Le mutilazioni genitali femminili sono una grave violazione dei diritti umani, in quanto, oltre a causare un dolore fisico indescrivibile alle vittime, ledono profondamente la loro psiche, violando la loro integrità, la loro identità e privandolo del loro diritto alla vita e alla salute. La lotta per la loro eliminazione è in corso da anni, la prima vera condanna ufficiale è rappresentata dal Protocollo di Maputo, adottato dall’Unione Africana nel 2003. Inoltre, anche l’OMS, le Nazioni Unite, l’Europa e il nostro stesso Paese hanno lavorato al fine di emanare leggi, risoluzioni e dichiarazioni con lo scopo di porre fine a tale violenza. Tuttavia, queste pratiche violente e disumane sono parte integrante delle culture e delle tradizioni di diversi popoli dell’area subsahariana, del Medioriente e dell’Oriente, per loro è un rito importante, oltre che ‘’normale’’, in quanto dimostra la purezza e l’integrità di una bambina o di una ragazza e segna, soprattutto, la sua entrata nel mondo adulto. Per coloro che riescono a sopravvivere, però, la vita non è affatto idilliaca, in quanto anche le conseguenze della mutilazione sono estremamente gravose, dalle difficoltà ad andare in bagno, ai dolori insopportabili durante il periodo del ciclo mestruale, a conseguenze ben più critiche, come la morte, durante una gravidanza. Lo sanno bene le vittime che hanno subito ciò, appena bambine, e che hanno deciso di ribellarsi, di fuggire dalle loro terre e dalle loro famiglie, per lottare e raccontare le loro storie, al fine di far comprendere, di sensibilizzare e di rendere possibile l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili.
LA DEBELLAZIONE DELLE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI DALLE LEGGI INTERNAZIONALI E NAZIONALI ALLA LOTTA DELLE DONNE VITTIME DELLE MGF
CANETTI, GAJA
2021/2022
Abstract
Le mutilazioni genitali femminili sono una grave violazione dei diritti umani, in quanto, oltre a causare un dolore fisico indescrivibile alle vittime, ledono profondamente la loro psiche, violando la loro integrità, la loro identità e privandolo del loro diritto alla vita e alla salute. La lotta per la loro eliminazione è in corso da anni, la prima vera condanna ufficiale è rappresentata dal Protocollo di Maputo, adottato dall’Unione Africana nel 2003. Inoltre, anche l’OMS, le Nazioni Unite, l’Europa e il nostro stesso Paese hanno lavorato al fine di emanare leggi, risoluzioni e dichiarazioni con lo scopo di porre fine a tale violenza. Tuttavia, queste pratiche violente e disumane sono parte integrante delle culture e delle tradizioni di diversi popoli dell’area subsahariana, del Medioriente e dell’Oriente, per loro è un rito importante, oltre che ‘’normale’’, in quanto dimostra la purezza e l’integrità di una bambina o di una ragazza e segna, soprattutto, la sua entrata nel mondo adulto. Per coloro che riescono a sopravvivere, però, la vita non è affatto idilliaca, in quanto anche le conseguenze della mutilazione sono estremamente gravose, dalle difficoltà ad andare in bagno, ai dolori insopportabili durante il periodo del ciclo mestruale, a conseguenze ben più critiche, come la morte, durante una gravidanza. Lo sanno bene le vittime che hanno subito ciò, appena bambine, e che hanno deciso di ribellarsi, di fuggire dalle loro terre e dalle loro famiglie, per lottare e raccontare le loro storie, al fine di far comprendere, di sensibilizzare e di rendere possibile l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/39322