"Approccio infermieristico all'autolesionismo in adolescenti con disturbo di personalità: revisione di letteratura"

Background: Self-harm in adolescence, particularly in its non-suicidal form, is a complex and multifactorial phenomenon that involves psychological distress, environmental factors, and individual vulnerabilities. According to the World Health Organization, non-lethal self-harm has an estimated prevalence of 10% to 20% among European adolescents. In Italy, ISTAT and Ministry of Health data confirm the phenomenon's relevance, with an increase in reports of self-harm, especially after the COVID-19 pandemic. Despite the clinical and social impact, such behaviors often remain underreported and poorly identified by health services, making it essential to analyze the role of nurses as key figures in recognizing, managing, and preventing risk. Objective: The aim of this thesis is to identify the most effective nursing interventions for managing adolescents (aged 10-19) who are at risk, exhibit self-harm, or are in the acute phase of personality disorder. This research aims to propose theoretical and practical recommendations that are useful for all nurses. Methods: A literature search was conducted using the PubMed and Cinhal databases from February 9 to September 10, 2025. After excluding duplicates, the search yielded 110 articles, of which 20 were deemed suitable for review. Results: The review highlighted three main themes: 1. Care strategies aimed at adolescents: these include personalized safety plans, counseling, family involvement, community and experimental networks, digital tools, and school collaboration; 2. Training interventions and new nursing skills: use of simulations, escape rooms, digital tools, implementing intercultural skills, and training for multidisciplinary work; 3. Needs and challenges perceived by nurses: Experiences of anxiety, frustration, and a sense of helplessness emerged, balanced by professional satisfaction when trusting relationships are established. Furthermore, a strong need for training and supervision emerged, as the main obstacles are: lack of guidelines, scarcity of resources, cultural stigma, and ethical dilemmas. Discussion: The data collected highlight how self-harm should not be interpreted as an isolated behavior, but rather as an expression of multifactorial distress involving various dimensions, including psychological, relational, and sociocultural factors. Consequently, the role of nurses remains central in managing this risk in adolescence, but is hampered by training and organizational shortcomings, such as workload and the absence of standardized protocols or guidelines. The integration of clinical and educational models appears crucial to strengthening adolescents' resilience and ensuring effective interventions. Specific investment is needed in university, hospital, and outpatient training and organizational support, as well as the development of multidisciplinary care pathways in which nurses serve as a bridge between hospital, community, family, and school. Conclusions: The review highlights the need to strengthen the nursing role through specific training programs, shared protocols, and integrated prevention strategies. It is essential that nurses be supported with practical risk assessment tools and ongoing training opportunities in psychiatry and adolescent care. Future perspectives must include greater intersectoral collaboration, strengthening community services, and expanding educational programs in schools, with the aim of promoting resilience and addressing stigma.

Background: l’autolesionismo in adolescenza, in particolare nella forma non suicidaria, rappresenta un fenomeno complesso e multifattoriale che si colloca tra il disagio psichico, i fattori ambientali e le vulnerabilità individuali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i comportamenti autolesivi non letali hanno una prevalenza di stima tra il 10% e il 20% negli adolescenti europei. In Italia, i dati ISTAT e del Ministero della Salute confermano la rilevanza del fenomeno, con un incremento delle segnalazioni di comportamenti autolesivi soprattutto dopo la pandemia COVID-19. Nonostante l’impatto clinico e sociale, tali condotte rimangono spesso sottostimate e scarsamente intercettate dai servizi sanitari, rendendo essenziale l’analisi del ruolo degli infermieri come figure chiave per il riconoscimento, la gestione e la prevenzione del rischio. Obiettivo: lo scopo della tesi è quello di identificare gli interventi infermieristici più efficaci per la gestione degli adolescenti (età compresa tra 10-19 anni) che sono a rischio, manifestano comportamenti autolesionisti o che si trovano nella fase acuta nel disturbo di personalità con l’obiettivo di proporre delle raccomandazioni teoriche, pratiche e utili per tutti gli infermieri. Metodi: è stata condotta una ricerca di letteratura consultando le banche dati Pubmed e Cinhal dal 9 febbraio al 10 settembre 2025. La ricerca ha prodotto, dopo l’esclusione dei duplicati, 110 articoli, di questi 20 sono stati valutati idonei alla revisione. Risultati: la revisione ha evidenziato tre tematiche principali: 1. Strategie assistenziali rivolte agli adolescenti: comprendono piani di sicurezza personalizzati, counseling, coinvolgimento familiare, reti territoriali e in fase sperimentale, strumenti digitali e collaborazione scolastica; 2. Interventi formativi e nuove competenze infermieristiche: utilizzo di simulazioni, “Escape room”, strumenti digitali, implementare le competenze interculturali e formazione al lavoro multidisciplinare; 3. Necessità e sfide percepite dagli infermieri: emergono vissuti di ansia, frustrazione e senso di impotenza, bilanciati da soddisfazione professionale quando si instaurano relazioni di fiducia. Inoltre, è emerso un forte bisogno di formazione e supervisione poiché i principali ostacoli sono: mancanza di linee guida, scarsità di risorse, stigma culturale e dilemmi etici. Discussione: i dati raccolti evidenziano come l’autolesionismo non deve essere interpretato come un comportamento isolato, ma come espressione di disagio multifattoriale che coinvolge diverse dimensioni come quella psicologica, relazionale e socioculturale. Di conseguenza il ruolo dell’infermiere si conferma centrale nella gestione di tale rischio in adolescenza, ma risulta ostacolato da carenze formative e organizzative come carichi di lavoro e assenza di protocolli o linee guida standardizzati. L’integrazione di modelli clinici e educativi appare determinante per rafforzare la resilienza degli adolescenti e garantire interventi efficaci. È necessario un investimento specifico sulla formazione sia universitaria che ospedaliera ed extraospedaliera e sul supporto organizzativo, nonché lo sviluppo di percorsi assistenziali multidisciplinari in cui l’infermiere funge da ponte tra ospedale, territorio, famiglia e scuola. Conclusioni: la revisione mette in luce la necessità di rafforzare il ruolo infermieristico attraverso percorsi formativi specifici, protocolli condivisi e strategie di prevenzione integrata. È fondamentale che gli infermieri vengano supportati con strumenti pratici per la valutazione del rischio e con opportunità di formazione continua in ambito psichiatrico e adolescenziale. Le prospettive future devono includere una maggiore collaborazione intersettoriale, il potenziamento dei servizi territoriali e l’aumento dei programmi educativi nelle scuole, con lo scopo di promuovere la resilienza e far fronte allo stigma.