I disturbi derivanti dall’errato comportamento alimentare, soprattutto quelli presenti nei paesi industrializzati, sono visibili agli occhi di tutti: Risulta pertanto evidente l’importanza che l’alimentazione assume nel influenzare, o meno, uno stile di vita sano. L’argomento risulta avere un elevato impatto nella vita sociale globale, nelle politiche del welfare, nelle politiche di salute ed economiche dei vari stati, nonché nella prevenzione alla salute di ogni singolo individuo. “Una cattiva alimentazione può portare a diverse malattie, che a loro volta possono tradursi in un onere maggiore per lo stato sotto forma di servizi sanitari e perdita di funzionalità. La sola obesità colpisce migliaia di vite ogni anno con costi enormi.”1 Risulta pertanto rilevante, in uno scenario sicuramente così complesso, capire come uno degli attori principali della prevenzione alimentare, quale dovrebbe essere l’infermiere, si ponga nel quadro a servizio della prevenzione, “L’infermiere che opera attraverso interventi di informazione, di educazione e counseling, centrati sul paziente e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi concordati, utilizzando strumenti e tecniche comunicative, motivazionali e di problem solving… diviene una figura di sostegno e di supporto verso una corretta alimentazione, favorendo stili di vita sani”,2 oppure subisca l’influenza di mode, di conoscenze approssimative, o ancora venga influenzato dalla pressione derivante dalla responsabilità di decidere. Va detto che sempre più l’infermiere è chiamato a trasferire, con cognizione di causa, le informazioni dettate da ricerca e sviluppo nell’ambito dell’assistenza generale al paziente. Esso ricopre un ruolo non ancora del tutto chiaro e definito a chi non è nel settore, poiché se collabora con il medico, allo stesso tempo effettua peraltro interventi in modo autonomo, cercando di instaurare un rapporto il più possibile completo con l’utenza e interagendo con gli assistenti socio sanitari per una ottimale sinergia assistenziale. Pur trovandosi in possesso di conoscenze e di un sapere che non sempre viene completamente espresso, l’infermiere occupa una posizione strategica in cui il rapporto tra il sapere e il fare è complesso, e la conoscenza non sempre porta a tale azione.” 3 In questo contesto una delle sfide importanti con le quali l’infermiere deve misurarsi, è senza dubbio quella di promuovere nella popolazione uno stile di vita sano. Tale sfida, forse, può essere considerata alla base della ricerca per migliorare e allontanare, per quanto possibile, alcuni problemi correlati alla non corretta e sana alimentazione, magari associata all’esecuzione quotidiana di una corretta attività fisica, piuttosto che all’uso o meno di altre pratiche malsane come fumo, alcool e droghe. E’ risultato pertanto interessante analizzare se l’infermiere, il quale possiede, in qualche modo, conoscenze in tale campo, le manifesta e le utilizza in modo univoco e correttamente concordato con le evidenze scientifiche. Risulta “noto che “mangiare sano” rappresenta il modo più efficace per garantire un rapporto adeguato di calorie e di nutrienti al nostro organismo”4, ma è altresì fondamentale variare e combinare l’assunzione di cibo nel modo più corretto, accompagnando il consumo ad abitudini che permettano di fare in modo che l’assimilazione dei nutrienti necessaria al nostro corpo agevoli l’assorbimento. E’ ormai riconosciuto anche da organizzazioni mondiali che “la dieta raccomandata è quella di tipo mediterranea, caratterizzata dal consumo prevalente di alimenti di origine Vegetale, olio d’oliva, e moderato apporto di alimenti animali. L’UNESCO nel 2010 ha inserito la dieta mediterranea tra il patrimonio dell’umanità.”5 In Italia dovremmo possedere un’ottima base di partenza in quanto paese culturalmente tra i fondatori nonché fruitore di tale dieta, ma i dati generali indicano che anche da noi tale dieta non viene più seguita correttamente da larga parte della popolazione per l’adesione ad abitudini alimentari fortemente inadeguate. A sostegno di tale considerazione possiamo notare che le maggiori patologie, per le quali il nostro periodo si caratterizza, risultano essere direttamente collegate alla non Corretta alimentazione. Non per nulla “quattro delle sei cause principali di morte (malattie cardiache, cancro, ictus, diabete) si dice siano legate alla dieta.”6 E’ certo che un’azione