Questa tesi intende trattare l’inconscio freudiano in chiave fenomenologica, prendendo in considerazione le diverse visioni di Edmund Husserl e Michel Henry. I primi due capitoli introducono il concetto freudiano di inconscio e la fenomenologia tradizionale husserliana. La domanda che nasce da un confronto tra i due è la seguente: come può la fenomenologia husserliana, filosofia del fenomeno e della coscienza, riferirsi ad un qualcosa che cosciente non è? La riposta viene data dalla fenomenologia radicale di Michel Henry, che prende nettamente le distanze da quella tradizionale riuscendo ad avvicinarsi alle intuizioni decisive di Freud. Secondo Henry la questione fondamentale è definire cosa sia l’apparire. In Husserl il fenomeno è ciò che è posto davanti, e questo implica una rappresentazione, uno spazio ideale tra sé e il fenomeno. La fenomenologia radicale di Henry si contrappone a questa visione dualistica: ciò che si manifesta, ciò che appare, è la vita, che è invisibile e prova sé stessa in modo immediato, senza distanza. Cartesio ha fatto per primo questa scoperta senza però essere riuscito a mantenerla, ricadendo nel discorso della rappresentazione proprio della filosofia occidentale. Anche Freud, pretendendo di fornire un’elaborazione teorica dell’inconscio e quindi una sua rappresentazione (per esempio tramite l’interpretazione dei sogni), si allontana dall’intuizione decisiva di Cartesio. Dall’altro lato Henry ritiene tuttavia che l’inconscio freudiano, se letto dal punto di vista della fenomenologica radicale, possa essere ricondotto alle dinamiche invisibili della vita.
L'inconscio freudiano: letture fenomenologiche
BENINI, ANNA
2021/2022
Abstract
Questa tesi intende trattare l’inconscio freudiano in chiave fenomenologica, prendendo in considerazione le diverse visioni di Edmund Husserl e Michel Henry. I primi due capitoli introducono il concetto freudiano di inconscio e la fenomenologia tradizionale husserliana. La domanda che nasce da un confronto tra i due è la seguente: come può la fenomenologia husserliana, filosofia del fenomeno e della coscienza, riferirsi ad un qualcosa che cosciente non è? La riposta viene data dalla fenomenologia radicale di Michel Henry, che prende nettamente le distanze da quella tradizionale riuscendo ad avvicinarsi alle intuizioni decisive di Freud. Secondo Henry la questione fondamentale è definire cosa sia l’apparire. In Husserl il fenomeno è ciò che è posto davanti, e questo implica una rappresentazione, uno spazio ideale tra sé e il fenomeno. La fenomenologia radicale di Henry si contrappone a questa visione dualistica: ciò che si manifesta, ciò che appare, è la vita, che è invisibile e prova sé stessa in modo immediato, senza distanza. Cartesio ha fatto per primo questa scoperta senza però essere riuscito a mantenerla, ricadendo nel discorso della rappresentazione proprio della filosofia occidentale. Anche Freud, pretendendo di fornire un’elaborazione teorica dell’inconscio e quindi una sua rappresentazione (per esempio tramite l’interpretazione dei sogni), si allontana dall’intuizione decisiva di Cartesio. Dall’altro lato Henry ritiene tuttavia che l’inconscio freudiano, se letto dal punto di vista della fenomenologica radicale, possa essere ricondotto alle dinamiche invisibili della vita.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/30268