Olio di palma: verso una produzione più sostenibile

Secondo le previsioni delle Nazioni Unite, la richiesta dell’olio di palma, l’olio vegetale più utilizzato al mondo, a distanza di 30 anni aumenterà da quattro a sei volte e la via della sostenibilità è la via da seguire. La produzione dell’olio di palma convenzionale comporta gravi conseguenze a livello ambientale e sociale nei paesi in via di sviluppo e conseguentemente nel mondo. L’espansione delle piantagioni di palme da olio comportano alti tassi di deforestazione, intaccamento delle aree protette, inquinamento climatico e perdita della biodiversità. Gli effetti negativi sono evidenti, come lo sarebbero anche per ogni altro tipo di monocoltura. Nonostante ciò, rispetto agli altri oli vegetali, l’olio di palma risulta più conveniente dati la sua maggiore resa per ettaro coltivato, il ridotto uso del suolo, la scarsa necessità di pesticidi, fertilizzanti e risorse idriche. Oltre alla sua convenienza, la produzione dell’olio di palma influisce nella sfera socioeconomica dei paesi produttori, incidendo sulla crescita economica, la diminuzione della povertà e della malnutrizione e favorendo l’istruzione scolastica. In questo contesto sono fondamentali perciò azioni da parte dei maggiori enti privati e pubblici, ONG, governi degli stati produttori e stati consumatori, aziende e singoli consumatori, volte alla conversione della produzione convenzionale di quest’olio verso una più sostenibile. Esempio di azienda leader in questo passaggio è Ferrero: azienda dolciaria cui sforzi sono interamente rivolti alla cooperazione con associazioni sostenitrici della sostenibilità del processo produttivo dell’olio di palma, alla maggiore tracciabilità e trasparenza della filiera, all’impegno nella riduzione di pesticidi e al miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Quest’ultimi sono tutti elementi che fanno auspicare, in primis a WWF, Greenpeace e poi al mondo, come sia possibile promuovere e sostenere una produzione di olio di palma più sostenibile.