Photovoice: quando la partecipazione non funziona. Un'esperienza

The years of the pandemic have forced people to seek new balances, to review their beliefs. The idea of being so vulnerable, seeing a large part of the world on its knees due to a "simple" virus has produced very different reactions in the population. This seemed like a good opportunity to rethink the world of work, and find solutions that would allow for greater harmony between work and free time, especially in those companies, such as restaurants, where the balance tends too much towards the first and less towards the second. To investigate this hypothesis we choose the photovoice, proposed precisely to those who work in the catering sector. our search didn’t produce the expected results. In this essay we will see what a photovoice is, what are the objectives, and the reasons that guide the choice towards this type of tool. We will then talk about participation, from its origins to theories; we will understand the importance of citizens becoming aware of the social dynamics of the places in which they live and of the value of diversity. We will see the origins of the method and the theoretical basis, we will understand why photovoice is what Bond, Drake and Becker (2010) define as a "good practice" and we will introduce the concept of empowerment. Later we will describe the practice of a photovoice process, through the three phases that characterize it, preparation, implementation and communication and the steps into which they are divided. Finally, we will talk about our experience, how we designed and carried out the project and, in the conclusions, we will try to understand what went wrong, comparing our experience with the theory.

Gli anni della pandemia hanno costretto le persone a cercare nuovi equilibri, a rivedere le proprie convinzioni. L’idea di essere così vulnerabili, vedere gran parte del mondo in ginocchio a causa di un “semplice” virus ha prodotto reazioni molto diverse nella popolazione. Questa è sembrata una buona occasione per ripensare al mondo del lavoro, e trovare soluzioni che permettessero una maggiore armonia tra lavoro e tempo libero, soprattutto in quelle aziende, come quelle di ristorazione, in cui l’ago della bilancia tende troppo verso il primo e meno verso il secondo. Per indagare questa ipotesi si è scelto lo strumento del photovoice, proposto appunto a chi lavora nel settore della ristorazione. La ricerca non ha prodotto i risultati attesi. In questo elaborato vedremo cosa è un photovoice, quali sono gli obiettivi, e le ragioni che guidano la scelta verso questo tipo di strumento. Parleremo poi della partecipazione, dalle origini alle teorie; capiremo l’importanza della presa di coscienza dei cittadini rispetto alle dinamiche sociali proprie dei luoghi in cui vivono e del valore della diversità. Vedremo le origini del metodo e le basi teoriche, capiremo perché il photovoice è quella che Bond, Drake e Becker (2010) definiscono una “buona pratica” e introdurremo il concetto di empowerment. In seguito descriveremo la pratica di un processo di photovoice, attraverso le tre fasi che la caratterizzano, preparazione, attuazione e comunicazione ed i passi in cui sono suddivise. Racconteremo in fine la nostra esperienza, come abbiamo progettato e portato avanti il progetto e, nelle conclusioni, cercheremo di capire cosa non ha funzionato, paragonando la nostra esperienza con la teoria.