Problema La fibrillazione atriale (FA) è la più comune tachiaritmia sopra-ventricolare sostenuta, con una frequenza che aumenta all’aumentare dell’età. La prevalenza mondiale varia dall’1% al 2% ed è in continua crescita. Si stima che nel 2050 in Italia e nel mondo ci sarà una vera e propria “epidemia” di FA. Per 50 anni i farmaci antagonisti della vitamina K (AVK), primo tra tutti il warfarin (Coumadin®), sono stati la sola classe di anticoagulanti orali utilizzata nella prevenzione dei fenomeni tromboembolici legati alla FA. Tali farmaci risultano essere altamente efficaci, ma il loro utilizzo è accompagnato da gravi effetti collaterali, primo tra tutti l’elevato rischio di emorragie maggiori. Inoltre, le non poche interazioni con farmaci e alimenti e la necessità di un monitoraggio continuo del dosaggio, determinano una certa difficoltà gestionale della terapia per il paziente in trattamento. Per questi motivi, si è resa necessaria l’introduzione di nuovi anticoagulanti orali con pari o maggiori efficacia, sicurezza e convenienza rispetto al tradizionale warfarin. Le molecole più studiate e approvate dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) sono: apixaban (Eliquis®), rivaroxaban (Xarelto®), e dabigatran (Pradaxa®). Rispetto al warfarin, presentano una complessità gestionale della terapia decisamente inferiore, grazie alle minori interazioni con altri farmaci e/o alimenti, e alla non necessità di avere un monitoraggio continuo essendo il dosaggio fisso. Ma ci sono ancora punti critici irrisolti sul loro utilizzo, primi tra tutti la mancanza di un antidoto specifico per ottenere un rapido reversal in caso di emergenze, e l’impossibilità di quantificare il grado di anticoagulazione e verificare così la correttezza del trattamento e l’aderenza terapeutica che, come per ogni altra terapia anticoagulante, risulta essenziale se non vitale. In questo lavoro, a fronte delle evidenze su vecchi e nuovi anticoagulanti, si sono messi in risalto i principali problemi della terapia con warfarin, con particolare riferimento all’aderenza terapeutica e alla gestione connessa con il monitoraggio dell’INR e con le varie interazioni farmacologiche e alimentari. Il tutto è stato rapportato con l’attività dei nuovi anticoagulanti orali, il cui successo terapeutico è stato dimostrato dipendere essenzialmente dall’educazione terapeutica e dall’ adeguato sistema di supporto che i professionisti della salute (medici, infermieri, farmacisti…) devono fornire al paziente in trattamento. Queste valutazioni sono state utili al fine di individuare una modalità/strumento come un opuscolo informativo, che cerchi di rispondere ad alcune delle numerose domande di cui un paziente affetto da FA in terapia con questi nuovi farmaci vorrebbe aver risposta. Risultati Dalla letteratura si evince che, al di là di tutti i “pro” e i “contro” legati alle caratteristiche innovative di questa nuova classe di farmaci, resta la inevitabile minore esperienza clinica rispetto ai nuovi AVK, legata ad un utilizzo relativamente limitato nel tempo. Attraverso una intervista ad un campione di convenienza costituito da 4 medici di medicina generale (MMG), emerge che su un totale di 24 pazienti considerati in terapia con NAO, 13 sono quelli che hanno subito la transizione terapeutica. Un medico ha affermato che tutti i suoi pazienti in terapia con NAO hanno vissuto il passaggio di terapia, e che non ci sono stati particolari problemi relativi al caso. 3 medici su 4 evidenziano un ottimo grado di soddisfazione dei pazienti nei confronti dei nuovi farmaci, e la necessità di una educazione terapeutica effettuata quasi esclusivamente con informazioni verbali. L’elaborazione di un opuscolo persegue la finalità di supportare l’aderenza terapeutica.

