Il concetto di deumanizzazione è stato a lungo trattato in particolare dalla psicologa e professoressa universitaria, Chiara Volpato. Quando parliamo di deumanizzazione intendiamo quel processo, svolto su un’altra persona o su interi gruppi, volto alla completa negazione dell’identità dell’individuo, molto spesso vittima, il quale, viene percepito come se non fosse più una persona, dotata quindi di una storia, di affetti, di amor proprio, di diritti. Privare una persona di queste caratteristiche la rende un oggetto, dunque utilizzabile per i propri scopi. È una situazione pericolosa, in quanto è il presupposto per l’emarginazione e le violenze, sia fisiche che poi psicologiche. Da studi fatti negli anni Settanta sul tema, è emerso chiaramente come, una volta attuato tale meccanismo, verso queste persone o gruppi possono essere attuati comportamenti che sarebbero in contraddizione con i principi morali del gruppo dominante. «E’ il cosiddetto “costrutto del disimpegno morale” di cui parla lo studioso Bandura che consente ad alcuni individui di compiere azioni contrarie alle loro norme etiche. «I comportamenti negativi e violenti vengono giustificati mediante l’impiego di eufemismi o confronti che ribadiscono la superiorità morale del gruppo di appartenenza. L’esclusione morale ha il potere di rendere accettato l` ingiusto. In quanto vengono percepiti come entità ingiuste, non meritevoli e quindi diventa normale usare violenza su di loro. Tra le funzioni della deumanizzazione c’è la giustificazione della violenza, essa permette infatti di soffocare le emozioni di empatia e compassione che proviamo quando vediamo qualcuno soffrire . Un’altra strategia è quella di distorcere o minimizzare le conseguenze degli atti compiuti, oppure addirittura di attribuire la colpa delle azioni alle vittime stesse. Inoltre, attraverso la deumanizzazione, i gruppi favoriti nella società possono ritenersi immuni dalla sorte che tocca ai gruppi meno fortunati. «Esemplari in questa prospettiva sono gli atteggiamenti che le società occidentali mostrano nei confronti degli immigrati» spiega ancora Chiara Volpato. «Immigrati definiti come materiale inassimilabile e grezzo, rifiuti, relitti umani. Queste forme retoriche utilizzate già nel primo Novecento soprattutto verso gli immigrati negli Stati Uniti trovano echi puntuali nel discorso contemporaneo sugli immigrati, sulle prostitute, sui vulnerabili della società`, tra cui in generale la donna. La deumanizzazione si può esprimere in modi espliciti oppure sottili. I primi negano apertamente l`umanità dell’individuo al fine di giustificare sfruttamenti, torture e degradazioni. I secondi invece comprendono processi di deumanizzazione quotidiana, che logorano in maniera appunto sottile e all` apparenza invisibile e inconsapevole l’umanità degli altri. La deumanizzazione è al tempo stesso un fenomeno sociale che un processo psicologico. In questa tesi analizzerò il processo sui corpi femminili, nel primo capitolo indagherò la deumanizzazione palese e manifesta, all’interno del contesto della tratta di esseri umani. Con un focus sulla prostituzione forzata delle donne nigeriane in Italia.Mentre nel secondo capitolo analizzerò i processi sottili, con i quali quotidianamente e spesso inconsapevolmente diminuiamo l’umanità dell’altro. E il focus questa volta saranno i media italiani, e l’oggettivazione del corpo femminile all’interno di varie realtà. L’umanità risiede nel dettaglio della narrazione, nell’individualità. La deumanizzazione è tra i numeri, nella generalità. Il terzo capitolo è invece volto all`analisi delle cause e delle conseguenze sociali di questo fenomeno con particolare attenzione al perpetuare di stereotipi di genere e di un linguaggio sessista ancora molto presente nel contesto italiano.
Corpi in battaglia La mercificazione del corpo femminile, attraverso l `analisi della prostituzione forzata, e dei media italiani.
