Già nell’antica Roma la presenza di un disturbo mentale al momento della commissione di un reato diventa, secondo il parere dei giudici, un’attenuante per la pena. Oggi a tal proposito si parla di “vizio di mente”, termine cui si fa riferimento all'art. 88 c.p., secondo cui «non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere». La possibilità di ottenere una riduzione della pena costituisce però, in certi casi, una forte spinta alla simulazione del disturbo mentale, nel tentativo di ottenerne i vantaggi che ne derivano. Si pone quindi il problema di individuare, soprattutto in ambito forense, i casi di “malingering”, termine che nel Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali (DSM-IV-TR) indica “la produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati motivate da incentivi esterni…”., compito per cui viene richiesta l’esperienza di psicologi e psichiatri. Questa tesi si propone di prendere in esame i possibili bias cognitivi in cui potrebbe incorrere il clinico, il cui parere fungerà poi da base per decidere della responsabilità criminale dell’imputato.
TRA SIMULAZIONE E BIAS: QUANDO IL MALINGERING PASSA INOSSERVATO
D'ANNEO, BIANCA
2022/2023
Abstract
Già nell’antica Roma la presenza di un disturbo mentale al momento della commissione di un reato diventa, secondo il parere dei giudici, un’attenuante per la pena. Oggi a tal proposito si parla di “vizio di mente”, termine cui si fa riferimento all'art. 88 c.p., secondo cui «non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere». La possibilità di ottenere una riduzione della pena costituisce però, in certi casi, una forte spinta alla simulazione del disturbo mentale, nel tentativo di ottenerne i vantaggi che ne derivano. Si pone quindi il problema di individuare, soprattutto in ambito forense, i casi di “malingering”, termine che nel Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali (DSM-IV-TR) indica “la produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati motivate da incentivi esterni…”., compito per cui viene richiesta l’esperienza di psicologi e psichiatri. Questa tesi si propone di prendere in esame i possibili bias cognitivi in cui potrebbe incorrere il clinico, il cui parere fungerà poi da base per decidere della responsabilità criminale dell’imputato.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/51471