A partire dai primi filosofi, la ricerca del fondamento originario di tutte le cose si pone come tentativo di dare una risposta razionale al problema del divenire delle cose, cioè alla loro nascita, morte e processualità. Questo principio, sostanza delle cose e di tutto ciò che è, viene ad identificarsi per Parmenide con l’Essere: principio immobile, sempre presente, ingenerato e incorruttibile, che racchiude in sé ogni cosa e trova il suo senso nell’opposizione al nulla. Partendo dalla lettura e dall’analisi dei frammenti contenuti nel Peri Physeos di Parmenide, e utilizzando gli spunti di riflessione forniti nel ‘900 dal filosofo E. Severino e dagli studiosi L. Ruggiu e G. Reale, il presente elaborato si focalizza sull’analisi del rapporto tra il concetto di “essere” e il concetto di “divenire” sotteso all’opera parmenidea. La prima parte dell’elaborato è volta a sottolineare i punti cardine attorno ai quali prende forma il pensiero parmenideo. Essa consiste in una ricapitolazione del pensiero filosofico di Parmenide così come ci viene presentato nella prima parte del Peri Physeos, nella quale il concetto di “essere” si rivela in tutta la sua potenza: esso costituisce la Via della Verità e la meta della Via stessa, l’unica percorribile da coloro che intendono intraprendere il cammino della conoscenza, contrapponendosi al nulla e ad ogni forma di divenire, il quale viene visto dal filosofo come un errore degli uomini che, dominati dalla pretesa di conoscere l’essere attraverso una conoscenza rapportata all’esperienza, e dunque di tipo sensibile e per questo fallimentare, sbandano in una Via di ricerca erronea che contempla il non essere. Un primato, quello dell’essere, che emerge con ancor più forza nell’analisi parmenidea dei semata, i contrassegni rivelanti le caratteristiche e dunque la natura dell’essere, il cui affermarsi positivamente come immutabile, intero, ingenerato e imperituro, comporta necessariamente lo slegarsi da ogni rapporto con il divenire e con il tempo. La seconda parte della trattazione ha lo scopo di mettere in discussione il concetto di “divenire” inteso dall’interpretazione classica come illusorio, apparente e per questo correlato del non essere, indagando e rivalutando la dimensione dell’esperienza. Emerge qui una nuova visione e interpretazione dell’esperienza e dei suoi contenuti, i tà dokunta, i quali, in quanto essenti e per questo non identificabili con il nulla, si collegano all’essere e ne sono manifestazione. Come necessaria conseguenza emerge anche un “nuovo” senso dell’essere, essenzialmente eterno e immobile, ma che si manifesta, attraverso gli enti, come diveniente. Il conflitto che si genera tra l’eternità degli essenti e il loro divenire, e più in generale il rapporto tra “essere” e “divenire” stessi, viene indagato in questa parte della trattazione attraverso una luce nuova: esso non viene più inteso nei termini di una contrapposizione che vede il divenire come implicante il non essere. Essere e divenire sembrano ora, alla luce di questo “nuovo” senso dell’essere, integrarsi: il divenire viene a collocarsi all’interno del flusso unitario dell’essere che, in quanto principio, in sé tutto comprende, senza implicare l’intervento del non essere. La nascita degli enti, ovvero il loro venire alla presenza, o la loro scomparsa, vanno intese come l’apparire e lo scomparire degli enti stessi che avviene all’interno dell’essere, senza comportare una genesi dal nulla o una caduta nel nulla: come se il nostro campo visivo fosse uno specchio, le cose esistono prima di entrarvi e continuano ad esistere anche dopo esserne uscite.

Essere e divenire: il concetto di "divenire" tra negazione e apparenza nel pensiero filosofico di Parmenide

VERONESE, GIULIA
2021/2022

Abstract

A partire dai primi filosofi, la ricerca del fondamento originario di tutte le cose si pone come tentativo di dare una risposta razionale al problema del divenire delle cose, cioè alla loro nascita, morte e processualità. Questo principio, sostanza delle cose e di tutto ciò che è, viene ad identificarsi per Parmenide con l’Essere: principio immobile, sempre presente, ingenerato e incorruttibile, che racchiude in sé ogni cosa e trova il suo senso nell’opposizione al nulla. Partendo dalla lettura e dall’analisi dei frammenti contenuti nel Peri Physeos di Parmenide, e utilizzando gli spunti di riflessione forniti nel ‘900 dal filosofo E. Severino e dagli studiosi L. Ruggiu e G. Reale, il presente elaborato si focalizza sull’analisi del rapporto tra il concetto di “essere” e il concetto di “divenire” sotteso all’opera parmenidea. La prima parte dell’elaborato è volta a sottolineare i punti cardine attorno ai quali prende forma il pensiero parmenideo. Essa consiste in una ricapitolazione del pensiero filosofico di Parmenide così come ci viene presentato nella prima parte del Peri Physeos, nella quale il concetto di “essere” si rivela in tutta la sua potenza: esso costituisce la Via della Verità e la meta della Via stessa, l’unica percorribile da coloro che intendono intraprendere il cammino della conoscenza, contrapponendosi al nulla e ad ogni forma di divenire, il quale viene visto dal filosofo come un errore degli uomini che, dominati dalla pretesa di conoscere l’essere attraverso una conoscenza rapportata all’esperienza, e dunque di tipo sensibile e per questo fallimentare, sbandano in una Via di ricerca erronea che contempla il non essere. Un primato, quello dell’essere, che emerge con ancor più forza nell’analisi parmenidea dei semata, i contrassegni rivelanti le caratteristiche e dunque la natura dell’essere, il cui affermarsi positivamente come immutabile, intero, ingenerato e imperituro, comporta necessariamente lo slegarsi da ogni rapporto con il divenire e con il tempo. La seconda parte della trattazione ha lo scopo di mettere in discussione il concetto di “divenire” inteso dall’interpretazione classica come illusorio, apparente e per questo correlato del non essere, indagando e rivalutando la dimensione dell’esperienza. Emerge qui una nuova visione e interpretazione dell’esperienza e dei suoi contenuti, i tà dokunta, i quali, in quanto essenti e per questo non identificabili con il nulla, si collegano all’essere e ne sono manifestazione. Come necessaria conseguenza emerge anche un “nuovo” senso dell’essere, essenzialmente eterno e immobile, ma che si manifesta, attraverso gli enti, come diveniente. Il conflitto che si genera tra l’eternità degli essenti e il loro divenire, e più in generale il rapporto tra “essere” e “divenire” stessi, viene indagato in questa parte della trattazione attraverso una luce nuova: esso non viene più inteso nei termini di una contrapposizione che vede il divenire come implicante il non essere. Essere e divenire sembrano ora, alla luce di questo “nuovo” senso dell’essere, integrarsi: il divenire viene a collocarsi all’interno del flusso unitario dell’essere che, in quanto principio, in sé tutto comprende, senza implicare l’intervento del non essere. La nascita degli enti, ovvero il loro venire alla presenza, o la loro scomparsa, vanno intese come l’apparire e lo scomparire degli enti stessi che avviene all’interno dell’essere, senza comportare una genesi dal nulla o una caduta nel nulla: come se il nostro campo visivo fosse uno specchio, le cose esistono prima di entrarvi e continuano ad esistere anche dopo esserne uscite.
2021
Being and becoming: the concept of "becoming" between denial and appearance in Parmenide's philosophical thought
Essere
Divenire
Parmenide
Filosofia antica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/11750