Parlare di esistenza significa abitare il Mondo con il proprio corpo: il pensiero di Maurice Merleau-Ponty si propone, in tal senso, di dar nuovamente valore a quelle coagulazioni di esperienza tutte corporee tanto sublimate dalla tradizione del Cogito; soffermandosi attentamente sulla vita in-corporata, il filosofo approfondisce il discorso sulla sessualità rendendola uno dei cardini fondamentali a tutela della percezione del sé e dell'altrui. Abitiamo il Mondo perché siamo corpi e il sesso, che ci identifica, ci rende protagonisti delle relazioni che instauriamo. Ma come pensare quindi la polarità sessuale? In che termini si può parlare di maschile e femminile tutelando la loro chiasmatica in-differenza? Simone de Beauvoir, con la sua produzione, tenta di dar valore nuovamente alla possibilità del femminile di non porsi solamente come dimensione dell’alterità: dopo un’attenta analisi della questione, passando dalla biologia alla psicoanalisi, la filosofa arriva ad affermare che abitare il Mondo come femminile (tanto quanto per il maschile, aggiungerei io) significa farsi carne nell’ahabah, quella relazione con il maschile (o con il femminile) custode dell’ambiguità bisessuale, nel senso più lato del termine. Solo così maschile e femminile acquistano senso in vigore della loro reciproca inter-soggettività. Essere corpo, avere corpo significa dunque abitare il Mondo nella sua in-differenza più intima, legata visceralmente a quella sessualità in grado di tutelare tutte le sfaccettature dell’identità di ognuno, non più sé, non più altro, ma solo chiasma.
Per un'esistenza in-corporata: la sessualità
MARCAZZANI, IRENE
2021/2022
Abstract
Parlare di esistenza significa abitare il Mondo con il proprio corpo: il pensiero di Maurice Merleau-Ponty si propone, in tal senso, di dar nuovamente valore a quelle coagulazioni di esperienza tutte corporee tanto sublimate dalla tradizione del Cogito; soffermandosi attentamente sulla vita in-corporata, il filosofo approfondisce il discorso sulla sessualità rendendola uno dei cardini fondamentali a tutela della percezione del sé e dell'altrui. Abitiamo il Mondo perché siamo corpi e il sesso, che ci identifica, ci rende protagonisti delle relazioni che instauriamo. Ma come pensare quindi la polarità sessuale? In che termini si può parlare di maschile e femminile tutelando la loro chiasmatica in-differenza? Simone de Beauvoir, con la sua produzione, tenta di dar valore nuovamente alla possibilità del femminile di non porsi solamente come dimensione dell’alterità: dopo un’attenta analisi della questione, passando dalla biologia alla psicoanalisi, la filosofa arriva ad affermare che abitare il Mondo come femminile (tanto quanto per il maschile, aggiungerei io) significa farsi carne nell’ahabah, quella relazione con il maschile (o con il femminile) custode dell’ambiguità bisessuale, nel senso più lato del termine. Solo così maschile e femminile acquistano senso in vigore della loro reciproca inter-soggettività. Essere corpo, avere corpo significa dunque abitare il Mondo nella sua in-differenza più intima, legata visceralmente a quella sessualità in grado di tutelare tutte le sfaccettature dell’identità di ognuno, non più sé, non più altro, ma solo chiasma.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/11743