L'adesione alla terapia nelle persone con patologie croniche: lo scenario dei nuovi anticoagulanti orali

Mazzamauro, Lisa
2015/2016

Abstract

Problema La fibrillazione atriale (FA) è la più comune tachiaritmia sopra-ventricolare sostenuta, con una frequenza che aumenta all’aumentare dell’età. La prevalenza mondiale varia dall’1% al 2% ed è in continua crescita. Si stima che nel 2050 in Italia e nel mondo ci sarà una vera e propria “epidemia” di FA. Per 50 anni i farmaci antagonisti della vitamina K (AVK), primo tra tutti il warfarin (Coumadin®), sono stati la sola classe di anticoagulanti orali utilizzata nella prevenzione dei fenomeni tromboembolici legati alla FA. Tali farmaci risultano essere altamente efficaci, ma il loro utilizzo è accompagnato da gravi effetti collaterali, primo tra tutti l’elevato rischio di emorragie maggiori. Inoltre, le non poche interazioni con farmaci e alimenti e la necessità di un monitoraggio continuo del dosaggio, determinano una certa difficoltà gestionale della terapia per il paziente in trattamento. Per questi motivi, si è resa necessaria l’introduzione di nuovi anticoagulanti orali con pari o maggiori efficacia, sicurezza e convenienza rispetto al tradizionale warfarin. Le molecole più studiate e approvate dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) sono: apixaban (Eliquis®), rivaroxaban (Xarelto®), e dabigatran (Pradaxa®). Rispetto al warfarin, presentano una complessità gestionale della terapia decisamente inferiore, grazie alle minori interazioni con altri farmaci e/o alimenti, e alla non necessità di avere un monitoraggio continuo essendo il dosaggio fisso. Ma ci sono ancora punti critici irrisolti sul loro utilizzo, primi tra tutti la mancanza di un antidoto specifico per ottenere un rapido reversal in caso di emergenze, e l’impossibilità di quantificare il grado di anticoagulazione e verificare così la correttezza del trattamento e l’aderenza terapeutica che, come per ogni altra terapia anticoagulante, risulta essenziale se non vitale. In questo lavoro, a fronte delle evidenze su vecchi e nuovi anticoagulanti, si sono messi in risalto i principali problemi della terapia con warfarin, con particolare riferimento all’aderenza terapeutica e alla gestione connessa con il monitoraggio dell’INR e con le varie interazioni farmacologiche e alimentari. Il tutto è stato rapportato con l’attività dei nuovi anticoagulanti orali, il cui successo terapeutico è stato dimostrato dipendere essenzialmente dall’educazione terapeutica e dall’ adeguato sistema di supporto che i professionisti della salute (medici, infermieri, farmacisti…) devono fornire al paziente in trattamento. Queste valutazioni sono state utili al fine di individuare una modalità/strumento come un opuscolo informativo, che cerchi di rispondere ad alcune delle numerose domande di cui un paziente affetto da FA in terapia con questi nuovi farmaci vorrebbe aver risposta. Risultati Dalla letteratura si evince che, al di là di tutti i “pro” e i “contro” legati alle caratteristiche innovative di questa nuova classe di farmaci, resta la inevitabile minore esperienza clinica rispetto ai nuovi AVK, legata ad un utilizzo relativamente limitato nel tempo. Attraverso una intervista ad un campione di convenienza costituito da 4 medici di medicina generale (MMG), emerge che su un totale di 24 pazienti considerati in terapia con NAO, 13 sono quelli che hanno subito la transizione terapeutica. Un medico ha affermato che tutti i suoi pazienti in terapia con NAO hanno vissuto il passaggio di terapia, e che non ci sono stati particolari problemi relativi al caso. 3 medici su 4 evidenziano un ottimo grado di soddisfazione dei pazienti nei confronti dei nuovi farmaci, e la necessità di una educazione terapeutica effettuata quasi esclusivamente con informazioni verbali. L’elaborazione di un opuscolo persegue la finalità di supportare l’aderenza terapeutica.
2015-12-15
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Lisa.Mazzamauro.1045990.pdf

accesso aperto

Dimensione 1.15 MB
Formato Adobe PDF
1.15 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/20861