preventiva proficua dovrà comprendere a cascata tutto il sistema, dalla politica, a caduta alle strutture sanitarie, fino a chi vi lavora ed è a contatto con la popolazione che usufruisce del servizio. Partendo da tali considerazioni ha origine lo studio, effettuato attraverso la somministrazione di un questionario ad una campionatura scelta in modo completamente anonima di un gruppo di infermieri che opera sul campo. Gruppo completamente eterogeneo di uomini e donne, suddivisi e classificati semplicemente per area di intervento in cui lavorano (area Medica, Area Chirurgica, Area Critica) e per età anagrafica. Sulla base della compilazione di un questionario si è provato a verificare se il settore in cui sono chiamati ad operare, influenza, in qualche modo, le loro conoscenze, il loro modo di intervenire e porsi sul tema. Allo stesso modo si è cercato di porre domande tali da far scaturire una riflessione su loro stessi, e di conseguenza sul loro operato in riferimento alla popolazione. Il questionario in parte prende spunto da altri lavori, in altre parti è stato concepito ad hoc per indagare vari aspetti del problema. Per permettere la massima adesione del campione volontario, inoltre, l’unico dato rilevante incrociato all’area di lavoro di appartenenza è stato quello di indicare l’età anagrafica, e ciò per permettere al compilatore maggior sincerità e libertà nella risposta. Dal punto di vista della ricerca, invece. Si è andato a valutare come e se l’età avesse in qualche modo influenza sulle conoscenze del professionista. Per tale studio è stato selezionato un esiguo, ma significativo, elenco di 15 domande, le quali spaziando, il più possibile, in riferimento all’argomento molto vasto, hanno cercato di toccare gli aspetti principali della prevenzione alimentare. Pertanto, sono state richieste informazioni sulle abitudini alimentari, sulle conoscenze dietetiche maggiormente rilevanti, sulle azioni comuni ritenute scorrette, sulla rilevanza e l’attenzione posta all’assunzione di cibo non direttamente controllato, e sull’eventuale legame tra l’assunzione del cibo e alcune patologie.

Studio sugli operatori sanitari in riferimento alla promozione di uno stile di vita sano

Povelato, Ennio
2015/2016

Abstract

I disturbi derivanti dall’errato comportamento alimentare, soprattutto quelli presenti nei paesi industrializzati, sono visibili agli occhi di tutti: Risulta pertanto evidente l’importanza che l’alimentazione assume nel influenzare, o meno, uno stile di vita sano. L’argomento risulta avere un elevato impatto nella vita sociale globale, nelle politiche del welfare, nelle politiche di salute ed economiche dei vari stati, nonché nella prevenzione alla salute di ogni singolo individuo. “Una cattiva alimentazione può portare a diverse malattie, che a loro volta possono tradursi in un onere maggiore per lo stato sotto forma di servizi sanitari e perdita di funzionalità. La sola obesità colpisce migliaia di vite ogni anno con costi enormi.”1 Risulta pertanto rilevante, in uno scenario sicuramente così complesso, capire come uno degli attori principali della prevenzione alimentare, quale dovrebbe essere l’infermiere, si ponga nel quadro a servizio della prevenzione, “L’infermiere che opera attraverso interventi di informazione, di educazione e counseling, centrati sul paziente e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi concordati, utilizzando strumenti e tecniche comunicative, motivazionali e di problem solving… diviene una figura di sostegno e di supporto verso una corretta alimentazione, favorendo stili di vita sani”,2 oppure subisca l’influenza di mode, di conoscenze approssimative, o ancora venga influenzato dalla pressione derivante dalla responsabilità di decidere. Va detto che sempre più l’infermiere è chiamato a trasferire, con cognizione di causa, le informazioni dettate da ricerca e sviluppo nell’ambito dell’assistenza generale al paziente. Esso ricopre un ruolo non ancora del tutto chiaro e definito a chi non è nel settore, poiché se collabora con il medico, allo stesso tempo effettua peraltro interventi in modo autonomo, cercando di instaurare un rapporto il più possibile completo con l’utenza e interagendo con gli assistenti socio sanitari per una ottimale sinergia assistenziale. Pur trovandosi in possesso di conoscenze e di un sapere che non sempre viene completamente espresso, l’infermiere occupa una posizione strategica in cui il rapporto tra il sapere e il fare è complesso, e la conoscenza non sempre porta a tale azione.” 