Il ritiro sociale da parte dei giovani negli ultimi decenni ha ricevuto sempre maggiore attenzione nell'ambito della ricerca psicologica, in quanto considerato uno dei maggiori fattori di rischio per esiti psicopatologici, come ansia o depressione. Alcuni autori lo hanno definito come un “termine ombrello” che descrive un comportamento derivato da una varietà di cause sottostanti. Tra queste, per esempio, rientra l’inibizione comportamentale. Nel 1984 Kagan coniò il termine inibizione comportamentale (BI) in riferimento ad un profilo temperamentale identificato durante l'infanzia ed espresso a livello comportamentale come una sensibilità accentuata alle novità, accompagnata da paura ed evitamento di persone e situazioni non familiari. È noto che circa il 40% dei bambini che manifesta precocemente alti livelli di BI, svilupperà un disturbo d'ansia sociale durante l'adolescenza. Di conseguenza, BI si presenta come l'indicatore del rischio d'ansia più forte rilevabile nella prima infanzia. In letteratura sono presenti diverse prove a sostegno del fatto che bambini e ragazzi con questo profilo temperamentale possono adottare comportamenti di ritiro dalle interazioni con coetanei come strategia di coping per far fronte all'ansia sociale. Questa strategia disattiva non permetterebbe loro di acquisire capacità relazionali fondamentali per gestire la crescente complessità che caratterizza le relazioni sociali a partire dall'adolescenza. Il presente studio ha come obiettivo valutare in un community sample di adolescenti italiani se e quanto a maggiori livelli di inibizione comportamentale si associno minori livelli di autostima e di qualità delle relazioni con i pari. Rispetto a queste premesse, un ulteriore obiettivo dello studio è indagare eventuali differenze di genere nei livelli di inibizione riportati dagli studenti adolescenti e nelle correlazioni tra inibizione, sintomi internalizzanti e il livello di autostima. Si ipotizza, inoltre, di riscontrare un effetto significativo dell’autostima globale del giovane sul livello di sintomatologia internalizzante, a conferma del modello di vulnerabilità concettualizzato per rappresentare la relazione tra autostima e sintomi di ansia e depressione. Infine, si ipotizza una relazione significativa tra lo stile genitoriale materno e paterno responsivo e concessivo di autonomia, la sintomatologia internalizzante e il livello di autostima globale del giovane. In particolare, ci si aspetta di rilevare un effetto protettivo di queste pratiche genitoriali, rispetto all’adattamento psico-sociale del giovane.

Differenze di genere negli effetti dell’inibizione comportamentale sui sintomi internalizzanti e sull’autostima durante l’adolescenza: il ruolo del calore e dell’autonomia concessa dai genitori

NARDI CAGNOTTO, VERONICA
2023/2024

Abstract

Il ritiro sociale da parte dei giovani negli ultimi decenni ha ricevuto sempre maggiore attenzione nell'ambito della ricerca psicologica, in quanto considerato uno dei maggiori fattori di rischio per esiti psicopatologici, come ansia o depressione. Alcuni autori lo hanno definito come un “termine ombrello” che descrive un comportamento derivato da una varietà di cause sottostanti. Tra queste, per esempio, rientra l’inibizione comportamentale. Nel 1984 Kagan coniò il termine inibizione comportamentale (BI) in riferimento ad un profilo temperamentale identificato durante l'infanzia ed espresso a livello comportamentale come una sensibilità accentuata alle novità, accompagnata da paura ed evitamento di persone e situazioni non familiari. È noto che circa il 40% dei bambini che manifesta precocemente alti livelli di BI, svilupperà un disturbo d'ansia sociale durante l'adolescenza. Di conseguenza, BI si presenta come l'indicatore del rischio d'ansia più forte rilevabile nella prima infanzia. In letteratura sono presenti diverse prove a sostegno del fatto che bambini e ragazzi con questo profilo temperamentale possono adottare comportamenti di ritiro dalle interazioni con coetanei come strategia di coping per far fronte all'ansia sociale. Questa strategia disattiva non permetterebbe loro di acquisire capacità relazionali fondamentali per gestire la crescente complessità che caratterizza le relazioni sociali a partire dall'adolescenza. Il presente studio ha come obiettivo valutare in un community sample di adolescenti italiani se e quanto a maggiori livelli di inibizione comportamentale si associno minori livelli di autostima e di qualità delle relazioni con i pari. Rispetto a queste premesse, un ulteriore obiettivo dello studio è indagare eventuali differenze di genere nei livelli di inibizione riportati dagli studenti adolescenti e nelle correlazioni tra inibizione, sintomi internalizzanti e il livello di autostima. Si ipotizza, inoltre, di riscontrare un effetto significativo dell’autostima globale del giovane sul livello di sintomatologia internalizzante, a conferma del modello di vulnerabilità concettualizzato per rappresentare la relazione tra autostima e sintomi di ansia e depressione. Infine, si ipotizza una relazione significativa tra lo stile genitoriale materno e paterno responsivo e concessivo di autonomia, la sintomatologia internalizzante e il livello di autostima globale del giovane. In particolare, ci si aspetta di rilevare un effetto protettivo di queste pratiche genitoriali, rispetto all’adattamento psico-sociale del giovane.
2023
Gender differences in the effects of Behavioral Inhibition on internalizing symptoms and self-esteem during adolescence: the effect of warmth and parental autonomy granting
behavioral inhibitio
parenting
depression
anxiety
self-esteem
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/79495