrie rappresentano la chiave interpretativa privilegiata per comprendere molte delle riflessioni e delle opere di Arendt. La scelta di affrontare questo tema nasce da una duplice motivazione. Da un lato, un profondo interesse per il pensiero arendtiano, maturato durante il mio percorso di studi, in quanto si intreccia con diverse aree disciplinari: le Scienze Politiche per l’analisi di istituzioni e leggi che regolano i fenomeni migratori e la cittadinanza; le Relazioni Internazionali per il confronto con conflitti e crisi derivanti dalla mobilità forzata e dal dislocamento umano; e infine i Diritti Umani per la tutela degli individui in quanto titolari di diritti universali per loro natura. Dall’altro lato, un’esigenza personale: quella di esplorare il contesto attuale fortemente fratturato da nuove forme di identità, di esistenza e di appartenenza. Scegliere questo tema ha rappresentato per me un tentativo di trovare uno spazio di comprensione tra teoria e vissuto, tra riflessione filosofica e testimonianza biografica, per comprendere con sguardo critico ma consapevole le tensioni e le trasformazioni dell’identità nell’epoca contemporanea. Obiettivo di questa ricerca è dimostrare come l’esperienza dell’esilio non debba esser interpretata esclusivamente come una condizione di marginalità, perdita o esclusione sociale e politica, bensì come possa offrire una prospettiva di rielaborazione del concetto di identità in un senso più ampio. Attraverso l’analisi del pensiero di Arendt, la tesi intende evidenziare il passaggio da un esilio stazionario e radicato a livello nazionale ed etnico, ad un esilio dinamico, aperto, relazionale e dialogico in quanto si costruisce nell’incontro e nella pluralità. L’intento è quello di restituire all’esilio il suo potenziale critico per ripensare, in termini più inclusivi ma universali, le strutture della cittadinanza, dei diritti umani e della condizione umana stessa.| File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/87460