A partire dalla distinzione proposta da Tulving tra memoria episodica e semantica e dalla definizione da parte di Bartlett del carattere ricostruttivo della memoria, un ampio filone di ricerca si è occupato di indagare la fallibilità della stessa e di individuare le caratteristiche più comunemente associate ai falsi ricordi. Può essere definito “falso” sia il ricordo di un evento mai avvenuto/ di uno stimolo non presentato, che il ricordo di un evento cui si è assistito ma al quale sono stati associati dei dettagli non presenti in origine (Payne, 1996). Per quantificarne la produzione, a seconda anche della modalità utilizzata in fase di recupero (recall o recognition) il paradigma DRM è stato ampiamente utilizzato. Tale paradigma permette un agevole controllo delle variabili manipolate, quali lo stato di sonno o di veglia in fase di ritenzione (Payne, Schacter, Propper, Huang, Wamsley, Turker, Walker & Stickgold, 2009) o la valenza delle liste di parole presentate (Wiechert, Proost, Simoens, Ben-Shakhar, Pertzov & Verschuere, 2023), ma la tipologia di stimolo utilizzata non si contraddistingue per un’elevata validità ecologica. Per questo motivo nello studio che andrò ad illustrare si è preferito un paradigma di memoria inferenziale, in cui gli stimoli consistono in storie di vita quotidiana, presentate come sequenze di fotogrammi (Hannigan & Reinitz, 2001). Nello specifico si è voluta indagare la differenza tra stato di sonno e di veglia in fase di ritenzione nel determinare l’accuratezza del ricordo e la produzione di false memorie durante due prove di riconoscimento, proposte al tempo 0 e dopo un intervallo di circa 12 ore dall’apprendimento; nell’analizzare i risultati si è tenuto conto della valenza delle storie. La relazione trovata tra condizione sperimentale, quindi lo stato in cui si è trascorso l’intervallo di ritenzione, e la prevalente valenza dei falsi ricordi prodotti dopo tale intervallo non è statisticamente significativa. Ciò nonostante, col presente studio si è confermato che: utilizzare schemi preesistenti nell’elaborazione di nuovi stimoli porta a errori di memoria inferenziale, il trascorrere del tempo peggiora l’accuratezza del ricordo, il sonno facilita il riconoscimento di materiale appreso prima dell’addormentamento (sleep effect), in più della metà dei casi i falsi riconoscimenti sono commessi con un moderato grado di incertezza, il ricordo è più accurato se gli stimoli sono a valenza negativa, ma non per questo è meno soggetto a distorsioni.
Indagine dell’effetto di stato di sonno o di veglia in fase di ritenzione sulla produzione di falsi ricordi episodici a contenuto emotivo
TREVISAN, ANNA
2023/2024
Abstract
A partire dalla distinzione proposta da Tulving tra memoria episodica e semantica e dalla definizione da parte di Bartlett del carattere ricostruttivo della memoria, un ampio filone di ricerca si è occupato di indagare la fallibilità della stessa e di individuare le caratteristiche più comunemente associate ai falsi ricordi. Può essere definito “falso” sia il ricordo di un evento mai avvenuto/ di uno stimolo non presentato, che il ricordo di un evento cui si è assistito ma al quale sono stati associati dei dettagli non presenti in origine (Payne, 1996). Per quantificarne la produzione, a seconda anche della modalità utilizzata in fase di recupero (recall o recognition) il paradigma DRM è stato ampiamente utilizzato. Tale paradigma permette un agevole controllo delle variabili manipolate, quali lo stato di sonno o di veglia in fase di ritenzione (Payne, Schacter, Propper, Huang, Wamsley, Turker, Walker & Stickgold, 2009) o la valenza delle liste di parole presentate (Wiechert, Proost, Simoens, Ben-Shakhar, Pertzov & Verschuere, 2023), ma la tipologia di stimolo utilizzata non si contraddistingue per un’elevata validità ecologica. Per questo motivo nello studio che andrò ad illustrare si è preferito un paradigma di memoria inferenziale, in cui gli stimoli consistono in storie di vita quotidiana, presentate come sequenze di fotogrammi (Hannigan & Reinitz, 2001). Nello specifico si è voluta indagare la differenza tra stato di sonno e di veglia in fase di ritenzione nel determinare l’accuratezza del ricordo e la produzione di false memorie durante due prove di riconoscimento, proposte al tempo 0 e dopo un intervallo di circa 12 ore dall’apprendimento; nell’analizzare i risultati si è tenuto conto della valenza delle storie. La relazione trovata tra condizione sperimentale, quindi lo stato in cui si è trascorso l’intervallo di ritenzione, e la prevalente valenza dei falsi ricordi prodotti dopo tale intervallo non è statisticamente significativa. Ciò nonostante, col presente studio si è confermato che: utilizzare schemi preesistenti nell’elaborazione di nuovi stimoli porta a errori di memoria inferenziale, il trascorrere del tempo peggiora l’accuratezza del ricordo, il sonno facilita il riconoscimento di materiale appreso prima dell’addormentamento (sleep effect), in più della metà dei casi i falsi riconoscimenti sono commessi con un moderato grado di incertezza, il ricordo è più accurato se gli stimoli sono a valenza negativa, ma non per questo è meno soggetto a distorsioni.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/69857