FOTI, ALICE
2021/2022
Abstract
Il concetto di deumanizzazione è stato a lungo trattato in particolare dalla psicologa e professoressa universitaria, Chiara Volpato. Quando parliamo di deumanizzazione intendiamo quel processo, svolto su un’altra persona o su interi gruppi, volto alla completa negazione dell’identità dell’individuo, molto spesso vittima, il quale, viene percepito come se non fosse più una persona, dotata quindi di una storia, di affetti, di amor proprio, di diritti. Privare una persona di queste caratteristiche la rende un oggetto, dunque utilizzabile per i propri scopi. È una situazione pericolosa, in quanto è il presupposto per l’emarginazione e le violenze, sia fisiche che poi psicologiche. Da studi fatti negli anni Settanta sul tema, è emerso chiaramente come, una volta attuato tale meccanismo, verso queste persone o gruppi possono essere attuati comportamenti che sarebbero in contraddizione con i principi morali del gruppo dominante. «E’ il cosiddetto “costrutto del disimpegno morale” di cui parla lo studioso Bandura che consente ad alcuni individui di compiere azioni contrarie alle loro norme etiche. «I comportamenti negativi e violenti vengono giustificati mediante l’impiego di eufemismi o confronti che ribadiscono la superiorità morale del gruppo di appartenenza. L’esclusione morale ha il potere di rendere accettato l` ingiusto. In quanto vengono percepiti come entità ingiuste, non meritevoli e quindi diventa normale usare violenza su di loro. Tra le funzioni della deumanizzazione c’è la giustificazione della violenza, essa permette infatti di soffocare le emozioni di empatia e compassione che proviamo quando vediamo qualcuno soffrire . Un’altra strategia è quella di distorcere o minimizzare le conseguenze degli atti compiuti, oppure addirittura di attribuire la colpa delle azioni alle vittime stesse. Inoltre, attraverso la deumanizzazione, i gruppi favoriti nella società possono ritenersi immuni dalla sorte che tocca ai gruppi meno fortunati. «Esemplari in questa prospettiva sono gli atteggiamenti che le società occidentali mostrano nei confronti degli immigrati» spiega ancora Chiara Volpato. «Immigrati definiti come materiale inassimilabile e grezzo, rifiuti, relitti umani. Queste forme retoriche utilizzate già nel primo Novecento soprattutto verso gli immigrati negli Stati Uniti trovano echi puntuali nel discorso contemporaneo sugli immigrati, sulle prostitute, sui vulnerabili della società`, tra cui in generale la donna. La deumanizzazione si può esprimere in modi espliciti oppure sottili. I primi negano apertamente l`umanità dell’individuo al fine di giustificare sfruttamenti, torture e degradazioni. I secondi invece comprendono processi di deumanizzazione quotidiana, che logorano in maniera appunto sottile e all` apparenza invisibile e inconsapevole l’umanità degli altri. La deumanizzazione è al tempo stesso un fenomeno sociale che un processo psicologico. In questa tesi analizzerò il processo sui corpi femminili, nel primo capitolo indagherò la deumanizzazione palese e manifesta, all’interno del contesto della tratta di esseri umani. Con un focus sulla prostituzione forzata delle donne nigeriane in Italia.Mentre nel secondo capitolo analizzerò i processi sottili, con i quali quotidianamente e spesso inconsapevolmente diminuiamo l’umanità dell’altro. E il focus questa volta saranno i media italiani, e l’oggettivazione del corpo femminile all’interno di varie realtà. L’umanità risiede nel dettaglio della narrazione, nell’individualità. La deumanizzazione è tra i numeri, nella generalità. Il terzo capitolo è invece volto all`analisi delle cause e delle conseguenze sociali di questo fenomeno con particolare attenzione al perpetuare di stereotipi di genere e di un linguaggio sessista ancora molto presente nel contesto italiano.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/10978