La revisione di un provvedimento di condanna nel processo penale è uno strumento che ha come obiettivo quello di individuare gli errori contenuti nelle decisioni impugnate e, solo successivamente, rimuoverli. Pur non essendo costituzionalmente necessaria come unico mezzo risolutivo del problema evidenziato, essa affonda le proprie radici nella Carta Fondamentale, all’art. 24 c. 3, trovando anche un accredito storico di esistenza all’interno del nostro ordinamento. Inoltre, come ratio fondante dell’istituto, deve considerarsi la certezza del diritto come univocità e credibilità della verità processuale rispetto a quella sostanziale. Tra le ipotesi previste come base dell’istituto, spicca per importanza quella prevista alla lettera c) dell’art. 630 c.p.p., ovvero la “scoperta o sopravvenienza di prove nuove, dopo la condanna che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato dev’essere prosciolto”. L’obiettivo di questo elaborato consiste nell’affrontare e sviscerare, separatamente, i concetti di prova e di novità della stessa, mettendo in luce, principalmente, come attenendosi anche solo agli approdi giurisprudenziali, ad oggi, si raggiungano approdi, nelle sentenze, non condivisibili e contrari alla natura dell’istituto in esame. Il punto di partenza è sull’analisi del ragionamento effettuato dal giudice, e i generale dagli operatori del diritto, all’interno di un procedimento penale, cercando di inserirne i passaggi all’interno della ‹‹sequenza probatoria››, ovvero il dipanarsi nel processo del più complesso concetto di ‹‹prova››. Tutto ciò con la finalità di ampliare il concetto di prova previsto dall’art. 630 c.p.p.. In un secondo luogo si è apprezzato l’aspetto della novità, da intendersi come estraneità dell’elemento conoscitivo rispetto alla valutazione effettuata dal giudice ed emergente nella sentenza. In conclusione, raccogliendo i risultati dei ragionamenti precedenti si è dato un interessante risvolto pratico all’elaborazione, facendo riferimento alle cause di estinzione del reato maturate in corso di processo e non rilevate dal giudicante prima del passaggio in giudicato della questione. A fianco di tutto ciò, è stata analizzata la figura della revisione in pejus e suoi eventuali margini di inserimento nel nostro ordinamento, specie, in parallelo, ove emergessero nuove prove, le quali dimostrassero non la necessaria assoluzione, bensì la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.
Sul concetto di ‹‹prova nuova›› nel giudizio di revisione
PICCOLI, FRANCESCO
2023/2024
Abstract
La revisione di un provvedimento di condanna nel processo penale è uno strumento che ha come obiettivo quello di individuare gli errori contenuti nelle decisioni impugnate e, solo successivamente, rimuoverli. Pur non essendo costituzionalmente necessaria come unico mezzo risolutivo del problema evidenziato, essa affonda le proprie radici nella Carta Fondamentale, all’art. 24 c. 3, trovando anche un accredito storico di esistenza all’interno del nostro ordinamento. Inoltre, come ratio fondante dell’istituto, deve considerarsi la certezza del diritto come univocità e credibilità della verità processuale rispetto a quella sostanziale. Tra le ipotesi previste come base dell’istituto, spicca per importanza quella prevista alla lettera c) dell’art. 630 c.p.p., ovvero la “scoperta o sopravvenienza di prove nuove, dopo la condanna che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato dev’essere prosciolto”. L’obiettivo di questo elaborato consiste nell’affrontare e sviscerare, separatamente, i concetti di prova e di novità della stessa, mettendo in luce, principalmente, come attenendosi anche solo agli approdi giurisprudenziali, ad oggi, si raggiungano approdi, nelle sentenze, non condivisibili e contrari alla natura dell’istituto in esame. Il punto di partenza è sull’analisi del ragionamento effettuato dal giudice, e i generale dagli operatori del diritto, all’interno di un procedimento penale, cercando di inserirne i passaggi all’interno della ‹‹sequenza probatoria››, ovvero il dipanarsi nel processo del più complesso concetto di ‹‹prova››. Tutto ciò con la finalità di ampliare il concetto di prova previsto dall’art. 630 c.p.p.. In un secondo luogo si è apprezzato l’aspetto della novità, da intendersi come estraneità dell’elemento conoscitivo rispetto alla valutazione effettuata dal giudice ed emergente nella sentenza. In conclusione, raccogliendo i risultati dei ragionamenti precedenti si è dato un interessante risvolto pratico all’elaborazione, facendo riferimento alle cause di estinzione del reato maturate in corso di processo e non rilevate dal giudicante prima del passaggio in giudicato della questione. A fianco di tutto ciò, è stata analizzata la figura della revisione in pejus e suoi eventuali margini di inserimento nel nostro ordinamento, specie, in parallelo, ove emergessero nuove prove, le quali dimostrassero non la necessaria assoluzione, bensì la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/73432