Il settore tessile mondiale tra profitto e sfruttamento

Today, the textile sector is one of the most emblematic areas to understand the inherent contradictions of globalization. The business model of fast fashion, adopted by the main multinationals in the sector, has made fashion more accessible, but at what price? This results in significant environmental impacts and serious forms of exploitation along the production chains of the Global South. Through an analysis of the world textile system, the structure of the value chain and the strategies of large companies in the sector, the thesis investigates how profit logic and the pressure on production costs generate precarious and often inhumane working conditions, especially for women and children. The adoption of the fast fashion model entails a reduction in rights and wages, encouraged by the relocation of production, in contexts with weak or poorly enforced regulations. In particular, the cases of the multinational company Shein and the fire at the Tazreen Fashions factory in Bangladesh are examined to highlight the responsibilities of the companies and the criticalities of the current forms of protection. Finally, the study examines key international regulations on human rights and sustainability, highlighting the need for binding policies and stronger commitment from both economic and institutional actors to ensure a fairer and more sustainable future.

Ad oggi il settore tessile rappresenta uno degli ambiti più emblematici per capire le contraddizioni intrinseche della globalizzazione. Il modello di business del fast fashion, adottato dalle principali multinazionali del comparto, ha reso la moda più accessibile, ma a che prezzo? Ne derivano impatti ambientali significativi e gravi forme di sfruttamento lungo le filiere produttive del Sud Globale. Attraverso un’analisi del sistema tessile mondiale, della struttura della catena del valore e delle strategie delle grandi imprese del settore, la tesi indaga le modalità con cui la logica del profitto e la pressione sui costi di produzione generano condizioni lavorative precarie, insicure e spesso disumane, soprattutto per donne e minori. L’adozione del modello fast fashion comporta infatti una riduzione dei diritti e dei salari, incentivata dalla delocalizzazione della produzione, in contesti con normative deboli o scarsamente applicate. Vengono esaminati in particolare i casi della multinazionale Shein e dell’incendio nella fabbrica Tazreen Fashions in Bangladesh, per evidenziare le responsabilità delle imprese e le criticità delle attuali forme di tutela. Infine, lo studio si confronta con le principali normative internazionali in materia di diritti umani e sostenibilità, evidenziando l’importanza di politiche vincolanti e la necessità di un maggiore impegno da parte degli attori economici e istituzionali per garantire un futuro più giusto e sostenibile.