Le sostanze per- e polifluoroalchiliche, altresì dette PFAS, sono composti costituiti da catene alifatiche fluorurate, i cui legami conferiscono grande stabilità chimica e termica. Per tale motivo sono ampiamente utilizzate in ambito industriale, tuttavia il loro rilascio nell’ambiente e l’elevata persistenza nelle matrici ambientali comportano una seria minaccia per gli ecosistemi. Negli ultimi anni sono state introdotte nel mercato nuove specie di PFAS a rappresentare un’alternativa più sicura a sostanze come PFOA e PFOS, come GenX, che ha una catena fluorurata corta, con minore tendenza al bioaccumulo rispetto ad altri PFAS. Tuttavia, da alcuni studi è emersa una potenziale tossicità, determinata anche dalla produzione di ROS, che aumentano il rischio di stress ossidativo. Per contrastare le ROS gli organismi dispongono un sistema antiossidante che comprende sia piccole molecole non enzimatiche, sia enzimi, quali la SOD, la CAT e la GPx. Le analisi effettuate mirano a comprendere le risposte enzimatiche innescate dall’inquinamento di GenX. L’organismo target scelto è Procambarus clarkii, un crostaceo invasivo di acqua dolce, con elevata resistenza e distribuzione ubiquitaria. I gamberi sono stati divisi in quattro vasche ed esposti a tre dosi diverse di inquinante (0,5 µg/L, 1,0 µg/L e 10,0 µg/L) per 28 giorni. Sono stati valutati gli effetti tramite saggi biochimici sull’epatopancreas, organo atto all’assorbimento di nutrienti e propenso al bioaccumulo di sostanze tossiche. Dalle analisi effettuate è emerso che GenX ha una correlazione con le risposte antiossidanti, tuttavia non sono proporzionali alla dose. Vi è un decremento generale dell’attività enzimatica in quasi tutti gli enzimi, tranne nel caso della CAT, che non ha evidenziato differenze statisticamente significative rispetto al controllo. L’incremento dell’attività enzimatica avviene solo alla dose 0,5 µg/L per la Se-GPx. È possibile formulare due ipotesi: le dosi somministrate non sono sufficienti a generare stress ossidativo; oppure oltre 0,5 µg/L la dose è tale da danneggiare gli enzimi. Queste ipotesi devono essere verificate tramite ulteriori analisi sul danno cellulare. Non essendoci altri studi sull’effetto di GenX su P. clarkii, questo può essere un punto di partenza per future analisi.
Valutazione delle risposte antiossidanti nella specie invasiva Procambarus clarkii esposto sperimentalmente a diverse dosi dell’inquinante emergente Gen-X
MANNI, DILETTA
2024/2025
Abstract
Le sostanze per- e polifluoroalchiliche, altresì dette PFAS, sono composti costituiti da catene alifatiche fluorurate, i cui legami conferiscono grande stabilità chimica e termica. Per tale motivo sono ampiamente utilizzate in ambito industriale, tuttavia il loro rilascio nell’ambiente e l’elevata persistenza nelle matrici ambientali comportano una seria minaccia per gli ecosistemi. Negli ultimi anni sono state introdotte nel mercato nuove specie di PFAS a rappresentare un’alternativa più sicura a sostanze come PFOA e PFOS, come GenX, che ha una catena fluorurata corta, con minore tendenza al bioaccumulo rispetto ad altri PFAS. Tuttavia, da alcuni studi è emersa una potenziale tossicità, determinata anche dalla produzione di ROS, che aumentano il rischio di stress ossidativo. Per contrastare le ROS gli organismi dispongono un sistema antiossidante che comprende sia piccole molecole non enzimatiche, sia enzimi, quali la SOD, la CAT e la GPx. Le analisi effettuate mirano a comprendere le risposte enzimatiche innescate dall’inquinamento di GenX. L’organismo target scelto è Procambarus clarkii, un crostaceo invasivo di acqua dolce, con elevata resistenza e distribuzione ubiquitaria. I gamberi sono stati divisi in quattro vasche ed esposti a tre dosi diverse di inquinante (0,5 µg/L, 1,0 µg/L e 10,0 µg/L) per 28 giorni. Sono stati valutati gli effetti tramite saggi biochimici sull’epatopancreas, organo atto all’assorbimento di nutrienti e propenso al bioaccumulo di sostanze tossiche. Dalle analisi effettuate è emerso che GenX ha una correlazione con le risposte antiossidanti, tuttavia non sono proporzionali alla dose. Vi è un decremento generale dell’attività enzimatica in quasi tutti gli enzimi, tranne nel caso della CAT, che non ha evidenziato differenze statisticamente significative rispetto al controllo. L’incremento dell’attività enzimatica avviene solo alla dose 0,5 µg/L per la Se-GPx. È possibile formulare due ipotesi: le dosi somministrate non sono sufficienti a generare stress ossidativo; oppure oltre 0,5 µg/L la dose è tale da danneggiare gli enzimi. Queste ipotesi devono essere verificate tramite ulteriori analisi sul danno cellulare. Non essendoci altri studi sull’effetto di GenX su P. clarkii, questo può essere un punto di partenza per future analisi.| File | Dimensione | Formato | |
|---|---|---|---|
|
Manni_Diletta.pdf
accesso aperto
Dimensione
1.71 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.71 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License
https://hdl.handle.net/20.500.12608/91541