Il presente elaborato si concentra sull’istituto della commisurazione della pena nel sistema penale italiano. L’indagine prenderà le sue mosse dai tratti salienti della disciplina commisurativa, con particolare attenzione al modello di discrezionalità giudiziale da essa risultante, nonché gli indici di commisurazione della pena previsti dall’art. 133 c.p. ed il loro significato, talvolta problematico e non sempre univocamente interpretato in seno alla dottrina. Si giungerà quindi al tema portante dell’intera trattazione: l’assenza di una specifica indicazione legislativa dei fini che la sanzione penale possa legittimamente perseguire nella fase della sua irrogazione, principale limite alla realizzazione di una prassi commisurativa dotata di razionalità e certezza. Proprio nel silenzio del Legislatore sui criteri finalistici si individuerà dunque il trait d’union fra la disciplina commisurativa ed il più ampio e complesso tema delle funzioni della pena, nell’ambito delle quali particolare attenzione sarà riservata al principio di rieducazione del condannato, quale unico fine della sanzione penale su cui si registra una presa di posizione esplicita da parte della nostra Carta costituzionale, che suggerisce che i criteri finalistici di commisurazione debbano essere individuati proprio nella sfera della prevenzione speciale, nel rispetto del limite massimo, invalicabile dal giudice, segnato dalla colpevolezza del reo per il fatto di reato. L’elaborato si soffermerà poi sul tema della prevenzione generale e sul suo possibile ruolo nella fase commisurativa, concludendo che l’inclusione di autonome considerazioni general-preventive nella commisurazione della pena debba escludersi, sia in ragione di possibili censure di illegittimità costituzionale, sia in ragione della mancanza di indagini empiriche in grado di dimostrarne degli apprezzabili effetti di contenimento dei tassi di criminalità. Si tenterà di tradurre i risultati dell’indagine così condotta in una prospettiva de iure condendo, al fine di costruire una disciplina di commisurazione in grado di garantire un maggior apporto di razionalità e certezza. Nucleo fondante di tali proposte è stato rivenuto nella necessaria esplicitazione, da parte del Legislatore, di una gerarchia degli scopi della pena che colmi, una volta per tutte, il silenzio codicistico sul finalismo punitivo. Sempre all’interno di una prospettiva de lege ferenda, si passeranno in rassegna i vari tentativi di riforma del codice penale con particolare riferimento alla fase dell’irrogazione in concreto della sanzione, onde poterne trarre delle utili indicazioni per il Legislatore futuro. L’attenzione si sposterà poi su alcuni profili di carattere processuale, relativi ai riti speciali, ossia quegli itinerari processuali alternativi che, essendo ispirati a logiche del tutto difformi rispetto a quelle che informano la pena “tradizionale”, hanno contribuito al fenomeno di disintegrazione del modello “unitario” di commisurazione, delineato dagli artt. 132-133 c.p., con effetti negativi destinati a permanere anche a fronte di un intervento legislativo chiarificatore dei criteri finalistici. Infine, sempre nell’ambito dell’interazione fra norme sostanziali e processuali in materia commisurativa, si dedicheranno alcuni cenni al ruolo delle vittime di reato e ai poteri loro riconosciuti dalla legge nelle scelte giudiziali sulla quantità di pena da infliggere in concreto.

La commisurazione della pena tra finalismo e colpevolezza

FORESTA, EMILIA
2021/2022

Abstract

Il presente elaborato si concentra sull’istituto della commisurazione della pena nel sistema penale italiano. L’indagine prenderà le sue mosse dai tratti salienti della disciplina commisurativa, con particolare attenzione al modello di discrezionalità giudiziale da essa risultante, nonché gli indici di commisurazione della pena previsti dall’art. 133 c.p. ed il loro significato, talvolta problematico e non sempre univocamente interpretato in seno alla dottrina. Si giungerà quindi al tema portante dell’intera trattazione: l’assenza di una specifica indicazione legislativa dei fini che la sanzione penale possa legittimamente perseguire nella fase della sua irrogazione, principale limite alla realizzazione di una prassi commisurativa dotata di razionalità e certezza. Proprio nel silenzio del Legislatore sui criteri finalistici si individuerà dunque il trait d’union fra la disciplina commisurativa ed il più ampio e complesso tema delle funzioni della pena, nell’ambito delle quali particolare attenzione sarà riservata al principio di rieducazione del condannato, quale unico fine della sanzione penale su cui si registra una presa di posizione esplicita da parte della nostra Carta costituzionale, che suggerisce che i criteri finalistici di commisurazione debbano essere individuati proprio nella sfera della prevenzione speciale, nel rispetto del limite massimo, invalicabile dal giudice, segnato dalla colpevolezza del reo per il fatto di reato. L’elaborato si soffermerà poi sul tema della prevenzione generale e sul suo possibile ruolo nella fase commisurativa, concludendo che l’inclusione di autonome considerazioni general-preventive nella commisurazione della pena debba escludersi, sia in ragione di possibili censure di illegittimità costituzionale, sia in ragione della mancanza di indagini empiriche in grado di dimostrarne degli apprezzabili effetti di contenimento dei tassi di criminalità. Si tenterà di tradurre i risultati dell’indagine così condotta in una prospettiva de iure condendo, al fine di costruire una disciplina di commisurazione in grado di garantire un maggior apporto di razionalità e certezza. Nucleo fondante di tali proposte è stato rivenuto nella necessaria esplicitazione, da parte del Legislatore, di una gerarchia degli scopi della pena che colmi, una volta per tutte, il silenzio codicistico sul finalismo punitivo. Sempre all’interno di una prospettiva de lege ferenda, si passeranno in rassegna i vari tentativi di riforma del codice penale con particolare riferimento alla fase dell’irrogazione in concreto della sanzione, onde poterne trarre delle utili indicazioni per il Legislatore futuro. L’attenzione si sposterà poi su alcuni profili di carattere processuale, relativi ai riti speciali, ossia quegli itinerari processuali alternativi che, essendo ispirati a logiche del tutto difformi rispetto a quelle che informano la pena “tradizionale”, hanno contribuito al fenomeno di disintegrazione del modello “unitario” di commisurazione, delineato dagli artt. 132-133 c.p., con effetti negativi destinati a permanere anche a fronte di un intervento legislativo chiarificatore dei criteri finalistici. Infine, sempre nell’ambito dell’interazione fra norme sostanziali e processuali in materia commisurativa, si dedicheranno alcuni cenni al ruolo delle vittime di reato e ai poteri loro riconosciuti dalla legge nelle scelte giudiziali sulla quantità di pena da infliggere in concreto.
2021
The sentencing process between finalism and culpability
Commisurazione pena
Pena
Fini pena
Colpevolezza
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