La caccia alle streghe è stata a lungo interpretata attraverso lenti storiografiche che ne hanno sottolineato la dimensione religiosa, sociale o economica. Questo lavoro, sul solco delle elaborazioni di Federica Merenda, si propone di affrontare il fenomeno da una prospettiva diversa, sostenendo che la persecuzione delle donne accusate di stregoneria non fu solo un atto di violenza fisica e sociale, ma anche una forma sistematica e strutturale di ingiustizia epistemica, un torto perpetrato contro di loro specificamente nella loro capacità di soggetti di conoscenza. Utilizzando come quadro teorico principale il lavoro di Miranda Fricker, questa tesi argomenterà che la figura della “strega” fu costruita attraverso un duplice processo di ingiustizia epistemica: un'ingiustizia testimoniale, che negò sistematicamente credibilità alla parola delle donne, e un'ingiustizia ermeneutica, che riguardò la mancanza di risorse collettive di significato che potessero dare senso al loro sapere e alla loro esperienza del mondo. Il primo capitolo sarà dedicato alla trattazione di questa duplice ingiustizia. Dopo aver introdotto i concetti fondamentali della teoria di Fricker, si analizzerà il contesto storico-politico della caccia alle streghe (secondo le interpretazioni di Silvia Federici, Brian P. Levack e Silvia Bovenschen) e successivamente, attraverso l'analisi delle testimonianze processuali riportate da Luisa Muraro, si mostrerà concretamente come l'ingiustizia testimoniale operasse nelle aule di tribunale, trasformando le accusate in testimoni inattendibili. Infine, si argomenterà che questa prima forma di violenza poggiava su un'ingiustizia ancora più profonda: l'espropriazione del significato, o ingiustizia ermeneutica, che criminalizzò il sapere medico e popolare femminile, creando una lacuna di significato. Il secondo capitolo sposterà l'analisi al piano della riparazione e della riappropriazione. Il primo paragrafo, seguendo l’analisi di Federica Merenda, esplorerà alcune possibili vie di riparazione e trasformazione del torto epistemico subito, analizzando il metodo storiografico di Muraro come una forma di narrazione estrema, collegandolo al diritto a essere conosciuti formulato da Jennifer Lackey. Il secondo e ultimo paragrafo affronterà la successiva trasformazione della strega in un simbolo politico femminista. Attraverso le analisi critiche di Justyna Sempruch e Silvia Bovenschen, si esaminerà la riappropriazione della figura della strega da parte dei movimenti femministi della seconda ondata, analizzandone sia la potenza politica sia i rischi che una nuova idealizzazione della figura della strega potrebbe comportare. Si argomenterà che la forza del simbolo risiede non in una purezza mitizzata, ma nella sua feconda e irrisolta ambivalenza.

Il corpo delle donne: streghe e sapere. Un’analisi filosofica dell’ingiustizia epistemica

ZANETTI, LAURA
2024/2025

Abstract

La caccia alle streghe è stata a lungo interpretata attraverso lenti storiografiche che ne hanno sottolineato la dimensione religiosa, sociale o economica. Questo lavoro, sul solco delle elaborazioni di Federica Merenda, si propone di affrontare il fenomeno da una prospettiva diversa, sostenendo che la persecuzione delle donne accusate di stregoneria non fu solo un atto di violenza fisica e sociale, ma anche una forma sistematica e strutturale di ingiustizia epistemica, un torto perpetrato contro di loro specificamente nella loro capacità di soggetti di conoscenza. Utilizzando come quadro teorico principale il lavoro di Miranda Fricker, questa tesi argomenterà che la figura della “strega” fu costruita attraverso un duplice processo di ingiustizia epistemica: un'ingiustizia testimoniale, che negò sistematicamente credibilità alla parola delle donne, e un'ingiustizia ermeneutica, che riguardò la mancanza di risorse collettive di significato che potessero dare senso al loro sapere e alla loro esperienza del mondo. Il primo capitolo sarà dedicato alla trattazione di questa duplice ingiustizia. Dopo aver introdotto i concetti fondamentali della teoria di Fricker, si analizzerà il contesto storico-politico della caccia alle streghe (secondo le interpretazioni di Silvia Federici, Brian P. Levack e Silvia Bovenschen) e successivamente, attraverso l'analisi delle testimonianze processuali riportate da Luisa Muraro, si mostrerà concretamente come l'ingiustizia testimoniale operasse nelle aule di tribunale, trasformando le accusate in testimoni inattendibili. Infine, si argomenterà che questa prima forma di violenza poggiava su un'ingiustizia ancora più profonda: l'espropriazione del significato, o ingiustizia ermeneutica, che criminalizzò il sapere medico e popolare femminile, creando una lacuna di significato. Il secondo capitolo sposterà l'analisi al piano della riparazione e della riappropriazione. Il primo paragrafo, seguendo l’analisi di Federica Merenda, esplorerà alcune possibili vie di riparazione e trasformazione del torto epistemico subito, analizzando il metodo storiografico di Muraro come una forma di narrazione estrema, collegandolo al diritto a essere conosciuti formulato da Jennifer Lackey. Il secondo e ultimo paragrafo affronterà la successiva trasformazione della strega in un simbolo politico femminista. Attraverso le analisi critiche di Justyna Sempruch e Silvia Bovenschen, si esaminerà la riappropriazione della figura della strega da parte dei movimenti femministi della seconda ondata, analizzandone sia la potenza politica sia i rischi che una nuova idealizzazione della figura della strega potrebbe comportare. Si argomenterà che la forza del simbolo risiede non in una purezza mitizzata, ma nella sua feconda e irrisolta ambivalenza.
2024
Women’s bodies: witches and knowledge. A philosophical analysis of epistemic injustice
Streghe
Violenza epistemica
Donne
Femminismo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/94929