3 In questo contesto una delle sfide importanti con le quali l’infermiere deve misurarsi, è senza dubbio quella di promuovere nella popolazione uno stile di vita sano. Tale sfida, forse, può essere considerata alla base della ricerca per migliorare e allontanare, per quanto possibile, alcuni problemi correlati alla non corretta e sana alimentazione, magari associata all’esecuzione quotidiana di una corretta attività fisica, piuttosto che all’uso o meno di altre pratiche malsane come fumo, alcool e droghe. E’ risultato pertanto interessante analizzare se l’infermiere, il quale possiede, in qualche modo, conoscenze in tale campo, le manifesta e le utilizza in modo univoco e correttamente concordato con le evidenze scientifiche. Risulta “noto che “mangiare sano” rappresenta il modo più efficace per garantire un rapporto adeguato di calorie e di nutrienti al nostro organismo”4, ma è altresì fondamentale variare e combinare l’assunzione di cibo nel modo più corretto, accompagnando il consumo ad abitudini che permettano di fare in modo che l’assimilazione dei nutrienti necessaria al nostro corpo agevoli l’assorbimento. E’ ormai riconosciuto anche da organizzazioni mondiali che “la dieta raccomandata è quella di tipo mediterranea, caratterizzata dal consumo prevalente di alimenti di origine Vegetale, olio d’oliva, e moderato apporto di alimenti animali. L’UNESCO nel 2010 ha inserito la dieta mediterranea tra il patrimonio dell’umanità.”5 In Italia dovremmo possedere un’ottima base di partenza in quanto paese culturalmente tra i fondatori nonché fruitore di tale dieta, ma i dati generali indicano che anche da noi tale dieta non viene più seguita correttamente da larga parte della popolazione per l’adesione ad abitudini alimentari fortemente inadeguate. A sostegno di tale considerazione possiamo notare che le maggiori patologie, per le quali il nostro periodo si caratterizza, risultano essere direttamente collegate alla non Corretta alimentazione. Non per nulla “quattro delle sei cause principali di morte (malattie cardiache, cancro, ictus, diabete) si dice siano legate alla dieta.”6 E’ certo che un’azione preventiva proficua dovrà comprendere a cascata tutto il sistema, dalla politica, a caduta alle strutture sanitarie, fino a chi vi lavora ed è a contatto con la popolazione che usufruisce del servizio. Partendo da tali considerazioni ha origine lo studio, effettuato attraverso la somministrazione di un questionario ad una campionatura scelta in modo completamente anonima di un gruppo di infermieri che opera sul campo. Gruppo completamente eterogeneo di uomini e donne, suddivisi e classificati semplicemente per area di intervento in cui lavorano (area Medica, Area Chirurgica, Area Critica) e per età anagrafica. Sulla base della compilazione di un questionario si è provato a verificare se il settore in cui sono chiamati ad operare, influenza, in qualche modo, le loro conoscenze, il loro modo di intervenire e porsi sul tema. Allo stesso modo si è cercato di porre domande tali da far scaturire una riflessione su loro stessi, e di conseguenza sul loro operato in riferimento alla popolazione. Il questionario in parte prende spunto da altri lavori, in altre parti è stato concepito ad hoc per indagare vari aspetti del problema. Per permettere la massima adesione del campione volontario, inoltre, l’unico dato rilevante incrociato all’area di lavoro di appartenenza è stato quello di indicare l’età anagrafica, e ciò per permettere al compilatore maggior sincerità e libertà nella risposta. Dal punto di vista della ricerca, invece. Si è andato a valutare come e se l’età avesse in qualche modo influenza sulle conoscenze del professionista. Per tale studio è stato selezionato un esiguo, ma significativo, elenco di 15 domande, le quali spaziando, il più possibile, in riferimento all’argomento molto vasto, hanno cercato di toccare gli aspetti principali della prevenzione alimentare. Pertanto, sono state richieste informazioni sulle abitudini alimentari, sulle conoscenze dietetiche maggiormente rilevanti, sulle azioni comuni ritenute scorrette, sulla rilevanza e l’attenzione posta all’assunzione di cibo non direttamente controllato, e sull’eventuale legame tra l’assunzione del cibo e alcune patologie.
2015
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