Alla luce della ricerca attorno al fantastico sviluppatasi dagli anni ’70 in poi, il mio contributo intende dar conto della crisi cui va incontro il genere con l’avvento del ventesimo secolo attraverso una delle più sincere e disincantate voci di questa crisi, Tommaso Landolfi. Immerso nello stagno di una sostanziale ambiguità teorica, Landolfi, per coordinate storiche, marginalità nel panorama letterario coevo e personale vocazione all’autoanalisi, sembra, a mio avviso, proporsi come il più efficace testimone della progressiva esplosione del fantastico, istanza particolare di una macroscopica crisi della parola letteraria. Con straordinaria coerenza lungo l’intera parabola dell’autore, il fantastico si accartoccia su sé stesso, si gonfia e si annulla, parallelamente ad uno sgretolarsi dei suoi presupposti; il paradigma di realtà viene meno, e tutto ciò che ne resta sono parole, significanti ormai slegati dal loro significato. Seppur con esiti spesso annichilenti, la pagina di Landolfi non smette di prendere vita laddove i fantasmi iniziano a comparire, sentinelle di una sopravvivenza, seppur stentata, di quel modo “all’antica” di fare letteratura. Un modo che, oramai, ha smesso di prendersi sul serio, che sempre di più si allontana da sé stesso per meglio guardarsi dentro, che gode nel mostrare, in tutta la loro goffezza, i meccanismi del suo funzionamento, fino a bollarsi come “impossibile”.
Tommaso Landolfi e il fantastico nel Novecento: un manifesto della crisi
DORIA, SAMUELE
2022/2023
Abstract
Alla luce della ricerca attorno al fantastico sviluppatasi dagli anni ’70 in poi, il mio contributo intende dar conto della crisi cui va incontro il genere con l’avvento del ventesimo secolo attraverso una delle più sincere e disincantate voci di questa crisi, Tommaso Landolfi. Immerso nello stagno di una sostanziale ambiguità teorica, Landolfi, per coordinate storiche, marginalità nel panorama letterario coevo e personale vocazione all’autoanalisi, sembra, a mio avviso, proporsi come il più efficace testimone della progressiva esplosione del fantastico, istanza particolare di una macroscopica crisi della parola letteraria. Con straordinaria coerenza lungo l’intera parabola dell’autore, il fantastico si accartoccia su sé stesso, si gonfia e si annulla, parallelamente ad uno sgretolarsi dei suoi presupposti; il paradigma di realtà viene meno, e tutto ciò che ne resta sono parole, significanti ormai slegati dal loro significato. Seppur con esiti spesso annichilenti, la pagina di Landolfi non smette di prendere vita laddove i fantasmi iniziano a comparire, sentinelle di una sopravvivenza, seppur stentata, di quel modo “all’antica” di fare letteratura. Un modo che, oramai, ha smesso di prendersi sul serio, che sempre di più si allontana da sé stesso per meglio guardarsi dentro, che gode nel mostrare, in tutta la loro goffezza, i meccanismi del suo funzionamento, fino a bollarsi come “impossibile”.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/44163