Il presente elaborato si propone di indagare la figura e le opere di Elvira Mujčić, scrittrice e traduttrice bosniaca naturalizzata italiana, evidenziando il ruolo centrale della scrittura nella rielaborazione del trauma e nella costruzione dell’identità. Attraverso l’analisi di alcuni romanzi dell’autrice, "Al di là del caos. Cosa rimane dopo Srebrenica" (2007), "E se Fuad avesse avuto la dinamite?" (2009), "Dieci prugne ai fascisti" (2016) e "La lingua di Ana. Chi sei quando perdi radici e parole?" (2012), tutti scritti esclusivamente in italiano, la tesi approfondisce le tematiche della lingua e dell’identità, mostrando come le esperienze della guerra e della migrazione si riflettano nella forma ibrida della sua scrittura. L’indagine si fonda sugli strumenti teorici offerti dai Trauma Studies (in particolare dai lavori di Cathy Caruth e Dominick LaCapra), nonché sulle teorie dell’autobiografia (Philippe Lejeune), della fiction e della faction, fino alle più recenti riflessioni sull’autofiction (Serge Doubrovsky, P. Gasparini). L’obiettivo è quello di analizzare come la scrittura narrativa permetta all’autrice di elaborare un’identità plurale e di abitare una condizione liminale tra lingue, culture e appartenenze. Confrontando altre voci esofoniche, come quella di Francesca Marciano si delineano i tratti distintivi della letteratura transnazionale come luogo di transito, memoria e trasformazione, in cui tradurre la propria vita significa anche ridefinire sé stessi.
Narrazioni caleidoscopiche: identità e lingua nelle opere di Elvira Mujčić
MIRVIC, SARA
2024/2025
Abstract
Il presente elaborato si propone di indagare la figura e le opere di Elvira Mujčić, scrittrice e traduttrice bosniaca naturalizzata italiana, evidenziando il ruolo centrale della scrittura nella rielaborazione del trauma e nella costruzione dell’identità. Attraverso l’analisi di alcuni romanzi dell’autrice, "Al di là del caos. Cosa rimane dopo Srebrenica" (2007), "E se Fuad avesse avuto la dinamite?" (2009), "Dieci prugne ai fascisti" (2016) e "La lingua di Ana. Chi sei quando perdi radici e parole?" (2012), tutti scritti esclusivamente in italiano, la tesi approfondisce le tematiche della lingua e dell’identità, mostrando come le esperienze della guerra e della migrazione si riflettano nella forma ibrida della sua scrittura. L’indagine si fonda sugli strumenti teorici offerti dai Trauma Studies (in particolare dai lavori di Cathy Caruth e Dominick LaCapra), nonché sulle teorie dell’autobiografia (Philippe Lejeune), della fiction e della faction, fino alle più recenti riflessioni sull’autofiction (Serge Doubrovsky, P. Gasparini). L’obiettivo è quello di analizzare come la scrittura narrativa permetta all’autrice di elaborare un’identità plurale e di abitare una condizione liminale tra lingue, culture e appartenenze. Confrontando altre voci esofoniche, come quella di Francesca Marciano si delineano i tratti distintivi della letteratura transnazionale come luogo di transito, memoria e trasformazione, in cui tradurre la propria vita significa anche ridefinire sé stessi.| File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/95271